L’apprendimento in scatola, così rifacendomi a Parkin (2005) citato dalla Shank si potrebbe definire l’e-learning, almeno quegli usi didattici delle tecnologie che abbiamo conosciuto fino ad ora. Riflessione generata dalla lettura del recentissimo libro The e-Learning Handbook. Past Promises, Present Challange (qui recensito) in cui si guarda, da differenti punti di vista, al fenomeno “e-learning” per poter andare oltre a tutte le false promesse che, per leggerezza, erano state fatte nel passato per rifondare, su basi serie e consapevoli, la didattica a distanza con le tecnologie.

Illuminante il primo capitolo di Patti Shank, curatrice, assieme a Saul Carliner, del volume.

Lo riassumo citando i dati che emergono dalla sua analisi di numerosi studi su quali fattori abbiamo contribuito a deteriorare l’immagine del così detto e-learning. Ecco, quindi, una serie di argomentazioni:

  • L’e-learning soffre delle numerose iperboli che lo hanno circondato
  • Irrealistiche previsioni sulla sua crescita
  • I decisori non hanno compreso cosa fosse l’e-learning con conseguenti investimenti sbagliati
  • .. ed in preda a poco scrupolosi venditori
  • La stampa, interessata ai proventi della pubblicità, ha ripreso il fenomeno con scarso atteggiamento critico prendendo per buone le argomentazioni dei venditori evitando di esercitar un pensiero critico anche quando gli utenti si lamentavano del servizio e dell’etica dei venditori
  • Tutte le argomentazioni portate a favore dell’e-learning non sono state fondate su solida ricerca ne sono scaturire dalla pratica
  • Gli studi che evidenziavano la soddisfazione degli utenti sono altrettanto sospetti
  • Tutte le argomentazioni a favore dell’efficacia sono super esagerate e mancano di una comprensione su come le persone apprendano
  • Molte persone che parlano di e-learning non comprendono le definizioni di base ed i concetti chiave dell’e-learning
  • I venditori di applicazioni di e-learning hanno fatto leva su queste idee naife
  • Molto spesso i venditori hanno “venduto” specificità delle proprie soluzioni tecnologiche false o insignificanti
  • Cercando di attirare l’interesse dei lettori in un periodo in cui tutti erano affascinati dal boom di internet e tutti erano alla ricerca dell’autentica novità (qui da noi si parlava di killer application, ndt) la stampa non ha fratto altro che magnificare il fenomeno, pubblicando idee di dubbio valore ed articoli di dubbio spessore scientifico
  • L’assenza di pensiero critico da parte dei mass-media, la tendenza a pubblicare senza aver operato la necessaria verifica, ha provocato un grande danno
  • Quando anche qualche serio consulente faceva vedere la complessità del fenomeno ed invitava a non fare scelte non consapevoli, molti compratori vivendo con fastidio questo approccio critico
  • Una motivazione dall’adozione dell’e-learning è stata la possibilità di riduzione dei costi; ciò non si è mai dimostrato vero
  • Chi cercava il miglioramento dell’efficacia della formazione mettendo on-line i contenuti e facendo tracciare i percorsi da un LMS non ha riscontrato alcun miglioramento
  • Molti professionisti della formazione sono stati attratti da mezze e semplicistiche verità che sono si facili da digerire ma non portano a risultati soddisfacenti.

Tutte le iperboli cha hanno caratterizzato la fase di uso selvaggio delle tecnologie in ambito didattico (questa è una mia affermazione) sono trattate analiticamente nei 3 capitoli della seconda parte.

La conclusione dell’autrice è che siamo passati dalla fase delle iperboli a quella della disillusione e che siamo divenuti (tutti?, domando io) consapevoli che le promesse delle nuova tecnologie non vanno nella direzione dell’automazione di vecchi compiti: esse rendono possibile un nuovo modo di lavorare.

Sottoscrivo totalmente.

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5 pensiero su “The canned-learning”
  1. Sottoscrivo anch’io tutti i punti di Saul Carliner e Patti Shank, ma non pare proprio che . almeno da noi – ci sia poi questa grande consapevolezza di questi problemi. Anzi direi che quasi tutti continuano tarnquillamente a riproporre tutti gli errori elencati.

    Per dire: sono stato alle prese in questi giorni con un grosso “pacco” di progetti FSE per la Regione Veneto. Nel bando si parla di “FAD” e le condizioni per utilizzarla dimostrano chiaramente che chi ha scritto il bando non ha letto ne il libro di Carliner e Shank e neppure uno dei molti altri sul tema…

    MI sta anche convioncendo che una groosa parte di reponsabilità per questo stato di coe dipende dai formatori che non sembano in grado, nell’insieme, di assumere un ruolo da professionisti: accettano quelunqe cosa senza discutere (causa precarieta?) e senza proporre nulla (causa incompetenza). E’ come se un ingegnare accettase di progettare un ponte ben sapendo che crollerà al primo alito di vento oppure senza rendersi conto che lo farà.

  2. Sono d’accordo su tutte le osservazioni riportate. Io credo che le scelte che vengono fatte a monte di un progetto formativo (da chi quindi ha il potere e il denaro per farle) non tengano affatto in conto dell’efficacia formativa di tale progetto; non c’è alcun collegamento, almeno nella mia esperienza, tra coordinatori ed esperti di tecnologie, didattica, pedagogia e quant’altro. Una cosa è fare politica (ad esempio, usufruire di certi finanziamenti o fare operazioni di marketing e di facciata), un’altra migliorare l’apprendimento utilizzando la migliore proposta possibile, dato il contesto e i mezzi a disposizione. Sono pessimista a riguardo….. Tiz

  3. Quel video rappresenta, purtroppo, una realtà. Ma vedo sempre più persone consapevoli della questione. E questo mi fa ben sperare

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