Elena Valentini, Università Roma 1, propone una analisi delle cause dei fallimenti delle Università Virtuali in un contesto internazionale.
Elementi significativi sembrano essere:
- modello di business inadeguato
- impossibilità di fare business con l’e-learning
- errori nell’identificazione del target
- assenza di politiche di ateneo
- non competitività con le università tradizionali
- lentezza nel passare dall’idea alla realizzazione
- investimenti eccessivi in piattaforma e LO
- qualità del servizio.
Che dire? L’uso delle tecnologie non è un valore per se. Occorre ben altro che il semplice uso di una “e” e del “virtual”. La fretta di “mettere il cappello” sulla sedia dell’innovazione (più supposta che reale) senza adeguata competenza ha giocato, e continua, a giocare brutti scherzi.
Beh, meno male che c’è qualcuno che almeno ne parla.
Mi capita spesso di incontrare neolaureati che si lamentano della scarsa qualità dei corsi in rete che hanno seguito (ma anche in presenza a dire il vero) e dover confrontare queste esperienze di prima mano con l’auto-esaltazione d’ufficio delle facoltà…
Unica consolazione: a giudicare dalle ML che seguo non succede solo in Italia, anzi.