La pur breve discussione che è stato possibile tenere nella parte finale del mio workshop al Moodle Moot di Padova sono emersi quelli che, secondo me, sono alcuni dei veri temi della scuola e della formazione oggi.

Ma andiamo con ordine; domando se l’approccio che ho appena presentato sia applicabile nelle realtà dei partecipanti. I diversi interventi convergono su una questione: è un modello certamente adeguato a far si che le persone trovino utile la formazione (cioè apprendano) ma di problematica applicazione perché chi partecipa alla formazione non vuole fare troppa fatica. I pochi che partecipano alla formazione (una grande fatica a “tirarli dentro”) non vogliono perdere tanto tempo e, soprattutto, non vogliono essere troppo impegnati.

Il mio approccio (che, comunque, rispecchia lo stato dell’arte sull’apprendimento), per contro, richiede che le persone lavorino sodo, facciano delle cose andando oltre la mera lettura di un testo, lavorino in parte da soli ed in parte con altri colleghi del corso (le basi concettuali dell’approccio le ho sintetizzate nelle slide 6 – 19). E tutto questo per far si che al termine della formazione i partecipanti siano in grado di fare qualcosa con quanto è stato oggetto della formazione.

L’idea che sta alla base dell’approccio proposto è, cioè, che si faccia della formazione che serva, una formazione che venga trovata utile per chi si è formato.

Una idea peregrina? Pare, che nelle condizioni in cui opera oggi la formazione, proprio di si.

La chiacchierata conferma che le persone non hanno una immagine tanto positiva della formazione (vi è la convinzione che la formazione serva poco) e che questo atteggiamento sia dovuto in buona parte ad esperienze precedenti di formazioni che sono state, appunto, poco utili.

E’ logico, quindi, che non si sia tanto disponibili a fare fatica per una attività ritenuta quasi inutile. E’ logico che si faccia tanta fatica a “tirare dentro” le persone. E’ logico che una volta “dentro” ci si accontenti di “guardare”, non si abbia voglia di “collaborare”, non si abbia voglia di “fare”, si faccia fatica a “conversare”.

E’ altrettanto logico che fintanto che non si offrono esperienze positive, l’atteggiamento non cambierà.

Ma siamo drammaticamente dentro ad una spirale che si avvita all’ingiù.

Il primo vero problema è, quindi, come proporre e far apprezzare esperienze positive, cioè come invertire la marcia ed attivare un circolo virtuoso.

Altri problema, provocato anche questo da chi organizza la formazione, è quale formazione proporre.

Credo che si sia fatta e si continui a fare tanta formazione inutile, formazione per problemi che non ci sono, formazione per problemi non formativi, formazione solo perché ci sono i soldi (del contribuente) per fare formazione e non perché c’è un problema di carenza di conoscenza e competenza.

La prima condizione per cui una persona voglia formarsi è che esista, per lui e nella sua percezione, un problema reale, un bisogno reale, un problema ed un bisogno attuale e che a questi si offrano soluzioni praticabili.

Per fare buona formazione è, pertanto, necessario che chi concepisce, progetta ed offre formazione, ri-tari la propria pratica e cominci a mettersi in ascolto dei problemi e dei bisogni dell’utente abbandonando la supponenza di chi si ritiene il depositario del sapere ed è pronto ad accusare chi non accoglie con entusiasmo le loro offerte di non essere in grado di percepire i sui stessi bisogni, di avere atteggiamenti difensivistici, di non voler mettersi in discussione e non voler cambiare ….

Nell’attesa che venga quel giorno (Gigliola Cinquetti in “non ho l’età”?), diamo in pasto ai nostri svogliati studenti/partecipanti/utenti esperienze attraenti, facili, leggere, che non richiedano troppa fatica mentale, che non facciano perdere troppo tempo. Tanto, per quel che serve ciò si impara, meno si fatica meglio è ……

Lunga vita, quindi, ai Learning Object. E che siano affascinanti, stupefacenti, pieni di movimento, musica ed effetti speciali, che non facciano fare troppa fatica, che si possano far “fruire” (neanche si trattasse di un’opera d’arte) con un semplice click ed un drag-and-drop tenendo a riposo il cervello.

Credo proprio di dovermi ricredere sui LO e di dovermi riconvertire se, come formatore, voglio tirare a campare!

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Sul tema vedasi anche il mitico Mario Agati in Cubi, supposte e learning object 2.0

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14 pensiero su “Cosa meglio dei LO rappresenta la nostra scuola e la nostra formazione oggi?”
  1. Gianni, ciao.
    ci saranno LLOO e LLOO… e io non so di quelli che da “sempre” biasimi.
    Ok.
    Stavolta ti do soddisfazione!:-)
    qualche g fa mi è capitato di visionare un LO, dedicato alla mia disciplina e alla fascia d’età di cui mi occupo.
    NO, non l’ho usato tale e quale! Mai i ragazzi avrebbero potuto “fruirne” autonomamente.
    Sotto la mia guida, una piccola parte l’ho proposta, poi stop e…intervento “secondo me”!:-)
    Io l’ho sempre detto: il LO è valido quando lo confeziono da me!:D
    g.

  2. Giovanna, grazie per la “soddisfazione” che mi hai dati. Vedi, io non ce l’ho con i LO, poverini …. sono così carini ….e rendono tutto più facile, all’insegnante ed allo studente … Ci mancherebbe, Mica sono un sadico.
    Il fatto è che io non credo che per apprendere basti leggere un testo ma sia necessario attivare il pensiero. Ma un LO anestetizza il pensiero con le operazioni automatiche che richiede più che attivarlo. Che,poi, un ausilio didattico possa essere necessario, non lo nego. Ma è un ausilio, non il tutto. Grazie per l’attenzione
    G

  3. Gianni?
    guarda che mica la penso diversamente riguardo all’apprendere e al fatto che il LO non sia il tutto!
    Che poi renda più facile il lavoro dell’insegnante, dipende dall’insegnante.
    Che renda più facile quello dell’alunno, non è detto!
    grazie a te!
    g.

  4. Buongiorno Gianni, domenica mattina piovosa…adatta a leggere tutti questi stimolanti post…
    In particolare sono stimolata da questa riflessione, ho già scritto in qualche altro commento che da due anni sto facendo “formazione” sul campo, sono iscritta ad un corso di laurea per insegnanti in servizio, proprio dell’unipd, preside Galliani e Paula grande organizzatrice…la nostra formazione segue tutti i criteri che hai elencato, nulla di facile, da leggere, da divertirsi, ma testi, videolezioni, slides, forum di discussione, chat, compiti individuali ma soprattutto collaborativi con votazione comprensiva anche degli interventi…infine esami in presenza!! Ultimo ed esemplificattivo il corso di matematica in cui grazie al forum la sottoscritta (assolutamente digiuna di matematica!) ha potuto seguire ed apprendere i diversi concetti, provando, discutendo, riflettendo, riprovando insieme a tutor e compagni di corso…una vera esperienza di apprendimento costruttivo e collaborativo!!!!
    Naturalmente la piattaforma moodle la fa da padrona…Paula ci aveva chiesto delle riflessioni libere sulla piattaforma dicendo che ne avrebbe fatto una specie di puzzle collettivo, un murales da leggere nel corso del convegno…Non so se sia stato presentato.
    Volevo sapere se si è parlato di questa esperienza, se nel corso della discussione da te sollecitata qualcuno ha fatto riferimento a questa modalità di formazione, che, ti assicuro, supera di gran lunga la formazione che solitamente i docenti seguono, buona solo per certificare le ore …è una formazione che è appunto una ricerca-azione, in cui la piattaforma diventa un contesto motivante, un deposito di materiali,una agorà per la discussione, dove il sapere viene costruito passo passo, attraverso l’interazione, l’aiuto reciproco…no non sto descrivendo una situazione fantastica, questa è semplice realtà che comporta fatica, tempo, costanza, impegno….ma i risultati sono confortanti in termini di sapere e di relazione!!!
    Per favore, fammi sapere se se ne è parlato, grazie e buonissima domenica
    francesca
    P.s.: non ho rivisto il testo, scritto di getto: scusa per eventuali errori…..

  5. France, che dire? Con Galliani e de Waal sei in una botte di ferro. Il primo ha sempre una visione più avanti di tanti; Paula è molto creativa, oltre che vulcanica ….
    La vostra esperienza è stata oggetto di una serie di poster messi, purtroppo, nell’area del caffè, dove le “urgenze” erano altre. Sono certo che Paula troverà il modo di valorizzare diversamente quanto da voi fatto (sempre che ci riferiamo alla stessa cosa)

  6. Grazie del feedback,
    non è tanto la valorizzazione di ciò che abbiamo prodotto per l’evento che mi interessa, quanto piuttosto l’aver parlato dell’esperienza, come buona pratica di formazione….
    france

  7. “Cosa meglio dei LO rappresenta la nostra scuola e la nostra formazione oggi?”

    Domanda difficile quella che poni!

    Dalla mia esperienza, posso dire che la formazione è subita. Il modello ancora imperante nei corsi di formazione è quello frontale: l’esperto che viene a parlare di un determinato argomento e i docenti ad ascoltare…quando non si addormentano! Un vero spreco di tutto.

    Di recente sono stata incaricata per il progetto ISS (insegnare scienze sperimentali dall’infanzia al biennio superiore).

    La richiesta dei docenti è stata quella di ricevere suggerimenti e spunti nuovi da me e da altri incaricati. Ricevere supinamente e non ricercare insieme…ho reso l’idea?

    Sono stata sul punto di mollare…e a un certo punto ho parlato chiaramente, dicendo chiaro e tondo che occorreva rimboccarsi le maniche e lavorare assieme, creare qualcosa di concreto su cui confrontarsi.

    Beh, lo sai come è andata a finire? Io non saprei dirti di preciso che cosa abbia fatto scattare al molla, ma i colleghi hanno avuto uno scossone e iniziato a sporcarsi le mani.

    Abbiamo svolto esperimenti, costruito piccoli modelli con materiale povero e finalmente stiamo per portare a termine un’ipotesi concreta di lavoro da sperimentare il prossimo anno.

    Questo è uno dei motivi per cui sono latitante su ORIENTAMENTI E DISORIENTAMENTI.Il 31 maggio chiudiamo per quest’anno e mi rendo disponibile per raccontare “La scuola che funziona”.

    Per quanto riguarda i LO, ripeto, come ho affermato altre volte, che non rappresentano sicuramente la panacea cercata…anzi!

    E’ uno strumento e come altri strumenti ha i suoi limiti e le sue funzioni. L’importante è avere consapevolezza che quando li impieghi sai cosa aspettarti.

    Io li sto impiegando a scuola perché abbiamo avviato una sperimentazione in proposito. E allo stato dell’arte non mi sento di demonizzarli. Non mi sento neanche di affermare che i ragazzi li subiscono. Il codice comunicativo di un LO è composito e comprenderlo non è così scontato. Ho visto ragazzi fare fatica ad affrontare alcuni passaggi di un LO sui numeri irrazionali. Sono scaturite domande sul significato dei termini,sull’interpretazione di alcuni contenuti.

    No non c’è niente di scontato…dipende dall’uso che se ne fa e dalla risposta degli alunni.

    Naturalmente non si può pretendere di instaurare apprendimento ricorrendo soltanto agli LO, che hanno indubbi limiti di rigidità. Ci deve essere dell’altro e molto di più. Ma la storia si fa lunga…

    Scusa gli eventuali errori e refusi, ma non ho il tempo di rileggere.

    bye!

  8. Annarita, grazie anche per le tue articolate riflessioni. Sui LO, come sui libri di testo, il vero problema non è lo strumento, ma l’uso che se ne fa. In aggiunta i Lo si portano dietro il peso di un potere salvifico sempre enunciato ma mai dimostrato. I Lo, nel loro significato pieno, sono veicoli di un modello didattico trasmissivo universalmente attaccato ma più in salute che mai. Vedi anche i bandi Innovascuola centrati sullo sviluppo di contenuti digitali e non su attività di apprendimento, che sarebbero la vera innovazione.

  9. “…e non su attività di apprendimento, che sarebbero la vera innovazione”

    Ecco, proprio così. Il punto è questo: non puntare sulle attività di vero apprendimento!

    C’è stato un tentativo con la Open University of Nederland e il learning design (con la “l” e la “d” minuscole). Che fine hanno fatto i lavori del Valkenburg Group e del progetto europeo Unfold?

    Il “metamodello” pedagogico di Rob Koper, base teorica del learning design, sarebbe a mio avviso una strada da percorrere.

    Peccato che il progetto sembra essersi arenato!

  10. Proprio vero. Giusto un paio di settimane fa avevo fatto qualche ricerca sul Learning Design nel sito IMS, ed è stata una delusione scoprire che niente si muove già da un po di anni.

    Questo sarebbe un interessante tema di discussione: che fine ha fatto il LD? Quali cause?

    Tra l’altro sarebbe una discussione che coinvolgerebbe parecchio anche i LO e la loro – eventuale- integrazione nelle attività didattiche.

    Vuoi lasciarci qualche link Annarita su LD?

  11. Lorenz, ecco una serie di link:

    – IMS Consortium
    http://www.imsglobal.org/
    – IMS Learning Design Specification
    http://www.imsglobal.org/learningdesign/index.html
    – UNFOLD Project
    http://www.unfold-project.net
    – Learning Networks
    http://www.learningnetworks.org
    – Learning Network for Learning Design
    http://moodle.learningnetworks.org/
    – Runnable Example Units of Learning
    http://moodle.learningnetworks.org/course/view.php?id
    =20
    – Learning Networks Dspace
    http://dspace.learningnetworks.org/index.jsp
    – The Valkenburg Group
    http://www.valkenburggroup.org/valkenburggrouporg.
    htm
    – R2R: Learning Design
    http://commons.ucalgary.ca/weblogs/learningdesign/

    Se ti interessa, posso lasciarti l’url per Reload, il player con cui si costruiscono le UOL (Unit of Learning) che sono già un superamento degli LO.

    Fammi sapere!

  12. Circa il Learning Design, me ne sono interessato tempo fa perchè volevo usare LAMS, in una qualche misura nato nel solco del LD stesso. LAMS è un eccellente prodotto che uso e che è in continua evoluzione. Per quanto riguarda il LD in senso stretto, da quel che ho capito, è un approccio teso a standardizzare non “contenuti” ma “attività” di apprendimento. In questo senso non mi aveva mai convinto per la stessa ragione che non mi avevano convito SCORM ed ogni altra forma di standardizzazione: tanto fatica per nulla.

  13. Conosco LAMS e l’ho utilizzato per realizzare delle UOL.

    Sono d’accordo con te che il processo di apprendimento non è standardizzabile…e come potrebbe? Ciò nonostante, mi è rimasta la curiosità di vedere dove si sarebbe potuto arrivare seguendo la sperimentazione di Koper.

    In definitiva, mi sembra sia stato un tentativo della ricerca europea che sarebbe valsa la pena approfondire perché comunque spostava l’attenzione dai contenuti alle attività di apprendimento.

  14. a proposito del Learning design, leggo di una recente conferenza in Ighilterra. Qui i riferimenti:

    CETIS IMS Learning Design workshop
    CETIS in the UK recently hosted a workshop on the state of IMS Learning Design and related UK work. Details and slides are available at:
    http://wiki.cetis.ac.uk/LearningdesignMay08
    Lisa Corley’s reflections on the event are at:
    http://blogs.cetis.ac.uk/lisa/2008/05/21/learning-design-%E2%80%93-revisited-reinvigorated-resurrected/

    A giugno, a Cadice, la conferenza europea su LAMS

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