Parte seconda di una parte prima che non è stata scritta qui e che non ho mai scritto io. L’ha scritta Antonio Fini nel suo blog con titolo “Il mito dei nativi digitali” (sarebeb divertente che la parte terza fosse scritta da altri in altro blog …).
In buona sostanza, Antonio, conn riferimento ad autorevole letteratura internazionale, afferma:
Ho proposto alcuni estratti………………… che dimostrano come, in definitiva, questo dei nativi digitali perennemente conessi e impegnati a produrre contenuti multimediali da condividere sul web, sia più un mito che una realtà.
e conclude
Non lasciamoci allora intimorire o confondere dai nativi digitali: in realtà…non esistono!!
Molto ricco anche il dibattito svoltosi a seguito del suo post. Alcuni estratti
Emanuela Zibordi: La esagerazione nell’utilizzare il termine digital natives, adesso non ha riscontri sociologici (almeno in Italia) ma non è detto che il fenomeno si manifesti improvvisamente. A quel punto è meglio essere preparati.
Marcello: ….. l’effetto perverso che il mito dei nativi digitali rischia di avere nella scuola: ……. docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse
In quel contesto ho espresso anch’io il mio pensiero che approfondisco qui.
Da tempo mi frullava in testa l’idea che porre la questione nei termini di “nativi digitali” fosse (al di là delle mode definitorie) porre un falso problema e rappresentasse l’evitamento di quello vero e cioè la nostra difficoltà a far fronte all’allievo, a misurarsi con esso così come è. Mi spiego.
Credo che la questione non stia nell’esistenza o meno dei nativi digitali, ma nella capacità degli insegnanti di misurarsi con lo studente reale che ha davanti e non con quello ideale e stereotipato che ha in testa (e che è quello di quando lui era studente). La questione è di non vedere lo studente d’oggi in termini di differenze con quello di prima (differenze che immancabilmente portano ad essere espresse in termini di qualcosa che manca) ma in termini di cos’è.
E’ evidente che lo studente d’oggi non è quello di 10 – 15 anni fa, come quello degli anno ’70 era diverso da quello degli anni ’50 ed il problema di capire lo studente c’è sempre stato. Ci sono sempre stati insegnanti che lo hanno capito ed insegnanti che non lo hanno capito.
Cosa caratterizza, allora, lo studente d’oggi?
Non certamente il suo essere “digitale”. Si, alcuni dei giovani d’oggi hanno una maggior dimestichezza di quelli del passato con l’uso del digitale dovuto alla diffusa presenza di questi strumenti.
Ciò che secondo me caratterizza lo studente d’oggi alle prese con le questioni scolastiche (perchè è di questo che ci occupiamo qui) è la sua insofferenza per l’obbligo a fare fatica (0 studiare) per qualcosa che non ha un senso.
Non riesce a dar senso ad uno studio decontestualizzato delle discipline, ad un imparare per il mero imparare e per suparare le verifiche, al dover far fronte a sfide che sono irrilevanti nel mondo reale. E’ frustrato dal dover subire l’autorità (sempre più spesso non accompagnata da autorevolezza) dell’insegnante, per il non vedersi riconsciuto il diritto ad esprime il proprio parere, per non venir preparato a cose che percepisce essere importantti per il proprio futuro. E’ demotivato da una scuola sempre più lontana dalla società, da insegnanti sempre più spesso autoreferenziali ed arroccati nel proprio ruolo (pur riconoscendo l’esistenza di tanti insegnanti che non corrispondono con questo profilo, la maggioranza ha proprio queste caratteristiche).
Sono, questi, tutti problemi che esistono da sempre ma che ora stanno assumendo toni esasperati e drammatici. Merito, forse, anche dell’espolsione di Internet che rende facilmente accessibili le informazioni e di una accessbilità non più mediata solo dall’insegnante.
Tante cose che ascoltano in classe le leggono, le hanno già lette, le possono leggere, anche su Internet. Su certi temi sono spesso più informati dei loro insegnanti, sanno ricercare le informazioni necessarie anche senza e meglio dell’insegnante.
Per imparare le cose che intressano loro si immettono, spontaneamente, in percorsi di apprendimento auto-diretto ed imparano sempre per uno scopo. Apprendono in gruppo ed in comunità, si autostengono, si automonitorizzano. Fanno fatica e da quanto imparano traggono soddisfazione personale e riconoscimento sociale.
Tutt’altro contesto di quanto avviene a scuola.
Questa, e non il digitale, è la vera emergenza educativa. Uno studente nuovo cui la vecchia scuola non riesce a dare le risposte necessarie.
I tanti bravi insegnanti stanno solo tamponando in parte ed in fortunate enclavi scolastiche questa emergenza. Auguriamoci che non mollino e che lo sparuto gruppo si ingrossi cammin facendo.
io non voglio scrivere proprio un post, ho polemizzato amichevolmente con Antonio, perchè ritengo che non si debba dire in giro che i Digital Natives non esistono. Credo sia un atto di autolesionismo che possa comportare il ritorno al letargo della categoria dei docenti. Ciò non toglie che gli dia ragione per constatazione diretta delle incompetenze nell'uso delle TIC da parte della maggior parte degli studenti, ad eslusione dei cell.
Ottima “parte 2”. Speriamo veramente che la serie possa continuare, perché mi sembra meriti e, a quanto ho riscontrato sia a Bari, sia qui, nel mio piccolo – ovviamente ho diversi amici…insegnanti 🙂 – è un argomento che suscita vivo interesse.
Possiamo aggiungere che la “quesionte digitale” è forse un problema in più per la scuola, già “messa male”, come in poche righe l’hai ben dipinta?
Del resto negli ultimi anni a scuola si è fatto di tutto, dall’educazione alla salute, allo “stare bene a scuola”, all’educazione alimentare, al patentino del motorino…
Beh, amici, ahimé, c’è da educare anche al mondo digitale, nativi o non nativi!!!
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sarà proprio quella di porre rinnovata attenzione ai bisogni dei giovani (usando lo stratagemma del digitale per renderla più importante)? C'e da riflettere…complimenti per il tuo blog!
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
ciao gianni! condivido pienamente i contenuti del tuo articolo, soprattutto per quanto riguarda il senso/non senso del fare scuola oggi. Il problema è capire da che parte iniziare la pars construens…. Che tipo di interventi "sensati" possiamo mettere in campo? forse la speranza di chi parla di nativi digitali non sar
Grazie Gianni, per la segnalazione dell’interessante post di “Anto” (ciao Antonio Fini, grazie anche a te!).
Con cui condivido sull’esistenza “di un ampio divario digitale, dovuto alle diverse situazioni socio-economiche…”
E, infatti: c’è da educare, eccome!!
E ancora, pienamente concordo con quanto dici: il problema è saper entrare nelle menti dei ragazzi, coinvolgere, nel mio caso specifico con alunni della scuola media, educare a “pensare”, suscitare curiosità, guidare all’apertura… magari appunto, con il digitale.
E, ti assicuro, il lavoro da fare è moolto impegnativo.
– Nell’educazione al digitale non siamo ancora neppure sostenuti dalle infrastrutture telematiche, NON è vero che le tecnologie siano alla portata di tutti: ancora in Italia ci sono zone non servite dalla banda larga!
non finisco di lamentarmi…triste… depressione…
saluto caro
g
Non sono del tutto d’accordo con questa analisi (se l’ho ben capita).
Concordo sull’eccessiva lontananza della scuola dal mondo reale, ma davvero è ragionevole pensare che gli adolescenti (di oggi, di ieri e anche di domani) posseggano già, per natura, le abilità e competenze cognitive (pensiero critico, argomentazione dialogica ecc) che gli permettono di raggiungere, autonomamente o collaborativamente secondo i processi descritti, un apprendimento significativo? o, addirittura, che sappiano già cosa sia importante per il proprio futuro?
E siamo sicuri che proprio questi processi ‘spontanei’, non siano, invece, ‘il’ vero problema che la Scuola dovrebbe occuparsi di correggere?
Marcello
Ho proposto alcuni estratti………………… che dimostrano come, in definitiva, questo dei nativi digitali perennemente conessi e impegnati a produrre contenuti multimediali da condividere sul web, sia più un mito che una realtà
Se per nativi digitali si intende quanto contenuto nella frase citata, possiamo anche concludere che non esistono, ma è pur vero che i nostri adolescenti masticano tecnologia, seppure ingenuamente, sin dalla nascita e allora non si può liquidare la faccenda affermando che non esistono!
Esistono, eccome se esistono, con i loro limiti e non nel senso di essere in possesso di una competenza digitale matura, per come questa viene intesa.
Sono d’accordo con te, Gianni, circa l’analisi della distanza della scuola dalla realtà. Distanza che c’è sempre stata anche nel passato, ma che attualmente è diventata drammatica.
Sono anche d’accordo che questa è la vera emergenza, emergenza resa più complessa dal fatto che i nostri ragazzi sono digital natives privi di competenza digitale! Un casino…
Qual è quindi la loro vera identità! Questo è il punto su cui riflettere. E qui non posso non nutrire i dubbi avanzati da Marcello Molino.
@ Annarita, Marcello, Giovanna…
riassumo la questione per come io la leggo:
1. Antonio afferma che il profilo del così detto “nativo digitale” non è generalizzabile a tutti i giovani ma ad una fascia limitata e caratterizzata da specificità socio – economiche (vedi anche Giovanna)
2. esistano tutte le problematicità poste da Marcello (.. abilità e competenze cognitive …). Non credo però che i “processi spontanei” di apprendimento siano il “vero problema” della scuola. Su questo, magari, ci ritornerò
3. esiste certamente una “questione digitale” (Annarita: masticano tecnolopgie ingenuamente ..)ma ..
4. non è la “questione digitale” a caratterizzare (= essere la prevalente) la “questione educativa” dei giovani d’oggi, ma il loro atteggiamento verso la scuola e l’apprendimento. Ma, anche su questo, ritornerò.
Quindi, nessuna negazione del problema del rapporto dei giovani con le tecnologie e delle implicazioni anche formative ed educative di questo, ma l’affermazione che il “classico” profilo del nativo digitale interessa una fasca numericamente limitata dei giovani studenti e che la vera “emergenza educativa” è caratterizzata SOPRATUTTO da altro
.. sorry SOPRATTUTTO
Ho scoperto solo ora questo intrigante dibattito. Troverò il tempo per tentare di portare il mio contributo di peone che si mescola quotidianamente a duecentotrentasette studenti (per parlare solo dei MIEI), a 2 figli, e ad altre decine di ragazzi che incontro qua e là (smool, corsi pomeridiani, calcio, politica…). Per ora mi limito a dire che sono d’accordo con le tesi portanti del vostro articolo a 4 mani (parte 1 e parte 2). Almeno sull’etichetta modaiola dei nativi digitali. Comincio però a pensare che esista veramente, nel mondo della scuola almeno, una spaccatura insanabile fra due mondi, fra studenti e docenti (lasciamo stare le eccezioni dei bravi docenti che…), fra chi è cresciuto nel liceo di ieri e chi abita di sfuggita nei licei di oggi. Certo questo iato non dipende (SOLO) dall’essere o meno digitali (anche se le ore di videogioco, di zapping cybernetico, di cuffie nelle orecchie, di sms… qualche traiettoria neuronale l’avranno pur deviata!), ma dal senso. NOI diamo un senso alle cose. LORO ne danno un altro. Noi diamo un’importanza etica alla profondità, LORO non capiscono perché devono fare tanta fatica a scavare se il piacere quasi sempre aleggia in superficie. NOI amiamo l’estetica dell’originale, LORO… Come tutte le dicotomie manichee, anche questa naturalmente è sbagliata: fra analogici e digitali, fra barbari e romani, fra profi e mocciosi… ci sono tante sfumature. Ed ognuno – a seconda delle mode? – mette a fuoco questo o quell’aspetto. Ma… Insomma: non amo particolarmente Baricco, ma credo che nel suo viaggio fra i “Barbari” ci siano intuizioni utili. Alcune illuminanti. (scusate la sbrodolata dovuta alla fretta… ma pur avendo solo pochi minuti non riuscivo a non tentare di essre uno del dibattito!)
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è già chi approfitta di questo senso di inadeguatezza degli insegnanti e ne fa mercato.
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ho letto tutto un po' in fretta, e ci tornerò con più calma. Sono d'accordo con Emanuela sul rischio di letargia dei docenti, ma nello stesso tempo, cito: "docenti che, presi quasi da timore reverenziale nei confronti della presunta competenza e onniscienza digitale dei ragazzi, li rincorrono e assecondano nel loro uso smodato e cognitivamente insignificante delle tecnologie più diverse" questo mi pare un rischio altrettanto grande e non il solo: c'è gi
Ciao Gianni, onestamente tutto questo parlare di nativi o no nativi, migranti o stanziali mi sta venendo s noia…;-)
Io so solo che lavoro con bambini da 25 anni, e il mio modo di impostare le lezioni è cambiato perchè ho acquisito nuove competenze, perchè perseguo una formazione e un aggiornamento costante, perchè ho scoperto che con la collaborazione e la cooperazione si fatica di meno, si impara e ci si diverte di più. Tutto questo l’ho imparato sul campo e soprattutto in rete, tessendo relazioni, leggendo, studiando. E’ ovvio che se personalmente ho provato il valore delle tic per il mio apprendimento, voglio che anche i miei allievi ne conoscano i vantaggi fin da piccoli.
Hai seguito il nostro progetto? Ne tengo traccia anche in
http://knol.google.com/k/paola-limone/un-computer-per-ogni-studente/dq6gp1q9gjfz/2#
Un buon modo per mettere finalmente “le mani in pasta”, dopo tante teorie e disquisizioni faccio come il famoso San Tommaso: ci ficco il naso!
Caro Gianni, condivido in linea di massima il tuo post e quello di Antonio Fini.
Della LIM ne parlerò a parte. Utilizzo una LIM da 2 mesi in una classe del terzo liceo scientifico.
E non mancano spunti molto positivi.
Ora non mi dilungo troppo su questo, ma ti dico che ho pubblicato una terza puntata sul mio blog. E continuerò a parlarne nelle prossime settimane.
http://liberidallaforma.blogspot.com/2009/04/i-nativi-digitali-esistono-ma-ce-chi-e.html
un caro saluto e a presto
Antonio
p.s. continua sempre così! abbiamo tutti bisogno di riflessioni di questo tipo.
@ Paola Limone, mi sono appena “aggiornato” sul tuo lavoro e ti ho lasciato un commento. Riprenderò il tema perchè la prospettiva dell’approccio alle tecnologie nelle didattica, anche da voi – come pochi altri – adottata è l’unica strada possibile
@ Antonio Saccoccio, come avrai già visto ho rilanciato il tuo lavoro – parte terza – su Facebook
Grazie Gianni del commento che hai lasciato sul knol. Buon lavoro!
grazie Gianni! fammi sapere che ne pensi appena puoi! ciao!
[…] Gianni Marconato con I nativi digitali non esistono – parte seconda […]
[…] Gianni Marconato con I nativi digitali non esistono – parte seconda […]
[…] Marconato e riapprodare sui blog, su “Apprendere” per primo, sempre di Marconato (qui e qui), e poi altri, ad esempio su “tecnologie per crescere” del disincantato (e […]
[…] non direi ma “nativo digitale” (virgolettato per i noti motivi) di sicuro si. Antonio, di sicuro uno che vive il proprio tempo e del proprio tempo usa tutte le […]
Don’t figure that if you spend extra cash on
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