E’ quanto afferma David Jonassen nel corso di una “conversazione” avuta con il sottoscritto (G. Marconato, P. Litturi, Conversazione con David Jonassen, Sistemi & Impresa n. 9, Novembre – Dicembre 2005).

Sostiene Jonassen “La maggior parte dell’apprendimento online, , quello, per intenderci che ha una focalizzazione, quasi feticistica, sulle piattaforme che fa proprio il paradigma della trasmissione della conoscenza, non supporta attività e valutazione significativa, offende chi apprende reprimendo il suo sviluppo intellettuale, non può preparare le persone per la vita, per risolvere problemi”.

Affermazioni che fanno riflettere e che ci obbligano ad identificare modi diversi di usare le tecnologie nell’insegnamento e nell’apprendimento. Diversi dall’utilizzarle per sviluppare e mettere on-line contenuti la cui lettura obbliga chi apprende ad avere un atteggiamento cognitivamente passivo nei confronti dei contenuti stessi.

Personalmente credo che le così dette “piattaforme” si possano anche usare nella formazione, alla condizione che:

non siano l’unico strumento tecnologico che va a comporre un ambiente di apprendimento;

siano usate per rendere (cognitivamente) attive le persone che apprendono;

offrano ampia libertà di scelta all’interno di un ambiente “ricco” risorse.

La sintesi operativa cui sono giunto, con riferimento alle problematiche che tratto in questo blog, è rappresentata dalle “attività di apprendimento”.

I primo riscontri che ho con un gruppo di insegnanti della FP (www.copernicus-bz-pionieri.it) sono positivi.

Si tratta di una ipotesi di lavoro che sto sperimentando ed affinando tanto sul piano concettuale che su quello applicativo.

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