Sono sempre di più le voci che raccontano dell’inutilità dei test di valutazione al fine della comprensione di quanto una persona realmente sa.

Sono anni che in letteratura scientifica si dice questo ma la pratica continua imperterrita ad andare per la sua insensata strada.

Se ne è parlato recentemente anche nella stampa di grande accesso, non in Italia, però.

Ne ri-parla anche Umberto Galimberti nel numero ieri in edicola di D (pag, 138) in risposta ad un lettore che solleva la questione a proposito dell’inutilità delle prove di accesso all’università basate sui test.

Galimberti ricorda che esistono molti tipi di intelligenza (linguistica, logico-matematica, musicale, spaziale, corporea, psicologica). C’è anche l’intelligenza divergente e quella convergente. Ed è proprio quest’ultima che viene attivata dai test, una forma di intelligenza che lui stesso definisce “modesta e di basso livello”.

Molto amara la sua riflessione finale: in Cina ed in India l’accesso all’università è libero ma dopo due anni molto intensi ed impegnativi tanto dal punto quantitativo che qualitativo, solo i migliori, quelli che hanno retto il ritmo, quelli che si sono fatti il mazzo vanno avanti. E’ la meritocrazia, bellezza !!!

E questi giovani saranno quelli con cui, nell’economia sempre più globalizzata, i nostri dovranno misurarsi.

Ecco, allora, che la raccomandazione di papà o del mastella di turno avrà fatto più un danno che un bene al giovane raccomandato che si è laureato ed avrà fatto “carriera universitaria e “scientifica”. Ecco il perché del vero declino del nostro Paese. Mi fa paura, più che schifo, essere governato, di avere in posti di comando e potere gente simile. Ho un figlio di 16 anni ed ho terrore per il suo futuro.

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Un pensiero su “Valutazioni, esami inutili, raccomandazioni e terrore”
  1. Caro Gianni: ho un figlio di 18 anni ed uno di 15 e provo i tuoi stessi sentimenti, come avrai potuto dedurre anche dai miei – spesso cinici – post. Se le competenze e le abilità – oltre che lo spessore etico e caratteriale – dei nostri scolari (“studenti” è una parola grossa!) sono in declino lo si deve sia al contesto mastelliano in cui si trovano a galleggiare, sia alla deriva educativa della scuola dove – quando va bene – domina l’apprendimento (?!) convergente e dove si assiste alla tragicommedia di meritocrazie all’amatriciana.

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