Presentati oggi a Trento risultati della ricerca PISA 2006.
Come noto, la ricerca si effettua ogni 3 anni e coinvolge i 30 Paesi dell’OCSE più altri per arrivare ai 56 dell’indagine 06. Il suo scopo è di confrontare le performance dei sistemi educativi dei paesi partecipanti.
La peculiarità del PISA sta nel cosa viene valutato: non la conoscenza posseduta, ma cosa si riesce a fare con ciò che è stato imparato. Si parla, infatti, di litteracy il cui significato è più vicino al concetto di “competenza” che non di “profitto”.
Soggetti del testing sono gli studenti di 15 anni e questo consente di valutare l’effetto cumulativo di 10 anni di scuola.
Tre le tradizionali aree di indagine: la lettura (usare, interpretare e riflettere su materiale scritto), la matematica (riconoscere problemi risolvibili matematicamente, rappresentarli e risolverli in modo matematico) e le scienze (identificare le questioni scientifiche, spiegare i fenomeni scientifici e usare le prove scientifiche. Ogni rilevazione triennale si focalizza, con una analisi più approfondita, su una delle tre tematiche. Questa volta (2006), la focalizzazione è stata sull’uso della conoscenza scientifica.
I macro dati sono noti da qualche mese: la Finlandia in testa seguita di poco da Hong Kong e Corea, l’Italia fanalino di coda davanti solo a Portogallo, Turchia, Grecia e Messico.
Per quantificare queste posizioni: media 500, Finlandia 563, Italia 475. Una differenza di una novantina di punti corrispondenti a circa un anno mezzo di scolarizzazione. Questo vuol dire che uno studente italiano che frequentasse la seconda liceo, mediamente, avrebbe la stessa preparazione di un finlandese in terza media o agli inizi del liceo ….
Le performance nelle tre aree sono valutate su 6 livelli. Ad esempio, l’ottenimento del grado 6 in scienze sta ad indicare che lo studente con regolarità è in grado di identificare, spiegare ed applicare la conoscenza scientifica e la conoscenza sulle scienze in una varietà di situazioni complesse. Il valore 1 indica che lo studente ha conoscenze scientifiche così limitate che possono essere applicate solo ad un numero limitato di situazioni familiari. Sotto il livello 1 sta a significare che lo studente non è in grado di usare le proprie abilità scientifiche nemmeno per risolvere le prove più facili che fanno parte del repertorio PISA.
Nei confronti tra Paesi ed al loro interno, sono importanti le percentuali di studenti che si collocano nella fasce basse (tra -1 e 2) ed in quelle alte (particolarmente 6) e le loro dinamiche nel tempo.
Qualche altro dato. Difficile identificare inmodo univoco le ragioni delle diverse performance nazionali e locali. Il livello di spesa per studente non è correlato alla performance; in alcuni casi una spesa elevata si correla ad elevate prestazioni; in altre no (l’Italia è un esempio). La Finlandia, ad esempio, che ha sempre ha la prestazione migliore, l’investimento per studente è ben più basso di quello che viene fatto da noi.
Correlazione in qualche caso positiva tra le risorse (aule, pc, laboratori) e prestazione delle aree. Ciò che correla maggiormente con la prestazione scolastica sono le caratteristiche socio-economiche dello studente. Ma neppure questo è un dato generale.
Nello studio è stato introdotto anche il concetto di equity , cioè il grado di dipendenza della prestazione scolastica dalle condizioni socio-economiche della famiglia dello studente. Alcuni paesi sono molto equi (Finlandia, ad esempio), altri non lo sono (Manco a dirlo, l’Italia).
In PISA sono stati investigati anche gli atteggiamenti (l’interesse per le aree tematiche della ricerca, il proprio futuro accademico e professionale, …). Curioso il dato secondo cui maggiore è la competenza scientifica, maggiore è la preoccupazione per l’ambiente ed il suo degrado.
Una buona quantità di dati è presente nel sito OCSE in www.pisa.oecd.org
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P.S. Alcuni dati sull’investimento in educazione:
La stessa somma investita in formazione produce un impatto sul PIL 4 volte superiore di analogo investimento in incentivi alle imprese;
Aumentare di 1 anno la permanenza media nel sistema educativo, porterebbe ad un aumento del PIL del 10%.