Quasi per caso, in effetti stavo cercando altro (serendipty?), mi imbatto in un “vecchio” libro che ho nella mia biblioteca (Conoscere l’insegnamento, di Teresa Russo Agrusti, 1992)che mi dà modo di comprendere dove nasca il problema che oggi abbiamo in tutte le scuole: come trattare le “discipline”, come superare le “discipline”, perché lavorare per “problemi” e non per “discipline”.
Mi aiuta l’eccellente disamina storico-filosofica fatta dall’autrice e la premessa etimologica.
Il latino disciplina discende da discipulus che a sua volta deriva dal termine disco il cui significato primo è apprendere, imparare per via di istruzione o pratica. Il latino “disciplina” ha la sua traduzione italiana in istruzione, insegnamento, educazione, lezione, scuola: nella pratica, il termine ha finito per passare da un significato legato alla “funzione dell’apprendere” a quello di “modalità di realizzazione dell’apprendimento” per, poi, assumere quello di “insieme delle conoscenze raggruppate secondo criteri specifici che costituiscono materia d’insegnamento e di studio”.
Siamo, cioè, passati da un significato legato ad un percorso e ad una strategia di apprendimento ad uno legato all’organizzazione di conoscenze.
Maggiormente illuminante trovo, però, l’analisi che la Agrusti fa riferendosi alla nascita delle discipline.
Ai primordi, l’uomo non aveva un sistema di conoscenze precostituito e formalizzato cui attingere le proprie competenze, aveva solo problemi da risolvere che risolveva sperimentando, per tentativi ed errori. L’uomo, in questo modo, accumulava esperienze, conoscenze ed abilità di tipo diverso che piano piano sistematizzava ma in modo parcellizzato, al solo scopo di una loro organizzazione e formalizzazione. Per tesaurizzare quanto appreso si precedeva, cioè, alla teorizzazione dell’esperienza, dell’abilità e della competenza.
Si vede, quindi, come secondo questa logica, il concetto di disciplina testimoni una trasformazione dell’apprendimento da “problematico” a specialistico, da globale a settoriale.
Attraverso la cristallizzazione dei diversi campi di indagine, le discipline in ambito scolastico sono diventate “materie di insegnamento”, sempre più isolate le une dalle altre, sempre più stereotipate nei contenuti e sempre meno espressione di quelle abilità di fondo che ne giustificano la funzione.
Due tra le conclusioni dell’autrice indicano, per me, la via per la ricomposizione della conoscenza e dell’abilità:
- Le discipline vanno assunte in ambito didattico quali “categorie di pensiero”applicabili a diversi fenomeni e che ne evidenziano alcuni specifici aspetti, fenomeni che rimangono sempre complessi, problematici ed interdisciplinari;
- il momento della formalizzazione disciplinare dei contenuti (la parte che per noi sarebbe l’ “insegnamento della disciplina”), è successivo (non precedente) alla comprensione degli stessi ed ha una funzione di catalogazione per l’archiviazione, la memorizzazione e la successiva utilizzazione dei medesimi.
Come dire, le “discipline” sono tutt’altro che un insieme di contenuti. Perché mai ci siamo ridotti a trattarle come tali?
Interessanti argomentazioni, come solito…, Gianni
E’ un po’ ciò che dice E.Morin:
-La testa ben fatta va al di là del sapere “parcellizzato”, al di là delle “discipline”: “contestualizzare e globalizzare le informazioni e le conoscenze”,
-Utilizzare non programmi e programmazioni ma “strategie”
“Fornire una cultura che permetta di distinguere, contestualizzare, globalizzare, affrontare i problemi multidimensionali, globali e fondamentali;
ecc….
Questi aspetti sono pure considerati, in certe “commissioni” scolastiche, o talvolta in qualche collegio… Purtroppo il più delle volte rimangono sterili discussioni teoriche!
Sembra difficile anche il solo rendere consapevoli i ragazzi che nessuna disciplina è di per sè sufficiente ed esauriente, per spiegare qualsiasi fenomeno…
Grazie per le ulteriori citazioni, Giovanna.
Non mi stupisce quanto dici dei tuoi colleghi.
Per quanto riguarda gli studenti, credo che se li metti di fronte ad una attività centrata su “problemi” piuttosto che su discipline, non faranno tante obiezioni e fatica a seguirti. Anche senza tanto argomentare sul perchè di un approccio metodologico.
Ciao Gianni 🙂
è un po’ che non ci si sente.
Son due giorni che penso a cosa fare per dare, a questo tuo post, il valore di un’analisi per il riconoscimento delle cause di errore che portano “un sistema” a “malfunzionare”.
Come credo di averti fatto notare, io sono uno di quelli, ancora in vita, che hanno un passato lavorativo nell’informatica, senza essere stato prodotto da un iter disciplinare.
Questo dovrebbe, forse, spiegare anche come sia stato possibile per me (scegliere di) non diventare un professionista.
Trovo che questo tuo post potrebbe essere “un campobase” perfetto per tentare un’escursione esplorativa: come assumere, rispetto al Web e alla Conoscenza un ruolo “da utenti” .. più o meno simile al ruolo che assumiamo quando usiamo un martello o un cacciavite.
Il problema è adottare un linguaggio che non sia sentito come espressione di una disciplina (in teoria non si dovrebbe neppure aver bisogno di parlarne .. chi mai pensa di parlare di come si usa un cacciavite? .. ma nel nostro caso c’è da recuperare una degenerazione evolutiva ..)
Come puoi sentire .. sono già in crisi .. non so come esprimermi :-((
Però mi hai dato un’idea .. Gigi Cogo mi ha invitato a scrivere sul suo Blog (Web e Conoscenza) .. ho in mente da qualche giorno un titolo .. senza trovare il coraggio di frasare un testo .. per la paura di non riuscire a motivare il titolo ..
Adesso la motivazione ce l’ho .. è qui in questo post; quindi inizierò a scrivere qualcosa su ..
Tecnologie Alleva Galline (TAG) per Orfani di Sistema (OS) ..
Se il tutto poi ti suonasse follia pura .. sarà stato il caldo 😉
A presto (spero)
Luigi
Gigi, innanzitutto un grazie per continuare ad onorarmi della tua attenzione passiva (leggi) ed attiva (commenti). Il fatto che tu abbia dovuto pensare per ben due giorni a come replicare al post mi fa ipotizzare di non essere stato tanto chiaro.
Accenni alle possibili cause di errore che hanno portato un sistema (nel nostro caso quello scolastico) a mal funzionare, cioè a mal interpretare il senso di alcuni suoi costrutti di base, nel caso, quello di “disciplina”.
Mi piacerebbe avere una tua analisi della questione, una analisi dal punto di vista di quell’”utente” cui tu fai sempre riferimento.
Per le Tecnologie Alleva Galline aspetto con ansia di leggere il tuo post che non credo sarà frutto del caldo, se non quello originato dai tuoi neuroni sempre in movimento.
Se nella seconda metà di luglio sarai nel bellunese, farò un salto a trovarti
Sei stato chiarissimo Gianni.
Ho pubblicato adesso il post.
Spero si capisca che il mio timore è quello di “farsi scappare” anche questa .. di occasioni .. per iniziare ad apprendere come risolvere un problema.
Dal 4 Luglio sarò ai confini del parco .. pronto ad accogliere visite e a far conoscere i miei nipotini 🙂