Ogni tanto anche un vecchio post può ri-generare riflessioni ed approfondimenti. Il pretesto era lo SCORM, il suo senso anche alla luce dell’apprendimento, il rapporto costi-benefici.
Io, con il mio abituale spirito ecumenico, sostenevo che lo SCORM non serve a nulla, che non ci aiuta per nulla nella determinazione di cosa una persona abbia appreso, che è solo un costo aggiuntivo (nello sviluppo del già inutile – per me – Learning Object).
Più specificamente sostenevo che la tracciatura resa possibile dallo scormizzare un LO non dava alcuna informazione utile a determinare se e cosa una persona avesse appreso.
Ovviamente, dietro queste mie idee ci stava e ci sta tutta una idea di cosa sia l’apprendimento e su cosa sia sensato fare per sperare che si verifichi.
Quel post aveva generato già allora una serie di commenti da parte di Antonio Fini e Gigi Cogo, commenti rimbalzati anche su Facebook.
Massimiliano Ferrari ha rispolverato quel vecchio post di inzio febbraio sostenedo la validità didattica dell scorm e della tracciature; controargomenta Lorenz Toniolo vicino alle mie posizioni (tanto per farla breve). Ferrari ha anche scritto sul suo blog con il gustoso titolo di Blog Wars
In quel post ho commentato anch’io sostenedo che la tracciatura ha lo stesso senso della “presenza” di uno studente in aula: il fatto che una persona sia presente in aula vuol dire solo che è lì dentro e non in altro luogo, che sta 5 ore seduto su una sedia e che, per ben che vada, “ascolta” chi sta parlando; spesso lo sta solo guardando con l’aria intontita. La presenza in aula non ci dice nulla di cosa la persona abbia imparato (andrebbe chiarito cosa significhi “imparare”).
Idem per la tracciatura. Anzi, qui l’imbroglio è ancora più facile ed agevole. Si può cliccare mangiando un panino o guardando la TV, si può fare cliccare ad una persona compiacente ….
Si dirà, che ci sono sempre i test di valutazione.
Ma cosa misurano i classici test a risposta multipla, a drag-and-drop, a completamento?
Molto poco. Se non una qualche forma di memorizzazione.
Si dovrebbe, quindi, misurarsi sull’idea che abbiamo tutti dell’apprendimento (che non coincide con l’insegnamento anche perché all’insegnamento non consegue necessariamente l’apprendimento).
Si dovrebbe, anche, esplicitare le ragioni per cui facciamo formazione: formiamo per la memorizzazione e la ripetizione (in tanta scuola si fa esattamente così)?
Io preferirei formare per la comprensione, per l’ “apprendimento autentico”.
Non mi interessa sapere, soprattutto nella formazione degli adulti, cosa una persona ha imparato al termine di un corso ma cosa, una volta tornata al lavoro, saprà fare con le cose che imparato.
Si potrebbe introdurre anche il concetto di “valutazione autentica”, ma il discorso si farebbe lungo. Magari riprendo al cosa in un nuovo post.
Ciao Gianni, solo una precisazione: guarda che anche secondo me la tracciatura dice poco. Dice che tizio ha fatto tutto il corso, che lo ha completato, che ha risposto a tutte le domande facendo il punteggio tale, che ci ha messo 4 ore, che ha fruito del corso in 12 sessioni diverse…eccetera. Cosa ci dice questo dell’apprendimento? Essendo dati quantitativi, ci dice poco. Si suppone però che – se il corso era fatto bene – qualcosa lo avrà imparato.
Questi aspetti, in un’azienda che deve monitorare magari migliaia di dipendenti, sono un valore. Forse meramente quantitativo, ma lo sono. Del resto, se quelle stesse persone facessero aula non sono mica sicuro che avremmo in mano un feedback molto più accurato….
Rispetto al discorso di “cosa si sa fare con le cose che si è imparato” francamente sfondi una porta aperta con me e anche con tanti miei colleghi. Ma come dici giustamente il discorso è lungo…
Max, da quello che anche tu dici, il vero problema sarebbe cosa apettarsi dalla formazione. Cosa si aspetti chi paga, cosa si aspetti chi partecipa. In tanti di formazione fatta e vista ho la sensazione ci si aspetti davvero poco. Abituati da tanta scuola e da tanta formazione con poco valore aggiunto, tutto fa brodo.
Non saprei spiegarmi altrimenti la poca voglia che ha tanta gente di partecipare alla formazione e la richiesta che chi partecipa fa di “fare poca fatica”, di “sbrigarsi”. Cerco un vecchio post (con testimonianze e riferimenti) sulla questione e linko
Ecco i due riferimenti citati nella mia replica precedente
Qui http://oltreelearning.blogspot.com/2009/01/nel-posto-sbagliato.html cito una conversazione con un collega che mi parlava di come alle aziende interessi poco l’impatto della formazione che pur pagano.
Qui http://oltreelearning.blogspot.com/2008/05/cosa-meglio-dei-lo-rappresenta-la.html parlo di una esperienza vissuta nel corso di un workshop dove una partecipante mi parlava delle richieste che, lei responsabili di una unità formativa di un ente poubblico, riceveva per fare formazione “semplice”, “facile” e che richieda poco tempo …. altrimenti la gente no n sarebbe andata ai corsi