Nella comunità Ning Orientamenti e disorientamenti si sta discutendo sul fatto se sia possibile identificare tecnologie povere e ricche dal punto di vista del loro contributo diretto al processo di apprendimento.
Si parlava di blog didattici (una dicussione aperta da Giovanna) e Marcello Molino sosteneva che …. tecnologie opportunamente arricchite di scaffolds che, tra l’altro, stimolino l’esplicitazione e la consapevolezza dei processi cognitivi impiegati e supportino la riflessione metacognitiva non offrirebbero più opportunità in questo senso rispetto a tecnologie generaliste nate per tutt’altri scopi e per tutt’altri utenti? Ovvero, perchè utilizzare tecnologie pedagogicamente povere (scusate, ma tra queste metto il blog per primo) e non, piuttosto, impegnarsi a costruirne di più ricche e significative (secondo, ad esempio, le indicazioni di David Jonassen e dei suoi mindtools)?
La questione ci porta dritti dritti ai Cognitive Tools, alle tecnologie viste come strumenti che possono migliorare le nostre prestazioni cognitive, che ci possono far pensare meglio ed in questo modo, apprendere meglio. Quali sono queste tecnologie miracolose? Qualcosa tenuto nascosto fino ad ora in qualche laboratorio americano di scienze cognitive? La killer application che manda in pensione LMS, blog e wiki? Qualche diavoleria da web 3.0 o 4.0? Una versione tecnologica delle cassette che ci facevano imparare durante il sonno? Niente di tutto questo. Jonassen indica banalissimi … database, fogli di calcolo, network semantici, sistemi esperti, strumenti per lo sviluppo di applicazioni multimediali, micromondi, strumenti di visualizzazione, computer conference …. Strumenti che abbiamo da sempre e che usiamo per altri scopi.
La questione che non è lo strumento ma come lo si usa ritorna, inesorabile, implacabile .
Per inciso ed a proposito di tecnologie abilitanti e facilitanti, Jonassen (che è uno psicologo cognitivo), nella sua visione delle tecnologie afferma che “ …. sono convinto che le tecnologie non rendano più facile l’apprendimento. Anche questo è un falso convincimento. Le tecnologie in quanto “strumenti cognitivi” non hanno lo scopo di rendere più facile il compito di apprendimento, come è l’obiettivo assunto dall’Instructional Design, ma richiedono a chi apprende di fare fatica mentale, a pensare in modo più duro, più impegnativo ai contenuti oggetto dello studio; sono strumenti di riflessione ed amplificazione cognitiva che aiutano lo studente a costruire la sua propria realtà.
In compenso, però, gli strumenti cognitivi rinforzano le abilità cognitive e sostengono chi apprende nel pensare in modo significativo e ad essere padrone della propria conoscenza, piuttosto che riprodurre quella dell’insegnante.
Gianni,
è vero che Jonassen indica ‘banalissimi’ software generalisti come potenziali ‘cognitive tools’, come è anche corretto sottolineare che è l’uso che se ne fa a determinarne l’efficacia.
Interesse specifico della tecnologia dell’educazione, però, dovrebbe essere, a mio parere, quello di arricchire questi strumenti incorporando nelle loro interfacce quelle ‘affordance’ (le ‘perceived affordances’ secondo l’accezione di Norman) che rimandano a funzionalità utili a supportare adeguatamente il processo di apprendimento per le quali vengono impiegati (scaffolds).
In un contesto scolastico, ad esempio, si può immaginare che un software per la scrittura che guidi e supporti le operazioni cognitive di costruzione di un testo (pianificazione, produzione e revisione) debba:
– essere sfrondato di quelle funzionalità fonte di sovraccarico e distrazione cognitiva (ad esempio quelle di semplice ‘cosmesi’ grafica…);
– essere sfrondato di funzioni che disincentivano lo sforzo cognitivo ‘buono’ (ad esempio quelle che forniscono automaticamente soluzioni, quelle che nascondono i meccanismi concettuali sottesi …);
– essere attrezzato di funzioni aggiuntive rivolte agli aspetti rilevanti delle abilità cognitive che si vogliono sviluppare (ad esempio funzioni di organizzazione delle idee – outliner flessibili, funzioni di rappresentazione delle relazioni tra i concetti – mapping, funzioni di supporto all’argomentazione – prompting, thinking type, funzioni di supporto alla revisione…);
– essere attrezzati di funzionalità aggiuntive che favoriscano lo sviluppo della riflessività, della consapevolezza del processo, della metacognizione (ad esempio funzioni di monitoraggio attraverso prompting, feedback…).
Naturalmente gli scaffolds incorporati nello strumento tecnologico devono essere integrati in una strategia educativa globale che preveda altri strumenti come anche la guida costante del docente.
Nessuna tecnologia miracolosa, dunque, né diavoleria x.0.
Solo strumenti ausiliari ad un uso didattico delle tecnologie che sia cognitivamente rilevante.
Marcello Molino