Leggo in treno, nel mio peregrinare tra mondi e culture diverse, tra Verona (l’università, l’elite) e Trento (gli apprendisti, gli ultimi), dell’ultimo libretto della Mastrocola “Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare” in cui, tra l’altro, si tratta di professori che non hanno il dono di insegnare.

Leggo del libro attraverso il racconto di Pietro Citati (http://www.repubblica.it/scuola/2011/02/09/news/studio_inutile-12235340/index.html?ref=search) e le sintesi redazionali. Non ho ancora letto il libro per cui le mie reazioni sono, appunto, reazioni a quel che leggo  e che butto giù a mo’ di appunti, di riflessioni a caldo, per non perdere l’immediatezza della riflessione, pronto a tornarci su, e a rivedere il mio pensiero, non appena letto il libro.

Le tesi sostenute dal libro (a cura della redazione di Repubblica, suppongo) sono:

  • Essere, non fare. Non si va a scuola per fare qualcosa ma per essere qualcuno, affermare un’identità. E s’inizia dagli abiti
  • Senza doveri. L’allievo di una volta accettava l’idea di dover studiare,  non solo piaceri, dunque. Ora non è più così
  • Nessuna vergogna. Gli studenti di oggi non provano vergogna. A loro non importa che qualcuno li giudichi: è inessenziale
  • Troppo benessere. L’Italia è troppo progredita per avere ancora la scuola fatta per chi non ha  niente e crede di poter migliorare.

Dall’articolo di Piero Citati non capisco quale significato la M. dia a quelle affermazioni e se servano a condannare gli studenti (e i professori) o se siano delle constatazioni, dei punti di partenza su cui innestare delle proposte, intelligenti se possibile.

Da quel che ho letto nel passato, sempre con poco piacere, della M. propenderei per la prima delle due ipotesi (prima di procedere dichiaro il mio punto di vista: l’autrice manifesta sempre posizioni passatiste, nostalgiche, revisioniste, reazionarie, vive nel passato o, meglio, nel mito del passato …).

Le quattro “tesi” più che tesi originarie sono dei dati di fatto che descrivono (in termini negativi, di condanna) abbastanza bene la realtà scolastica anche se non tutta quella realtà.

Il grave errore che imputo della Mastracola sta nel attribuire queste “colpe” agli studenti e alla scuola come se il ragazzo e la ragazza che vengono a scuola fossero solo studenti, come se la scuola agisse in isolamento dal mondo, come se i ragazzi fossero quel che sono in quanto studenti e per loro cattiva volontà.

I modelli cui questi ragazzi si conformano (e si inizia dagli abiti) non sono forse stati indotti dalla società, dalla cultura (televisiva, dell’apparire)  che li circonda? Questa cultura, questi modelli non sono, forse, stati costruiti da noi adulti? Da adulti che hanno il potere, il controllo dei mezzi di comunicazione, dell’economia? Chi ha costruito quei valori, quelle pratiche? Non certo i ragazzi che, a ben vedere, sono le vittime, non i carnefici. Non accusiamo, quindi, i ragazzi .. essere e non fare. Anche se, a ben guardare, il fatto che a scuola ci si stia anche per affermare (e costruire, dico io) un’identità è una buona cosa ed è da auspicare che la scuola e gli insegnanti diano una mano a farlo. Dire, poi, che la costruzione dell’identità inizia dall’abito, mi pare denoti limitate capacità di comprensione dei fatti.

Senza doveri e nessuna vergogna. Anche qui o banalità o il non aver capito che il mondo, e con esso i ragazzi, è cambiato. Da un pezzo. A che vale ricordare che non ci sono più i ragazzi di una volta? Ammesso che mai siano esistiti. Si, non ci sono più i ragazzi di una volta e meno male! Già noi sessantottini non tolleravamo l’autorità per l’autorità, l’ubbedienza per l’ubbedienza. Già noi 40 anni fa volevamo capire, non ubbidire. Cercavamo autorevolezza non autorità. Cosa c’è di strano che i  nostri figli, che si spera siano migliori di noi, abbiano nel DNA questa cultura? Prendiamo atto di questi cambiamenti e smettiamola di guardare con nostalgia al passato. Viviamo il presente e misuriamoci con le persone così come sono non come vorremmo fossero.

Se, poi, i ragazzi hanno poca voglia di studiare (manco noi 40 anni fa l’avevamo), se non vedono la scuola come rilevante per il loro futuro, di chi è la colpa? Quale futuro promettiamo loro? Quale futuro costruiamo per loro? Quali valori vincenti promuoviamo? Non è che la nostra classe dirigente stia offrendo modelli edificanti mentre sta inquinando con quei “valori” e con quei “modelli” anche la gente comune.

Troppo benessere …. troppo progresso. Non ho capito: la signora vorrebbe che andassimo ancora tutti con le toppe sul culo e mangiassimo pane e cipolla per dare maggior valore alla scuola? Quando mai il benessere, il progresso è “troppo”? Questa non è una posizione reazionaria, è demenziale! Certo che oggi stiamo tutti un po’ meglio ma la scuola ha ancora, o dovrebbe avere,  lo scopo di aiutare le persone a migliorare il proprio status sociale, culturale, economico.  O la signora vorrebbe che solo chi ha già continui ad avere sempre di più? Anche oggi, con il troppo benessere, con il troppo progresso ci sono tante, tantissime persone che hanno poco o nulla, neppure la speranza di un riscatto. E la scuola, a questi, non dà proprio nulla. O,forse, la scrittrice auspica che la scuola dia una mano a cementare le differenze, ad approfondire il solco tra chi ha (ed avrà sempre più) e chi non ha (ed avrà sempre meno)? Che la scuola sia sempre più la rappresentazione della divisione in classi che è già presente nella società? Che la scuola sia al servizio del progetto di divisione verticale della nostra società? Con la scusa del “merito” e della “competitività”.

E per fortuna che la nostra non parla di meritocrazia, perché in questo contesto parlare di meritocrazia sarebbe  un ulteriore presa per i fondelli (leggetevi lo struggente articolo di Mario Lodoli sulla stessa pagina http://www.repubblica.it/scuola/2011/02/09/news/lotta_banchi-12236180/index.html?ref=search) .

Mi piacerebbe sapere la Mastrocola, che mi pare sia un’insegnante, cosa faccia di suo, nella sua quotidianità didattica per migliorare le condizioni in cui apprendono gli studenti che le sono stati affidati. O è troppo impegnata a scrivere libri sulla scuola o, meglio, contro la scuola? Mi piacerebbe che nel suo prossimo libero raccontasse della propria didattica, dei metodi che usa, di come interagisce con i suoi colleghi. Mi piacerebbe che raccontasse i successi dei suoi studenti…….

Riprendo in chiusura quanto ho già scritto in apertura. Questa nota è un appunto sui pensieri che mi sono stati attivati dalla lettura della presentazione del libro da parte di Piero Citati senza aver letto il libro (in libreria oggi ancora non si trova; forse domani). Spero che alla lettura completa, il libro sia qualcosa di meglio di quanto la presentazione non dia ad intendere, che il Mastrocola-pensiero sulla scuola sia meno banale, meno retrivo, meno nostalgico di quanto non appaia dalla sua pur autorevole presentazione.

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19 pensiero su “Tolga lei, signora, il disturbo”
  1. Leggo con grande gusto, autentica goduria e condivido a prescindere. Dico subito che non leggerò Mastrocola; l’ho già fatto una volta e credo di averne abbastanza.
    Sono andata a ripescare un mio commento vs codesta signora e mi permetto di usufruire di questo spazio per citarlo, solo per rafforzare la convinzione che chi insiste a scrivere di scuola e ragazzi (ma di dovrebbe dire di ragazzi e di scuola :-)) ) dovrebbe certo mostrare di possedere mezzi e sensibilità adeguati, nonché competenza: ma in mancanza di quanto sopra, almeno un po’ di buon gusto.
    il link che chiedo di ospitare riguarda un attacco di Mastrocola contro i docenti (ma vaà?!?) e contro i docenti precari (che insomma, non ne avrebbero proprio bisogno)
    http://www.step1.it/tribu_di_zammu.php?sez=post&id=29356
    Nel suo intervento madame Mastrocola diceva che “Oggi invece – che buffo! – si assiste a una sorta di inversione generazionale: oggi che le famiglie sono disposte a tollerare dei figli disoccupati, i figli si battono per avere il posto fisso subito. Ieri che invece si chiedeva ai figli di lavorare, i figli sognavano di non sistemarsi mai! Paradossi dei tempi…” (ma consiglio di leggerlo tutto, certe cose è bene annotarsele a buona memoria)
    Io le ho risposto con varie argomentazioni dalle quali cito solo una frase
    “In questo modo prende sempre più piede la falsificazione della condizione giovanile. E’ necessario replicare molto seriamente. Oggi non sono cambiati solo i giovani, ma è cambiato il mondo, l’economia e la politica.Sono cambiati i sindacati. Nessuno si sarebbe permesso, allora, di licenziare decine di migliaia di persone senza trattare e tantomeno avrebbe potuto impunemente dequalificare categorie come quelle dei docenti (ad esempio). Se Mastrocola vive in un suo mondo di favole: buon per lei, ma eviti di stigmatizzare il mondo del lavoro.”

    Gianni io credo di poter dire che la mia reazione, allora, sia stata nella sostanza simile a quella tua odierna che oltre tutto offre precise riflessioni e una contestazione di fondo che condivido.
    La Mastrocola usa la scuola per pubblicare i suoi libri: non voglio appesantire la situazione rilevando come l’editoria non ci fa una gran bella figura, ma tant’è…
    Noi continueremo a raccontarla in altro modo, la scuola val bene una mission….

  2. Mariaserena, gustosissimo il tuo commento qui sopra come quello che hai linkato. Sai che ti dico: mi scopro sempre più intollerante, soprattutto con chi fa il furbo, con chi pontifica e sentenzia e non fa nulla per cambiare le cose. Con chi fa della scuola una questione di business editoriale, con chi è pagato per fare buona scuola e magari passa il suo tempo a scrivere libri sulla scuola. Libri inutili, di una banalità unica. Non vorrei che questo libretto fosse l’ennesimo credito che andrà a riscuotere a Trastevere. Che pena! Ma perchè perdo tempo con ‘sta gente?

  3. @Gianni secondo me, è di quella tipologia di insegnanti che insegna anche bene, ma il problema è che non basta più per fare l'insegnante; oggi (ormai da un bel po' di tempo però) fare bene l'insegnante vuol dire avere un'idea, una progettualità di scuola, credibile, praticabile e inserita nel contesto, ed essere in grado di gestirla al meglio, facendo le riunioni odiate dalla nostra M., scrivendo i progetti odiati dalla nostra M., sapendo gestire relazioni e rapporti con i colleghi, con i genitori, con gli alunni, col territorio; chi pensa che fare scuola significhi solo stare dignitosamente in classe è votato alla sconfitta…. come la nostra M.

  4. L'articolo di Citati è una "soletta" pubblicitaria abbastanza spudorata, come è in uso tra frequentatori degli stessi salotti. Quanto a Mastrocola -come ho già pubblicamente detto e scritto più volte- ha mollato mio figlio in quinta liceo per raccontare la scuola al suo cane…

  5. Ho l’impressione che abbiate letto poco della Mastrocola perchè sulla scuola come specchio della società nel bene -e purtoppo nel male- ha impostato diversi suoi libri.
    Quello che lei sostiene e ha sempre sostenuto (La scuola raccontata al mio cane) è che la scuola dovrebbe avere il coraggio di opporsi e portare avanti un discorso diverso, avere il coraggio di essere se stessa e non assomigliare a nessun altro in modo da stimolare nei ragazzi capacità critiche proprio nei confronti dello schiacciante conformismo consumista che circonda adulti e ragazzi.Per ragioni di brevità non cito testualmente.
    P.s
    i libri prima si leggono, dopo si giudicano. Poi sarebbe bello, forse utopico, dare giudizi sulle tesi, non sulla persone e adombrare sospetti offensivi come è stato fatto qui.
    Ok, la prof scrive cose che non vi convincono ma darle della venduta mi sembra eccessivo.

  6. @Jennifer: Chi, compresa Mastrocola, è così autorevole ed accreditato da pretendere che si legga tutto quello che ha scritto?
    Sull’esegesi dell’opera omnia di Mastrocola mi chiamo tranquillamente fuori, ma allo modo rivendico a me stessa una esperienza più lunga di quella della scrittrice nonchè pratica educativa ed idee portatrici di un quoziente innovativo poco esibito ma sicuramente di sostanza.
    Dunque discutiamo, com’ella ricorda di Mastrocola, se “la scuola dovrebbe avere il coraggio di opporsi e portare avanti un discorso diverso, avere il coraggio di essere se stessa e non assomigliare a nessun altro in modo da stimolare nei ragazzi capacità critiche proprio nei confronti dello schiacciante conformismo consumista che circonda adulti e ragazzi”?
    Beh, sono costretta a informarla che siamo molto più avanti di questo bel discorso. G.Marconato risponderà (se crede) per suo conto; lei, Jennifer, potrebbe consultare, nel frattempo almeno la bibliografia dell’autore del post.
    Concludo cordialmente salutandola ed invitandol, per parte mia, a ad aprire il link che ho citato… altro che non conformismo…

    Informiamoci tutti.

  7. @ Jennifer, rivendico il mio diritto di non leggere cose che non trovo per nulla stimolanti e che non mi fanno avanzare di un millimetro la mia comprensione e il mio pensiero. Quel poco che ho letto dell’autrice citata mi è bastato per capire quanto sia terra-terra, banale, ovvio, scontato … il suo pensiero sulla scuola. Anche solo riferendomi alla citazione (immaginando che si citino punte di eccellenza) da lei fatta trovo pieno conforto al mio pensiero. Opporsi a cosa? Portare avAnti quale discorso? Ma perchè invece di esortare altri a opporsi, a portare avanti discorsi … non si oppone lei (in modo intelligente) e non fa lei discorsi intelligenti? Che non sono certamente quelli che sono presenti nei suoi libri che mi sembrano tanto da Novella 2000 a scuola!

  8. caro Gianni, stessi pensieri…leggo sempre con un certo fastidio la Mastrocola che mi sembra presa dal liceoannoiatobene…ho letto anch'io l'articolo di Citati e di Lodoli insieme … non so se come te avrò voglia di leggere il libro, sono invece intimamente coinvolta dal discorso di Lodoli… anch'io ho letto in treno gli articoli mentre tornavo dalle riflessioni sulle tecnologie in classe per l'apprendimento, sul divario di accesso, di background che allarga le forbici e le disuguaglianze… penso al caro e vecchio don Milani che si ACCONTENTAVA, anzi no, si batteva perchè tutti avessero la possibilità di leggere il giornale!

  9. nn conosco il signor Gianni ma da quello che leggo qui mi piace proprio. vado in bestia quando sento parlare male dei ragazzi.Essi sono dei meravigliosi impiastri che dobbiamo aiutare a diventare delle meravigliose persone. Semmai dovremmo riflettere sul fatto che chi è venuto immediatamente prima di noi nn sempre è riuscito a fare un gran lavoro….

  10. caro Gianni, stessi pensieri…legg​o sempre con un certo fastidio la Mastrocola che mi sembra presa dal liceoannoiatobe​ne…ho letto anch'io l'articolo di Citati e di Lodoli insieme … non so se come te avrò voglia di leggere il libro, sono invece intimamente coinvolta dal discorso di Lodoli… anch'io ho letto in treno gli articoli mentre tornavo dalle riflessioni sulle tecnologie in classe per l'apprendimento​, sul divario di accesso, di background che allarga le forbici e le disuguaglianze.​.. penso al caro e vecchio don Milani che si ACCONTENTAVA, anzi no, si batteva perchè tutti avessero la possibilità di leggere il giornale!

  11. Qualche anno fa preparai un saggio breve sulla scuola e sulla condizione degli studenti. Tra i documenti scelti c’era anche un passo de “La scuola raccontata al mio cane” (uno dei libri meno “istruttivi” che abbia mai letto, sia detto per inciso). Dopo aver letto la giaculatoria della professoressa sui bei tempi andati, una timida ragazzina di 15 anni si avvicinò alla cattedra e mi disse: “Prof, ma questa perché non cambia mestiere?”. Ecco, pur nella sua cruda durezza, in quel suo giudizio impietoso quella ragazza aveva intuito molto; aveva intuito, precisamente, quello che Dewey argomentava in un passo di “Democrazia e Educazione”: ad un’eccessiva teorizzazione sulla scuola corrisponde una mancata prassi. E oggi, se mi ritrovassi di nuovo di fronte a quella mia studentessa,potrei rispondere: perché la Mastrocola non cambia mestiere? Ma l’ha già fatto! scrive libri sulla scuola!

  12. @ Eros, grande testimonianza!Persino le persone più spontenee, senza retro-pensiero ideologico vanno dritte dritte alla questione: l’inutile pensiero di quella signora!

  13. Una narrazione, quella di Eros Grossi, che ha l’ottimo sapore&profumo della voce vera e spontanea (infatti) di una testimone al di sopra di ogni sospetto.

  14. Sono sempre più convinta che il titolo del post di Gianni Marconato sia azzeccato; qualunque riferimento (fatto peraltro alla leggera) all’esperienza di don Milani dovrebbe essere storicizzato.
    Il link da Famiglia Cristiana è assai utile ad avere altre informazioni e penso che CG abbia avuto una buona idea a inserirlo.
    In realtà chi ha vissuto davvero quegli anni sa bene che le relazioni causa-effetto (Don Milani-scuola che promuove) sono solo balle da quattro soldi.

    Intanto ci sarebbe da dimostrare che davvero oggi i ragazzi sono ignoranti visto che la prova sarebbe la singolare motivazione che le loro competenze non collimano con l’idea di sapere che si aveva negli anni cinquanta. (!!)
    A latere sfido chiunque a dimostrare che oggi i docenti abbiano un lavoro semplificato rispetto ad allora: e ci sarebbe da ridere.

    In secondo luogo l’Italia degli anni cinquanta poteva far riferimento a una robusta tradizione famigliare che spediva a scuola i figli senza se e senza ma sulla maestra, e la scuola non aveva bisogno di difendersi né dalle famiglie, né dagli opinionisti mediatici, né da un presidente del Consiglio, che invece di tutelare e motivare al lavoro i docenti dipendenti dello Stato che lui dovrebbe rappresentare, ne fa pubbliche polpette per ingraziarsi possibili alleati integralisti.

    In terzo luogo sessanta anni fa (60!!!) c’era un programma rigido come una graticola e si bocciava o promuoveva, fin dalla prima elementare, alla faccia di ogni considerazione non strettamente contenutistica.

    Infine (ci sarebbero tante altre cose da dire, ma vi risparmio il romanzo) chi è passato tra le mani di quelle affettuose strutture scolastiche ha imparato presto a difendersene, a tirare avanti sperando nelle vacanze, a respingere l’autoritarismo fine a se stesso. Unico grande vantaggio: amore per la libertà, e non è poco. Quella scuola era erede del ventennio….

    Adesso si vuole ripensare a quel passato come all’età dell’oro scolastico, e la cosa è grottesca. Ma concludo con una sola considerazione (che mi sta a cuore): se invece che in una benestante realtà della provincia torinese (Chieri)http://it.wikipedia.org/wiki/Chieri Mastrocola si fosse sporcata i guantini insegnando nelle scuole della realtà multiculturale della frontiera urbana, suburbana e circostante forse, dico forse, si sarebbe confrontata con la vita e l’ascolterei con maggiore pazienza.
    Mi dispiace essere poco gentile, ma questa signora e tutti coloro che parlano di scuola con tanto snobismo nostalgico dovrebbero conoscere davvero l’attuale realtà giovanile, nei suoi “difetti” ma anche nella sua emozionante realtà. E lavorare invece di scrivere l’oroscopo del passato.

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