Complice una breve influenza che mi ha costretto a nanna per un paio di giorni, mi sono letto un libretto non propri nuovissimo che avevo in libreria da tempo. Intrigante il suo titolo: “La scuola dopo le nuove tecnologie”. Lo ha scritto Giovanni Biondi, direttore dell’INDIRE, una persona che sa il fatto suo in termini di scuola e di tecnologie.
La sua tesi è che i massicci investimenti fatti in questi anni nella scuola in tecnologie non hanno portato ad alcun cambiamento significativo: “…mentre la scuola fagocitava i nuovi media restando sostanzialmente uguale a se stessa …”.
Belle anche le immagini di repertorio sulla scuola che ci rimandano alla scuola dei nostri giorni, sempre uguale a sé stessa nella forma e nella sostanza (l’immagine del viaggiatore di fine ottocento catapultato nella società d’oggi non riconoscerebbe nulla se non la scuola devo averla letta già da qualche altra parte ….).
Pur nel realistico cinismo della sua analisi (nulla è cambiato, si sono accese speranza andate miseramente deluse, ma questo, aggiungo io è colpa di chi ha sempre e verso tutto attese miracolistiche come se i problemi fossero semplici e se a noi umani non competesse un qualche briciola di responsabilità), la conclusione è ottimista: occorre introdurre nuovi concetti pedagogici e didattici che lui vede (per dirla con poche parole) nel costruttivismo e nell’uso delle tecnologie per “costruire”.
Condivido questa conclusione anche se avrei articolato maggiormente la parte sui concetti utili desunti dal costruttivismo.
Secondo la buona logica di un colpo alla botte, un colpo al cerchio, concludo condividendo in pieno l’analisi che Biondi fa dei LO (learning object) vedendoci molto object e poco learning.
Una testimonianza, quella di Biondi, su cui riflettere per poter avere un atteggiamento meno superficiale e semplicistico circa il potere (che secondo me c’è) di innovazione delle tecnologie nella didattica, così come è avvenuto in tanti settori dell’agire umano.
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P.S. Cito Biondi a proposito della critica dell’uso delle tecnologie nella scuola, ma simile testimonianza si può trovare nei pensieri freschi e grondanti di sofferenza per le tante fatiche non riconosciute anche se di esito eccellente, di tanti insegnanti (cito Mario Agati le cui riflessioni sulle tecnologie a scuola sono dei capolavori di acume analitico, impegno professionale e sconforto ontologico) che incontro in rete nei loro blog (vedi qui di lato) e che con me partecipano alle attività della comunità Orientamenti e Disorientamenti negli usi didattici delle tecnologie, Giovanna, Annarita, Paola, Alessandro …..
Non ho letto il libro.
Mi sembra curioso che tali critiche vengano dal dirigente di un ente che aveva(ha?) proprio il compito di intervenire sull’uso delle tecnologie nella scuola…
Ente molto coinvolto anche sul versante dei learning object, basta dare un’occhiata al progetto
Digiscuola…
Forse, si è accorto (per tempo? tardi?) che quella strada non portava da nessuna parte. Quello che mi inquieta è che tanti predicano bene ma razzolano male …..