No, non sono un blogger. Su questo riflettevo venerdì quando, stanchissimo, di ritorno da una giornata piena di mille cose, decidevo di non partecipare alla cena dei blogger veneti.

Lo decidevo per somma stanchezza ed a malincuore perché avrei visto con molto piacere tanti “amici”; si “amici” perché la lunga frequentazione, pur nella virtualità del web, me li ha resi “consueti”, “vicini”. Interagendo con loro, leggendo i loro blog, di cosa scrivono, come scrivono, piano piano ho cominciato a conoscerli come “persone”, ad avere qualche idea su chi sono, sui loro riferimenti culturali e valoriali, su alcuni aspetti del loro carattere e della loro personalità….. tutti aspetti che ti portano ad instaurare un rapporto psicologico, a sentirli presenti.

Ecco perché li al di là dei numerosi e quasi quotidiani incontri virtuali, mi avrebbe fatto piacere incontrarli di persona. Peccato che per la mia eccessiva stanchezza, abbia preferito starmene a casa, in silenzio, tra i miei cari a fantasticare di tutto e di nulla.

Dicevo che non sono un blogger. Perché?

Per una questione di identità: mi domando se attorno al blogging si sia mai costruita una qualche forma di identità, cioè dei tratti psicologici, culturali, operativi che differenziano chi fa blogging, i blogger, appunto, da chi non lo fa?

Per dirla con Lave e Wenger, il blogging ha costruito delle proprie “pratiche”? Forse è troppo
presto per dirlo.

Per ora mi limito a questa semplice osservazione: per essere blogger bisognerebbe che attorno al blogging una persona si costruisse una costellazione di significati psicologici e materiali quali, ad esempio :

  • aver fatto del blogging una ragione di vita, o, almeno, una delle principali ragioni di vita
  • dedicare tanta parte della propria giornata al blogging
  • guadagnarsi da vivere con il blog.

Nulla di tutto questo, io mi limito a tenere un blog (e ad essere focalizzato su ben altro)

Be the first to like.

8 pensiero su “Non sono un blogger; tengo un blog”
  1. Prendo spunto dalla mia delusione per la blogger cena del 9 Novembre, che cito senza rimandi ipertestuali. Ci sto sguazzando dentro da due giorni, nei rimandi ipertestuali a cose annesse e connesse alla cena, senza riuscire a venirne fuori con qualcosa di mio che non sia destinato a diventare yet another rimando ipertestuale, o stramaledetto link: che palle!!

    Se alla cena tu ci fossi stato .. e se insieme ci si fosse potuti coinvolgere in una delle discussioni, che la forma della tavola e la qualità dell’ambiente (sottolineo la qualità dell’ambiente) mi hanno precluso (sottolineo precluso) .. forse avremmo potuto dire qualcosa di significativo, ma soprattutto di condivisibile in modo costruttivo, sul essere o non essere blogger.

    La discussione che ci siamo persi aveva come oggetto la differenza fra abitare la rete e essere utenti della rete.

    Per me in quella discussione si poteva cominciare a mettere qualche picchetto .. a demarcare territori di reciproco rispetto.

    Si poteva forse anche arrivare a far balenare, nella mente dei partecipanti, l’idea che il concetto di pro-loco, di questi tempi, sia da rivedere proprio in termini di rispetto del territorio “reale” in cui tutti dobbiamo comunque continuare a vivere.

    Si poteva forse cominciare a focalizzare un’idea d’interfaccia fra chi preferisce abitare la rete (i blogger comunemente intesi) e chi invece della rete vorrebbe esser messo in condizione di potersi servire, senza dover emigrare in un territorio straniero (i potenziali utenti .. che è poi il solo “status” che un utente del web oggi può avere .. ci si può solo considerare in lista di attesa per diventare utenti .. NON SI PU0′ ESSERE UTENTI DEL WEB SE NON SI APPARTIENE A UNA QUALCHE COMUNITA’ IN GRADO DI NEGOZIARE LE PROPRIE SCELTE CON GLI ABITANTI DEL WEB).

    Se si fosse potuto fare qualcosa di simile, allora magari si sarebbe capito che a quell’idea d’interfaccia bisogna cominciare a dare un nome .. e che quel nome dovrebbe anche connotare qualcosa di familiare per il popolo dei realisti .. se no col cavolo che si prenderanno la briga di capire cosa succede nel territorio virtuale, che potrebbe anche avere ripercussioni positive sul territorio reale.

    Chissà se riesco a farci un altro post su sta situazione .. che a me sembra sempre più demenziale!?

  2. Luigi, pur comprendendo le tue perplessità sulla cornice in cui si è svolta la serata, mi pare che, trattandosi del primo incontro, si sia svolta in modo positivo.
    Credo sia presto per trarre conclusioni, e la tua delusione (che rispetto ma non condivido 🙂 ) mi sembra prematura.
    Ognuno proviene da esperienze personali ed è mosso da aspettative differenti. La cena, dal mio punto di vista, era necessaria a “rompere il ghiaccio” e prendere le misure con l’interlocutore, e in questo credo abbia funzionato. La questione adesso è mettersi attorno ad un tavolo (rotondo?) e ragionarci su, costruendo qualcosa; o magari lasciare che il progetto evolva in maniera naturale.

    Andando al post di Gianni – che mi spiace non sia stato dei nostri – devo dire che anche qui leggo una nota di amarezza. Cos’è il blogging per voi? Quand’è che uno può definirsi a ragione blogger? Come sempre, trattando fenomeni relativamente recenti di questo tipo, bisognerebbe fermarsi e “lasciar decantare”, altrimenti si corre il rischio di discutere di questioni di lana caprina. Forse solo tra qualche anno riusciremo a capire davvero cosa stiamo facendo oggi con i nostri blog… ma questo non ci impedisce di vivere il momento per quello che è, per come lo viviamo o lo percepiamo, per quello che OGGI crediano significhi “essere blogger”.
    Mamma mia, rileggendo mi rendo conto di essere entrato in una dei miei soliti dedali sintattici. Spero comunque di risultare comprensibile 🙂

  3. Mi permetto di associarmi a Matteo, anche solo per ragioni psicologiche. La carne (e noi siamo carne, prima ancora che pensiero) necessita di un approccio graduale. Un gruppo come il nostro ha bisogno di vedersi e rivedersi, e più ci si rivede e più ci si rivedrà, con affioramento di contenuti sempre nuovi. Non credo nella possibilità di stilare idee progettuali in una cena. A una cena si mangia, altrimenti non sarebbe una cena. Una cena non serve per conoscersi uno a uno. Una cena è un calcio d’inizio, un sasso gettato nello stagno, semplicemente. Se un domani si vuole approfondire, gli strumenti saranno altri: il raduno, il gioco psicologico, le tecnologie open space, e via discorrendo. Non si tratta di conquiste banali. Moltissimi spazi sono strutturalmente inadeguati per una discussione partecipativa, non potrebbe essere diversamente, e, per quel che mi riguarda, ritengo che la maggior parte di “queste cose” sia fattibile con porzioni di società drasticamente minoritarie, anche e soprattutto nei rispettivi filoni tematici. Insomma, a me è piaciuta, e vi assicuro che non sono un tipo di bocca buona.

  4. Bene tutto quello che dicono Matteo e Phil, con una sola obiezione:
    si può apprezzare la blogger cena anche con un resconto che parla di una delusione.
    Anzi, se vogliamo darle il significato di un calcio d’inizio, credo poprio che si debba lasciare spazio anche a voci di critica costruttiva.
    Solo se c’è questo spazio si può pensare che l’evento avrà un’evoluzione creativa, mi sembra.
    Se no si rischia di cadere nell’autogratificazione; non sarebbe la prima volta che mi capita di sperimentare questo tipo di situazione, pericolosamente inconcludente.
    Quindi faccio appello alla vostra indulgenza; io mi sento in dovere, in quanto anziano, di esprimere l’ansia per un rischio mai abbastanza evidenziato: il tempo che abbiamo a disposizione per mettere a frutto l’uso della tecnologia non è infinito.
    Esprimendo una delusione non dico di non aver apprezzato la serata (se non avessi partecipato non potrei dire quello che sto dicendo) .. dico che la prossima occasione vorrei gestirla in modo più attento anche al tipo di risultati che l’evento potrà produrre, con una preparazione adeguata.
    Grazie per le vostre osservazioni :-)) .. spero che possano contribuire a dare un senso all’ipotesi di materializzare quell’entità che mi ostino a chiamare “interfaccia” .. fin che qualcuno mi fa vedere / capire che alternativa potrebbe esserci.

    – luigi

  5. Scusate l’intrusione: alla cena non c’ero ma è come ci fossi stato, tanto le vostre interazioni qui ed i vostri report nei rispettivi blog mi danno il senso della presenza.
    Delusioni o non delusioni? Trattandosi di una cena e non di una riunione di lavoro, credo che quel che è successo vada bene. Importante è capitalizzare l’evento.
    So che a Luigi sta molto a cuore la questione Pro Loco, o Learning Villeges. Anche a me piacerebbe portare aventi la cosa. Un primo passo era stato fatto con un incontro nel bellunese a casa di Luigi. io non c’ero (anche lì…). Forse per mandare avanti il progetto, o chiuderlo definitivamente, si potrebbe tentare un nuovo incontro (da Luigi a Voltago?)e poi proseguire con chi ci sta senza puntare all’unanimità. Continuo nel blog di Luigi

  6. Considera, Luigi, che questa dinamica è comunissima nei gruppi che condividono, a vario titolo, esperienze presunte progettuali. La stessa cosa mi capitava andando ad animare workshop creativi. C’era chi arrivava per risolvere problematiche esistenziali immense, chi per abbordare, chi per cazzeggiare. Di solito l’abbordatore otteneva soddisfazione abbordando quella con le problematiche esistenziali di cui sopra, e chi voleva semplicemente cazzeggiare cazzeggiava. Chi, come me, era lì per implementare dinamiche effettivamente creative, restava a fare il suo mestiere di animatore. Ma non è una dinamica malvagia. Tutt’altro. La trovo una dinamica rivelatrice delle vere motivazioni. Ho fatto un esempio estremo e in effetti poco calzante: nella cena le motivazioni creative c’erano eccome, te lo assicuro. C’è solo stato troppo poco tempo per sviscerarle, per condividerle. Le tue critiche sono giustissime, ma lo ribadisco: la morfologia stessa della serata impediva di andare oltre una semplice interlocuzione a ruota libera. Secondo me l’ideale è organizzare dei Mini Laboratori Tematici a più riprese, alternando momenti ludici/mangerecci a fasi più specifiche in ambito produttivo. Non sarebbe male proporre la cosa nell’ambito di contenitori laboratoriali già costituiti (meeting, festival, etc…)

  7. Ringraziando Gianni per l’ospitalità devo riconoscere di aver usato a sproposito la parola delusione, visto l’effetto che ha prodotto.
    La dinamica della cena mi sta benissimo Phil, non dovrebbero esserci dubbi su questo.
    Al fine di capitalizzare l’evento nel modo più efficace, iniziando al tempo stesso ad assumere un ruolo “non blogger”, nel senso di questo post di Gianni, mi sembra però che la parola delusione abbia qualche merito; come minimo mi ha stimolato a cercare di dire qualcosa di più nella direzione in cui vorrei procedere .. da potenziale utente ..
    Ho abbozzato un post che cerca di chiarire la mia posture, cioè la posizione che sto cercando di prendere rispetto a interlocutori più blogger di me ..
    Non vorrei essere percepito come uno che critica; vorrei essere percepito come una persona assertiva (posso dirlo Gianni?).

  8. Dopo aver partecipato alla cena con entusiasmo, arrivando con pochissime aspettative e uscendone piacevolmente sorpreso, dopo aver contattato tutti i presenti alla cena (di cui avevo riferimenti nel web, a me consueti) domenica mattina, dopo aver letto tutti i commenti “sedimentati” sui vostri blog stasera, arrivo a questo post di Gianni, e in particolare nei commenti, pensando di essere alla fine di un percorso … e invece trovo cento spunti per ripartire, e infatti anche uno scambio di interventi vivace e dialettico

    vorrei aggiungere la mia, ma e’ tardi (e’ l’una di notte), e poi e’ presto (ho letto poco le cose che avete gia’ scambiato e parlato ancora meno con voi su questi temi)

    certamente posso dire adesso che l’argomento mi interessa molto: rimaniamo quindi in contatto!

    -Gino
    http://www.knowledgeecosystem.com

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