emergenzaeducatica4Ricco ed interessante il dibattito qui, sul blog di Antonio Fini e, di recente, anche su quello di Rivoltella,  sui così detti “nativi digitali”. Sviluppo ora il mio pensiero, nel frattempo arricchitosi grazie anche alle conversazioni che si sono avute nei luoghi citati.
Nativi Digitali è una espressione ad effetto che se poteva avere un senso (solo evocativo) quando era stata creata (Marc Prensky, 2001) é, oggi, del tutto inadeguata ed insufficiente a descrivere e spiegare la questione dei giovani d’oggi anche e soprattutto in ambito scolastico.
Insufficiente ed inadeguata perché il fenomeno, se così lo vogliamo chiamare, va ben oltre quella che potremo chiamare la “questione digitale”. Certo, una “questione digitale” esiste. Esiste, ad esempio, per la capacità di gestire tutta l’enorme massa di informazioni cui si ha accesso, per il saper essere cittadini” a pieno titolo in questa società, per saper e poter accedere e saper usare agli strumenti di espressione del pensiero, per essere consapevoli delle implicazioni anche penali di certe condotte digitali . Lo è, anche e non ultima, per le mediamente maggiori abilità digitali degli studenti sui loro insegnanti.
Ma la “questione digitale non é, a mio avviso, quella caratterizza il problematico rapporto tra gli studenti “digitali” e la scuola ed i suoi insegnanti.
Quello che a me pare caratterizzare la questione é l’atteggiamento e le aspettative dei giovani verso gli insegnanti e la scuola.
Verso gli insegnanti: a me pare sia salto il principio di autorità, la credibilità basata  sul seemplice ruolo. L’autorità non funziona più (anche qui con le dovute sfumature); un insegnante non viene “ascoltato” perché è l’insegnante con tutta la sua aura di autorevolezza data dall’autorità formale. Per i giovani d’oggi, per essere autorevoli bisogna esserlo … in proprio senza il paracadute protettivo del ruolo formale. E tanti insegnanti  autorevolilo sono davvero ma,  come detto,  “in proprio” e tali sono ritenuti anche dagli studenti. Per gli insegnanti che sono ancora ancorati al “valore” tradizionale dell’autorità e vivono sotto la protezione del ruolo-scudo, la vita è più dura (non si sentono in sintonia con gli studenti, rifiutati, vivono lo studente come una controparte, fanno fatica ad insegnare e sono, spesso, sulla soglia del disagio mentale) e rendono la vita più dura ai loro studenti (gli studenti, comunque, si adeguano dato che l’arma del voto è pur sempre nelle mani dell’insegnante) studenti che “.. non capisco ma mi adeguo” giusto per sopravvivere. Ed imparano quanto basta per prendere un voto sufficiente e “fregare” l’insegnante (sei contento? Visto che so ripetere quanto vuoi ….).
Mutato anche l’atteggiamento verso la scuola: i giovani d’oggi non sono tanto disponibili ad imparare per il solo fine dell’imparare. Vogliono dare un senso alla fatica che fanno per imparare e vogliono imparare per poter fare qualcosa con quanto hanno imparato. Sempre più spesso si domandano (e ci domandano) “a cosa serve questa cosa? Sempre più spesso i giovani imparano al di fuori del contesto scolastico (non si dedicano solo al gioco, terminata la scuola). Imparano tante cose, a cominciare dall’uso di strumenti ed applicativi informatici. Usano funzioni evolute dei diversi applicativi disponibili, sanno programmare, sanno svolgere operazioni complesse come craccare password e chiavi di abilitazione, sanno aggirare barriere informatiche; usano Bit-Torrent a menadito senza che nessun adulto glielo abbia insegnato . Fanno sforzi notevoli per venire a capo di problemi che si sono posti da soli, sono perseveranti, tenaci, sanno chiedere e trovare aiuto. Sanno dare valore all’imparare ma ad un imparare finalizzato. Con queste esperienze di apprendimento autentico, mal sopportano l’apprendimento scolastico. Non c’è da stupirsi.
Ecco, queste, in sintesi sono le dimensioni che, in base alla mia esperienza, caratterizzano la “questione educativa” che i giovani d’oggi ci pongono.
Forse, devo rifletterci maggiormente, in tutto questo un qualche ruolo lo può avere anche la società digitale.

Sulla questione dell’autorità e della disciplina rimando per un approfondimento, ad un recente post di Pier Cesare Rivoltella in cui fa una citazione (in grassetto corsivo, mio) e ci ricorda che ….

“Eh già! Non c’è da stupirsi. I ragazzi d’oggi fanno tutto quello che vogliono. Non c’è più autorità né rispetto. Quando eravamo giovani noi, nessuno osava replicare agli ordini del padre…”.

Sembra si descriva la situazione di oggi. Invece è Freinet (1978; 34), il maestro Celestine Freinet, che scrive, nel 1959. Teniamolo presente, prima di caricare l’oggi di eccessive preoccupazioni: stiamo parlando di problemi che non rappresentano delle variabili, ma delle costanti, in educazione. Servirà ad affrontarli con maggiore serenità.

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