Un flash da Lo studente nel villaggio globale. Uso consapevole, opportunitá e criticitá di Internet. Strategie per educatori, famiglie e utenti. A Brescia, il 27 marzo a cura di AFGP Centro Artigianelli e Scuola Centrale di Formazione. Due, sostanzialmente, gli approcci: quello affidato a me intorno ai rischi ed alle opportunità educative. Il secondo affidato ad Antonio Fiorentino, della Polizia di Stato, servizio Polizia Postale. Del mio intervento non dirò nulla: chi frequenta questo blog conosce il mio pensiero e non ho dettpo nulla di trascendentale se non situare concetti ed idee che rimastico abitualmente. Qui, btw, le slide.
Riepilogherò brevemente il secondo contributo perché ha affrontato la tematica da una prospettiva, per me, nuova, quella penale – giudiziaria.
Le cause di tante criticità stanno, secondo l’esperienza sul campo di Fiorentino nella:

  • tendenza a creare profili estremamente personalizzati
  • scarsa attenzione alla protezione della password
  • ignoranza delle regole del vivere civile
  • tendenza a sottovalutare le conseguenze delle proprie azioni

Questa la casistica dei reati commessi o subiti dai minori

  • diffamazione via web
  • creazione di profili falsi degli insegnanti
  • bullismo virtuale a danno dei compagni
  • reati aventi ad oggetto la sfera sessuale (pornografia amatoriale avente protagonisti minori che configura il reato di pedopornografia)

Molto chiara ed efficace l’esposizione del poliziotto: oltre alla precisa e dettagliata esposizione dei reati imputabili con relative pene pecuniare e detentive, la presentazione, anche con linguaggio crudo e diretto, di casi trattati da lui in prima persona e l’evidenziazione delle implicazioni, non solo economiche e di immagine, per l’intera famiglia del giovane coinvolto (normalmente è il padre l’intestatario del contratto di accesso ad Internet e, quindi, è lui il primo ad essere iscritto nel libro degli indagati …..).
Convincente – a scopo di prevenzione – la narrazione delle procedure che vengono adottate per “scovare” – a partire dalla rilevazione dell’IP di accesso – l’autore del reato.
Quanto mai opportuna la sottolineatura delle implicazioni penali di certe condotte, spesso attivate, come dire … “in buona fede”, cioè con scarsa o nulla percezione di cosa si stia veramente facendo.
Altro messaggio certamente passato: attenti ragazzi, prima o poi vi becchiamo!
Reazioni: negli occhi sbarrati, il terrore dei ragazzi, nelle labbra arricciate il sorriso compiaciuto degli insegnanti. Una mia percezione dell’impatto dei nostri due interventi nell’auditorio: credo sia “passato” di più l’approccio “poliziesco” che quello “pedagogico-didattico”, segno che la vera “emergenza educativa”, citata in tutti gli interventi istituzionali, pare abbia la connotazione giuridico-penale più che quella pedagogico-didattica. Sono certamente convinto che ci si debba preoccupare di certi comportamenti deviati dei nostri giovani e che sia quanto mai opportuna, quantomeno, una diffusa opera di informazione sulle loro implicazioni, ma fare di questi fatti la vera “emergenza educativa” della nostra scuola, mi sembra eccessivo.

Quantomeno per una ragione: quanti sono i nostri diabolici giovinastri che delinquono? Diciamo i 5 – 10% (non pochi anche se fosse questo il dato, non lo conosco)? E per gli altri 90 – 95% non esiste altra “emergenza”? Capisco che per gli insegnanti (ma per quanti, veramente?) il bullismo, la diffamazione siano fatti che li possano toccare direttamente e che il miglioramento della didattica sia una tematica non così viva ed urgente, ma – azzardando un’interpretazione psicologica, non vorrei che fosse più facile (meno doloroso?) spostare la colpa e gli interventi sull’altro (il ragazzo) che portarla (e sopportarla) su di sè. Un classico meccanismo di difesa.
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Un aneddoto divertente per chiudere in allegria: a tavola con un gruppo di dirigenti della rete nazionale di scuole che ha organizzato l’evento ci si confrontava sui temi del seminario e, tra questi, se i ragazzi si dovessero alzare o meno dalla sedia al momento dell’ingresso dell’insegnante. Sembrava prevalere la tesi della rispettosa alzata. Unica voce fuori dal coro quella di dirigente di un ente che ha detto: “per me non è importante che i ragazzi si alzino quando entro, ma che stiano seduti dopo”.

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VIVERE UNA SOLA VITA

in una sola città,
in un solo paese,
in un solo universo,
vivere in un solo mondo
è prigione.
Conoscere una sola lingua
un solo lavoro
un solo costume
una sola civiltà
conoscere una sola logica
è prigione.


Ndjock Ngana

(poeta camerunense)

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