Due news apparse nell’ultimo numero di Sophia hanno suscitato la mia “curiosità” già sufficiente irritata dall’afa di questi giorni.
Oggetto? Gli e-book (sostituti dei compianti LO?). La prima news titola: “E-book in classe: innovazione o falsa partenza”; la seconda: “Oltre l’e-book, un mercato in continua crescita”.
Nella prima si da notizia di un accordo tra il Ministero e l’AIE (l’associazione delle case editrici) per la promozione degli e-book e per il contenimento dei costi dei libri di testo, accordo che anche secondo gli estensori della notizia è un mezzo passo falso …
Nella seconda si recensisce un convegno AIE sull’impatto della tecnologie nel business delle case editrici, ivi compreso quello della scuola.
Ciò che accomuna queste due notizie è la connotazione di “innovazione” associata all’e-book.
Ma di quale innovazione si tratta?
Converrebbe fare un po’ di chiarezza a scanso di equivoci e di “spaccio” irresponsabile di innovazione.
Che la nostra scuola abbia bisogno di “innovazione” non c’è dubbio. La scuola ha urgente e disperato bisogno di innovazione di pensiero didattico, di innovazione delle metodologie didattiche, di innovazione nell’organizzazione del tempo e degli spazi della scuola.
La scuola non ha bisogno, per migliorare le proprie prestazioni e per rispondere alle richieste della società contemporanea di computer, di lavagne interattive, di e-book.
A leggere i giornali ed a vedere le decisioni dei nostri politici (notoriamente aquile nel guardare lontano) parrebbe, invece, che basti inondare le scuole di macchine e di contenuti digitalizzati e l’innovazione è presto fatta.
Mi rendo conto che spendere centinaia di milioni per mettere nelle scuole migliaia di computer e di LIM dia nella pubblica opinione una percezione di concretezza e di “cose fatte” ben più potente dell’aver formato qualche migliaio di insegnanti e che questa visibilità, questa “concretezza” faccia bene ai politici.
Ma non fa bene alla scuola.
La scuola, per innovarsi, non ha bisogno di e-book, come non aveva bisogno di Learning Object, come non avrà bisogno di “contenuti digitali”
Gianni,
come sempre cogli nel segno.
condivido condivido!
e tu fai bene a “martellare”….
Io continuo a dire: formazione! Obbligatoria! Con accurata scelta di corsi e formatori. Che spesso hanno deluso aspettative.
ciao,
g
Come già ti dissi, stai correndo sulla lama del rasoio. E la retorica ti tradisce, portando il senso del tuo dire oltre le parole che usi, oltre la tua intenzione. “La scuola non ha bisogno, per migliorare le proprie prestazioni e per rispondere alle richieste della società contemporanea di computer, di lavagne interattive, di e-book.”
Capisco la tua posizione sulla didattica, lo sai, ma non puoi condannare di nuovo la scuola a essere fuori dal mondo, con la scusa dei soldi buttati.
I piani di formazione per gli insegnanti ci sono sempre stati, FORTIC non era male nell’impostazione, però guarda caso gli insegnanti non capiscono un cazzo di didattica mediata, abitano fuori dal mondo (proprio come la scuola) e quindi il tuo discorso ha facile presa. L’intelligenza passa per la modernità della scuola, comprese le sue dotazioni, non abita in un facile luddismo.
Caro Giorgio, ti ringrazio per l’attenzione che riservi alle cose che scrivo (e penso). Sul tema specifico vanno tenute presenti tre cose.
1) Lo scritto in questione non è di oggi ma di 3 anni fa e 3 anni fa c’era un fervore tecnologico denso di non consapevolezza sul significato delle tecnologie, fervore solo limitatamente affievolito oggi.
2) Tu lo sai bene che io sono PRO tecnologie (vedi il mio ultimo post, quello sulle lesson learned ed in particolare la prima affermazione) ma sono CONTRO la retorica delle tecnologie, il ritenere che da sole le tecnologie bastino ad innovare la scuola attraverso il rinnovamento della didattica. La retorica delle tecnologie, le tecnologie a prescindere, le tecnologie senza un perchè ed un come hanno portato tanti, troppi, insegnanti a credere di essere “moderni”, di essere “innovativi” solo per il fatto di usare le tecnologie (quali tecnologie? diciamolo …) digitali e di internet. Questa retorica, favorita da politici che hanno cercato e cercano un’immagine positiva a buon prezzo e da commercianti senza scrupoli pur di piazzare la propria mercanzia HA FATTO SOLO DANNI. E più passa il tempo, più i danni si vedono
3) la mia affermazione “le tecnologie non servono”, scritta 3 anni fa nel post in questione e riscritta più volte anche in tempi recenti è un’affermazione che potremo definire “politica” nel senso di strumentale ad enfatizzare il concetto che ho espresso. In questo senso accetto, e condivido, il tuo giudizio di posizione retorica.
In conclusione (provvisoria) credo che il discorso delle tecnologie a scuola sia estremamente complesso e che come tale vada affrontato. Abituiamoci ad avere un pensiero complesso, plurale, pieno di sfumature e punti di vista. Semplificare la questione riducendola al “che belle le tecnologie” può funzionare solo a livello di propaganda ma così facendo non non si fa un servizio ne alla scuola ne alle tecnologie
Ti metto un like 🙂 (non mi ero accorto del 2008)