Anche recentemente in una animata discussione sui LO, un bravo collega ha inteso il mio atteggiamento che solo eufemisticamente potremo chiamare “severo” verso e-learning e LO, cioè il delivery-mode di uso didattico delle tecnologie, come una forma di odio verso le tecnologie, la conseguenza di “problemi” che avrei avuto a loro causa o un non credere nell’utilità didattica delle stesse. Non è la prima volta che le mie posizioni teoretiche su didattica e tecnologie vengono scambiate per un rigetto.

Cerco, quindi, di chiarire ed esplicitare il mio pensiero sulla questione e racconto per flash alcuni elementi della mia storia epistemologica e professionale.

Premessa:

  • io credo fortemente all’utilità della scuola e della formazione ed è per questo che prendo spesso posizioni decise quando vedo che si fa cattiva o pessima scuola e formazione, quando vedo che si fa formazione perché si ha la capacità di ottenere finanziamenti ed il problema diventa come spenderli, quando vedo formazione che non genera la capacità di fare qualcosa con ciò che si ha imparato;
  • io credo altrettanto fortemente all’utilità didattica delle tecnologie ed è per questo che ho lo stesso atteggiamento quando vedo usi pessimi delle tecnologie, usi che non portano ad alcun apprendimento o ad un apprendimento debole, quando vedo usi poveri delle tecnologie, usi, cioè che ad essere gentili si possono definire di editoria digitale, non certamente formativi, quando vedo operazioni pubbliche motivate solo dalla spesa del denaro pubblico in una collusiva opera spartitoria;
  • mi incazzo perché vedo che con pessima scuola, pessima formazione, pessimo uso delle tecnologie, le persone perdono fiducia nella scuola, nella formazione e nelle tecnologie e quando li hai fregati una volta, non li freghi più. Ed io voglio continuare ancora a lavorare nella scuola, nella formazione anche, ma non necessariamente, con le tecnologie (anche se, a conti fatti, sarebbe più produttivo colludere);

Credendo, quindi, nella formazione e nelle tecnologie mi sforzo di capire perché si faccia cattiva scuola/formazione e cattivo uso delle tecnologie e come si possa migliorare. Facendo questo, fin dai primi momenti di attività professionale, non privi di insuccessi dovuti anche alla mia inesperienza ed all’aver sottovalutato la difficoltà del fare formazione, mi sono guardato in giro, ho cercato di capire le ragioni dei casi di successo e di insuccesso, ho seguito lo stato dell’arte sugli studi contemporanei sull’apprendimento e sull’insegnamento.

Di formazione comportamentistica (come non esserlo, considerato l’ambiente in cui si viveva?), mi sono interessato sempre più spesso al costruttivismo nelle sue diverse espressioni, studiando il lavoro dei “padri” come Piaget, Vygotskij, Dewey, ed arrivando ai contemporanei come Brown, Collins, Duguid, Jonassen, Schank, Lave, Spiro, Bransford, Scardmalia, Bereiter, Wenger … per fare solo qualche nome.

Ho guardato alle applicazioni in tutto il mondo delle loro concettualizzazioni; mi sono reso conto come concetti come conoscenza situata e distribuita, come apprendimento significativo ecc… (vedi il mio “lemmario” appena iniziato) fossero di grande attualità ed utilità.

Mi sono reso conto come le tecnologie esprimessero tutto il loro valore solo all’interno di un pensiero e di una pratica costruttivista

Nel mio piccolo ho tentato delle applicazioni di quei concetti e devo dire che i risultati non sono mancati.

Per venire al nocciolo della questione e con questo chiudere, la mia riflessione e la mia pratica, da qualche anno sono focalizzate su come andare oltre l’e-learning ed i learning object che replicano modelli didattici di cui è stata ampiamente dimostrata l’inadeguatezza, al limite del fallimento, per trovare soluzioni potenzialmente più ricche e più efficaci.

Ho messo a punto, con limitata (purtroppo) sperimentazione un mio approccio basato, per semplificare, su “attività di apprendimento” e mi piacerebbe sperimentare in modo più ampio approcci come i Cognitive Flexibility Hypertexts, il Case-based Reasoning, il Distribuited Problem-based Learning, i Database of Stories, i Goal-based Scenarios, il Troubleshoting, ambienti si apprendimento supportati da tecnologie su cui ho lavorato (brevemente) con Jonassen in una esperienza di lavoro ed apprendimento.

Ecco perché non mi accontento di fermarmi ai learning object e sulla formazione a distanza basata sulla distribuzione di contenuti.

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4 pensiero su “La mia (piccola) epistemologia”
  1. è sempre un piacere leggerti. La formazione a distanza non può essere solo distribuzione di contenuti. C’è molto altro…l’ho sempre pensata così anche io.

  2. A me .. osservatore esterno e non competente nella vostra materia .. salta all’occhio, per non dire che sento un vero e proprio pain in the rear end .. che il problema qui descritto è lo stesso che trovo nei post di chi vorrebbe un Marketing .. o una Pubblica Amministrazione .. o una Democrazia Territoriale … o una vita .. migliore.

    Non sarà il caso di mettere insieme un po’ di teste dei diversi settori .. per cominciare a fare qualcosa o almeno per .. provare .. ??

    – Luigi

  3. Luigi, per quanto mi riguarda, non mi limito alle lamentazione (che ne faccio tante) ma faccio anche delle proposte operative. Forse non sono comprese (= colpa mia che non mi spiego bene)o forse non condivise (= il mio non è un sentire tanto diffuso). Faccio, anche, delle applicazioni. Certo che si potrebbe fare di più e meglio. Grazie per lo stimolo

  4. Va là Gianni, meno modestia, te fai pure troppo e per di più a gratis! 🙂

    La community che hai creato Orientamenti e disorientamenti, funziona veramente bene, e sta diventando un bell’angolo di discussione!

    Saluti

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