Ogni tanto riprendo in mano uno dei miei testi sacri, Engines for Education di Roger Schank.
Ogni volta che rileggo un testo “scopro” qualcosa di nuovo: deve essere l’effetto criss-cross landscape su cui si fonda, ad esempio, la strategia di apprendimento “Cognitive Flexibility Hypertext “.
Nell’ultima incursione in questo testo, mi sono soffermato sulle pagine iniziali, dove Schank afferma che: le scuole oggi sono basate sull’assunto che gli studenti devono imparare risposte … gli studenti, invece,devono apprendere a formulare domande. Il nostro insegnamento è centrato sul dare risposte a domande che lo studente non si è mai posto. Forse nasce da qui il “disinteresse” per la materia.
Trovo un parallelismo tra quanto dice Schank e quanto succede, spesso, quando si usano le tecnologie nella didattica: siamo attratti dalla bellezza delle tecnologie e le usiamo senza chiederci perché lo facciamo. Diamo una risposta ad una domanda che non c’é stata, offriamo la soluzione ad un problema non formulato. Questo è quanto é avvenuto con l’e- learning, quanto sta avvenendo con il web 2.0 (vedi il caso Second Life). Troppa enfasi sulle tecnologie, poca, o nulla, sull’apprendimento.
Tanta attenzione allo strumento, poca ai problemi (nel nostro caso di didattica) che ci consente di affrontare.
Mi dispiacerebbe che le eccellenti potenzialità, per l’apprendimento, soprattutto quello “continuo”, del 2.0 andassero sprecate nell’inflazione degli osanna.
condivido le tue preoccupazioni :-/
secondo me sei troppo radicale nella critica all’uso delle tecnologie nell’educazione.
gli alunni/studenti fanno delle scelte, che non sempre vengono incontro alle proposte del docente, sia egli/ella profondamente tecnologizzato o incredibilmente tradizionalista.
e queste scelte degli studenti alla fine influenzano le decisioni in itinere del docente.
Grazie profexx per il tuo commento che mi consente di chiarire in breve il mio pensiero sugli usi didattici delle tecnologie premettendo, a scanso di equivoci, che sugli usi didattici delle tecnologie negli ultimo 5 anni ho fatto oltre il 70% del mio fatturato di professionista.
Io sono contro certi usi didattici delle tecnologie, quelli guidati dalla tecnologia e non dalla pedagogia e dalla didattica. Quelli che lo fanno senza alcuna consapevolezza delle implicazioni del loro uso, quelli per cui basta la tecnologia ed il resto viene da sè, quello fatto da chi si è sempre occupato di tecnologia applicato in settori diversi e si inventa tecnologo della didattica. Affermo che se l’apprendimento ha una specificità, questa specificità deve risaltare anche quando si usano le tecnologie. E non mi si venga a dire che non serve essere una gallina per sapere come è fatto l’uovo. Per sapere come è fatto non serve, ma per farlo, si
Grazie ancora per l’assist
ho ampliato la riflessione nel mio blog
Premesso che lavoro sistematicamente in classe con le nuove tecnologie da un decennio e più, e che anch’io traggo buona parte del mio – piccolo – fatturato da libero professionista andando a raccontare in giro come è bello fare didattica con computer, web & affini… concordo appieno con la riflessione di Gianni (e di Schank, ovviamente): in giro vedo – troppi – insegnanti che vogliono imparare ad usare i mezzi (ma quasi sempre vogliono imparare ad usare i mezzi per fini propri e non per fini didattici) e si infastidiscono quando – nel mio ruolo di formatore – tento anche solo di condire la spiegazione di una procedura con qualche riflessione di carattere didattico o pedagogico.
È poi curioso vedere come spesso quei pochi insegnanti che tentano di utilizzare i mezzi nella didattica riescano a riprodurre una logica trasmissiva (istruzionistica) anche con strumenti che per loro “natura” spingerebbero ad adottare una logica laboratoriale (costruzionistica-costruttivistica).
Ho visto docenti affrontare ipertesti con logica frontale (fate così… ed ora così… e poi così…) e far studiare (a memoria?!) mappe concettuali (anziché farle costruire ai ragazzi).
Eppure… eppure i mezzi in questione (computer, sw, internet…) appaiono particolarmente vocati per il problem solving.
Sì, dunque, all’enfasi sul nuovo corso delle nuove tecnologie se suffragata da una – finalmente – seria riflessione didattico-pedagogica.
PS: profexx: perché non riesco a raggiungere il tuo post????
lo trovi qui:
http://www.edocet.net/wordpress/2007/08/21/didattenologia-tecnodidattica-tecnoscetticismo/
Pienamente d’accordo sulla critica all’uso pedagogicamente ingenuo che facciamo spesso delle tecnologie.
Credo che, in generale, si tenda a riprodurre un modello con il quale il docente si trova “comodo”. I volonterosi che si mettono continuamente in discussione e fanno i salti mortali per rinnovare la propria didattica sono una esigua minoranza ed è normale.
Per convincere anche gli altri non basta allestire un laboratorio multimediale (anzi), né sono sufficienti i (pur validi) corsi di aggiornamento. Dobbiamo ripensare l’intero sistema formativo, riprogettando tempi, spazi, strutture, orari e tutto il resto.
Sarà interessante leggere l’opinione di George Siemens in proposito:
http://www.elearnspace.org/blog/archives/003024.html
Mi piace la metafora della “comodità” come modello di scelta (si fa per dire) didattica.
Sono convinto anch’io, sulla base di esperienze spesso sanguinose, che sia necessario riprogettare spazio, tempi, ….. Diversamente si gira in cerchio, si fa fatica e non si va avanti
sono perfettamente d’accordo con voi!
io sono insegnante nella scuola primaria, appena entrata in ruolo ma precaria da molti anni. quest’anno sarò referente per l’informatica nella mia scuola, anche se le mie conoscenze sono a livello bassino.
dovrei fare informatica in due mie classi, ma quasi non so da che aprte cominciare. perchè?
presto detto: la mia storia da studente è caratterizzata da un insegnamento di “trasmissione dei contenuti” e non sono abituata a lavorare per mappe concettuali e/o ricerche, anche se ne intuisco l’enorme potenziale. so usare il computer, ma un conto è usarlo per i fatti miei, un altro è insegnare ad altri, e al momento non ho ancora neppure i mezzi e la sicurezza necessari per poter far lavorare i miei alunni in modo “creativo”.
noi insegnanti si può dire che veniamo catapultati in avventure a seconda di come gira al ministro di turno…
da un alto veniamo spronati a sperimentare nuove tecniche dall’altro però pretendono che nasciamo già “imparati”: bah!
secondo me la scuola attuale si trova ad un punto in cui deve trovare il modo di conciliare passato e futuro