Denso di contenuti il Barcamp Scuola che si è svolto, grazie alla lungimiranza di Tommaso Minerva ed alla collaborazione di tanti colleghi, nel corso del congresso SIeL a Reggio Emilia lo scorso 15 settembre.
Diffonderò un breve report sui temi trattati dopo un giro di mail tra alcune delle persone lì presenti, ma anticipo una “conclusione” strettamente personale, una consapevolezza che si è andata ad arricchire e ad affinare grazie all’importante confronto di Reggio Emilia.
Se dovessi identificare una sola tematica emersa dagli interventi e dal dibattito, questa è la centralità del rinnovamento (urgente) delle pratiche didattiche collocandovi in questo anche l’utilizzo delle tecnologie. Al di fuori di questa prospettiva, ogni altro discorso sulle “tecnologie didattiche” risulta essere autoreferenziale, debole, fuorviante.
Le resistenza, nella scuola, non sono alle tecnologie, ma al rinnovamento delle pratiche didattiche.
La natura conservatrice della nostra scuola non è segnalata dalla non accoglienza delle tecnologie, ma dalla difficoltà di attivare innovazione pedagogica e didattica.
Ciò che manca, o è carente, nella scuola non è la tecnologia, ma un nuovo pensiero didattico, l’avvertenza della necessità di cambiare, il coraggio del cambiamento.
Ecco perché sono sempre più convinto che sia del tutto inadeguato, al fine della modernizzazione della scuola attraverso le tecnologie, qualsiasi approccio che metta in primo piano le tecnologie stesse.
La presenza, anche massiccia, delle tecnologie a scuola è una condizione necessaria ma non sufficiente. Largamente insufficiente.
Sì, ma intanto mettiamole queste nuove tech in classe, crysto. Lo sai bene come la penso.
Ci sono vecchi linguaggi e vecchie grammatiche che vanno infranti, vecchie forme (dalla semantica dello spazio di un’aula scolastica, ai flussi di comunicazione, al funzionamento di una didattica oltre il frontale, all’apertura al mondo) che vanno rinnovate.
Arriva un avanguardista, un Godard, un pittore impressionista, qualcuno che rompe i vecchi linguaggi: magari la sua opera non vale poi molto sul piano dei contenuti espressi, ma permette a altri di vedere nuovi modi di esprimere nuovi contenuti.
Le TIC in classe permetterebbero di spezzare prassi decennali, muffose e statìe, costringendo nuovi contenuti (e nuove sensibilità e approcci da parte degli insegnanti) a emergere.
Piano piano, senza fretta, qualcosa si metterebbe in moto.
Giorgio, mettiamole pure! Non ho mai detto il contrario. La mia riflessione andava oltre, tanbto che ho parlato di condizione necessaria ma non sufficiente
ciao!
la capacità di rompere gli schemi è alla base del rinnovamento di ciascuno…è la base per partecipare….
il prossimo barcamp che organizzate scrivetemi che partecipiamo pure noi!
a presto!