Pare proprio che il semplice e pur sensato uso delle tecnologie digitali e di internet sia, di per esso stesso, una innovazione.
Basta che una attività che prima veniva svolta in forma analogica, quando passa sul digitale, diventa una innovazione.
E certo che dare modo ad uno studente universitario fuori sede di conoscere via internet il programma dei prossimi appelli piuttosto che andare in facoltà e consultare una bacheca, è un aiuto non da poco, così come poter dialogare con i professori via e-mail piuttosto che andare al ricevimento è una comodità, come anche è un plus poter ascoltare e vedere sul proprio iPod le lezioni del prof. di turno, soprattutto se durante la lezione “dal vivo” ci si era addormentati per la noia….
Quindi, nulla da dire per l’uso delle tecnologie digitali e di internet nella scuola e nell’università; ci mancherebbe altro …. ma per poter parlare di innovazione ci manca proprio altro … il miglioramento della didattica che porta al miglioramento dell’apprendimento.
Facevo tra me e me queste riflessioni leggendo un trafiletto nel penultimo numero de L’Espresso (n. 11, pag. 195) in cui si da notizia delle mirabilia che stanno facendo le nostre università (nello specifico, la Federico II che consente di scaricare sul proprio iPod le lezioni), cui non sono da meno quelle americane (…dove le tecnologie stanno entrando prepotentemente nella didattica accademica …. avendo un database con le registrazioni di ben 300 corsi). Ma, udite udite, ancor più proiettati nel futuro sono i giapponesi …una cui università ha inaugurato il primo corso sui misteri delle piramidi egizie da seguire sul telefono cellulare.
Non so se a trovare innovative queste applicazioni, tanto da meritare il passaggio sulla rivista, siano stati i diretti interessati che si sono premurati di comunicare la buona novella alle agenzie stampa o se il giornalista (Francesco D’Errico) si sia trovato a corto di notizie di una scuola che, finalmente, funziona ……
A quando qualche storia di vera innovazione?
Le tecnologie digitali attraggono e danno prestigio; aiutano, come hai sottolineato, a risolvere problemi organizzativi, tuttavia ciò non basta per qualificarle come innovative rispetto alla didattica. La sfida pedagogica-didattica nel processo di insegnamento-apprendimento con l’utilizzo di nuove tecnologie si gioca nella ricerca,nella riflessione su come applicarle, quali strategie, metodologie e contenuti utilizzare. Il nodo sta nella ricerca, nella riflessione su questi temi, con docenti disposti a formarsi/autoformarsi, a mettersi in gioco e a sperimentare, uscendo da “rigidismi” consolidati.
Katia
il vero nodo è: “riusciranno le ICT (Information and Communication Technology) a ristrutturare in meglio i processi di apprendimento?”
questo nodo è per me aperto. io propendo per una risposta positiva, ma ancora bisogna trovare soluzione a molti interrogativi.
il resto delle questioni sono noiosi pettegolezzi per tecnocrati.
* tecnocrati in questo caso sta per tecno-imbecilli ;->
Katia ed Antonio, credo anch’io che la riflessione (cioè l’uso del proprio cervello) sia la chiave di volta del cambiamaneto. Altrimenti è solo conservazione (cioè usare il cervello/pensiero di altri)