Ampio spazio è stato dedicato alla presentazione di esperienze finalizzate al recupero delle caratteristiche del 2.0 in ambienti di e-learning. Segno che il tema è, quanto meno, attuale.
Francesco Magagnino presenta un prototipo di ambiente per l’apprendimento informale.
Il suo obiettivo era il superamento del modello LMS/VLE, che sostiene modelli didattici formali ed istituzionali ed andare oltre la metafora “corso” per andare verso quella che lui chiama “Usercrazia”, o democrazia partecipata.
Il modello proposto è quello del PLE, Personal Learning Environment e per aggregare conoscenze generate in luoghi diversi del web viene usato l’applicativo PEENV che consente di creare comunità virtuali trasversali. Aspettiamo di vedere l’applicativo per capire se vi sia qualcosa di nuovo ed interessante.

Andrea De Lucia ed altri dell’Università di Salerno (prossimi organizzatori della conferenza SIEL 2009, tenere nota) parlano di e-learning con Second Life. SL viene visto da loro come ambiente per comunicazione / visione / controllo; un approccio molto “umano” – ergonomico. SL presenta, sempre secondo loro, nuove metafore di navigazione ed una interazione nel web più ricca. Viene fatto uso anche di Google Lively (Chat 3D distribuita) http://www.lively.com/html/landing.html
Pare che il fattore in cui SL influenza beneficamente l’ambiente dia apprendimento sia la sensazione di presenza. Dalla descrizione di come i principi siano stati resi in pratica, continuo a non capire che senso abbia fare tanta fatica per riproporre una lezione trasmissiva tradizionale (perché di questo si è trattato) tramite SL. Forse l’ “equivoco” nasce dal fatto che l’intera esperienza è stata condotta da ingeneri del software che, facendo quello che sanno fare (per fortuna), hanno fatto un impegnativo sviluppo informatico ma di scarsa rilevanza didattica, di scarsa incidenza sui processi di apprendimento.

Per Giuseppe Rossi e Attilio Predazzoli dell’Università di Macerata presentano un ILE, Intelligent Learning Environment, una applicazione che spazia dal web 1.0 al (futuribile) 3.0 (web semantico? tridimensionale?), vuole valorizzare il web 2.0. per fare un e-learning di qualità. La strada passa per l’integrazione tra e-l e knowledge management facendo uso dei metodi e degli strumenti dell’intelligenza artificiale per l’e-l. Lo scopo della ricerca è quello di ridurre il carico di lavoro per docenti e tutor nell’assistere le persone che interagiscono a distanza.
Interesante questa loro ricerca/sperimentazione che vuole recuperare le potenzialità dell’AI superando il modello degli Intelligent Tutor Systems considerati troppo rigidi e legati a specifici contenuti. Il nuovo applicativo, non ancora messo a punto, mancando la parte più significativa, la capacità della macchina di decodificare i significati per retroagire con feedback a valenza didattica. Viene usato OLAT 6, un LMS sviluppato dall’università di Zurigo che, per la sua architettura informatica, si presta all’integrazione con l’ILE, con un ambiente autore, videoconferenza e applicativi di web 2.0.
Viene precisato che l’applicativo, una volta messo a punto, dovrebbe liberare i tutor da attività di 1^ livello (forse risposte a domande routinarie che non implicano eccessive decodifiche semantiche) e sostenere gli studenti nei lavori di 1 livello con “suggerimenti amichevoli”.

Susanna Sancassani, METID, Politecnico di Milano, presenta un progetto in cui si integrano strumenti di web 2.0 in un laboratorio online per la formazione di sviluppatori di percorsi elearning. Come applicativo “base” si è usato un WIKI che funga da “spina dorsale” del progetto con link ad altri strumenti esterni come YouTube quando serve un video o di mapping online quando serve una rappresentazione visuale. Lo scopo è quello di aprire la didattica al mondo esterno usando per la formazione dei progettisti/formatori strumenti presenti nel “mondo esterno”.

Carlo Giovannella, Università di Tor Vergata, presenta una “vision” del futuro dell’educazione imperniata sul Learning 2.0. Quanto mai opportunamente, l’autore afferma che molto spesso una “esperienza formativa” non è una “esperienza”. I rapporti studente-docente sono poco significati se non ostili. Questo avviene perché la maggior parte delle attività formative si svolge ancora sui VLE tradizionali es. Moodle che sono chiusi, compartimentati, con scarsa attenzione all’apprendimento come pratica sociale Bisogna, per contro, creare opportunità di “interazione densa”, utilizzando i PLE (e riferendosi a concetti quali il connessionismo ed il situazionismo). Sulla base di queste considerazioni, a Tor Vergata si lavora per sviluppare quello che chiamano un “Virtual Learning Place”. I primi risultati sono visibili con LIFE, vedi LIFE http://life.mifav.uniroma2.it/

Elisa Spadavecchia, dinamica insegnante al liceo Quadri di Vicenza (www.liceoquadri.it) presenta una esperienza positiva di attività di recupero e sostegno con gli strumenti del web 2.0. Più che soddisfacenti i risultati e tra questi una significativa contaminazione dei suoi colleghi di liceo che autonomamente hanno iniziato ad utilizzare la strumentazione da lei messa a disposizione. Divertente l’approccio “metodologico” da lei utilizzato con gli allievi, il ….. “costrettivismo”, visto che con astute strategie li ha costretti a partecipare alle attività didattiche anche durante le vacanze (auto-privandosi anch’essa di parte delle sue vacanze)

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Un pensiero su “SIEL 08, tutto sul 2.0 (ed oltre)”
  1. Ringrazio Gianni Marconato per la sintesi sempre efficace, sempre frizzante e piena di spunti di riflessione tutt’altro che scontati.
    Ma in queste esposizioni di esperienze recenti, appena terminate o in itinere, perchè non si da mai misura degli attori coinvolti?
    Perchè non compare mai un numero che ci faccia capire, ci dia percezione non solo della qualità, ma dell’impatto numerico dei progetti?
    Quante persone coinvolte? Con quali risultati?

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