immagine in omaggio al movimento Edupunk
Un intero paginone su La Reupbblica di ieri 10 ottobre per annunciare la scoperta del secolo: l’esistenza della dimensione digitale/virtuale/on-line della scuola. Scuole o meglio, opportunità educative, di istruzione, di formazione che hanno una loro proiezione nel web. Riccardo Luna, autore dello scoop, esordisce con l’abituale retorica sensazionalistica che è giusto avere quando si parla di scuola: solo iperboli, mai ragionamenti articolati ed argomentati (come, ad esempio gli articoli – giornalistici, non “scientifici” – del NYT; uno citato qui qualche giorno fa):
Nella “scuola del futuro” non ci sono banchi rotti ed edifici fattiscenti. Ci sono soltanto gli unici due elementi indispensabili perchè si possa parlare di un corso: i docenti. E soprattutto gli studenti”
E, citando tale Bill Keller (sempre NYT, anche se “ex”), il nostro pronostica:
I corsi saranno online e saranno votati dagli allievi come i libri su Amazon; l’insegnamento sarà organizzato con aste modello eBay, gli studenti invece del titolo di studio conquisteranno livelli di abilità come nei videogame…
Rispetto all’istruzione “modello eBay” e “modello videogame”, questa mi sembra proprio un cavolata. Scusate il tecnicismo ….
Di certo il “modello scuola” inteso tanto come luogo di elezione per l’istruzione, l’educazione, la formazione delle nuove generazioni, quanto come spazio fisico esclusivo in cui svolgere le attività di insegnamento e di apprendimento, è decisamente superato per effetto dei cambiamenti sociali e delle innovazioni tecnologiche.
La scuola non è più, e da tempo, il luogo educativo di elezione: sono numerose le “agenzie” esterne alla scuola che educano, che hanno influenza tanto quanto, se non di più, della scuola. La scuola non è più neppure il luogo fisico che detiene l’esclusiva dell’insegnamento e dell’istruzione. Stanno emergendo sempre nuovi paradigmi di apprendimento, si stanno valorizzando sempre nuove modalità di apprendimento, si prospettano sempre nuovi “luoghi” di apprendimento: apprendimento informale, “naturale”, “croudsourced learning”, “networked learning”, apprendimento nel processo di lavoro per citarne alcuni.
Per queste ragioni la “scuola” (che non sparirà) va radicalmente ripensata nella sua forma, nei sui ruoli, nelle sue didattiche. La scuola dovrà sempre meno “scuola”. E lo sarà. Sarà sempre di più un luogo , di incontri, di scambi, di ibridamenti di persone, di metodi, di strumenti, di luoghi. La scuola sarà sempre meno chiusa dentro le proprie mura e sempre meno impermeabile alla società. La scuola sarà anche sempre meno di “proprietà” degli insegnanti intesi come “professionisti” che si dedicano a tempo pieno all’insegnamento scolastico; la scuola sarà gestita da operatori sociali e culturali ed il lavoro didattico sarà sempre più un lavoro intellettuale. Se la scuola non saprà diventare tutto questo, allora si che sparirà a favore di supermercati e di distributori automatici della conoscenza
A prescindere dal sensazionalismo giornalitistico che cerca l’effetto “glittering” nelle notizie nel timore di non attrarre lettori, a prescindere dal ritardo con cui la stampa quotidiana e periodica qui da noi si sta accorgendo del fenomeno, il web e le tecnologie digitali e di internet più in generale, hanno un impatto enorme nell’organizzazione e nell’erogazione dell’offerta formativa e nelle forma della didattica anche in presenza; le tecnologie digitali e di internet non sono più un’opzione, una scelta da parte di scuole ed insegnanti. Sono un obbligo, anzi, un dovere per igni bravo insegnante, per ogni bravo manager di organizzaione formativa
Un dovere per chi insegna perchè non si può privare chi impara dell’enorme quantità di risorse presenti in rete, privarli dell’attualità come preziosa risorsa didattica.
Mi domando come si possa fare, oggi, lezioni su temi “culturali”, “scientifici”, di arte, di economia, di scienze limitandosi ad usare come risorse didattiche quanto è cementato ed imbalsamanto nei libri di testo. La rete consente una didattica viva, attuale, ricca, reale. La rete connette la scuola alla società, al mondo.
Ma la rete è anche una enorme opportunità per chi offre formazione. Opportunità di arricchire la propria offerta tradizionale, di differenziarla, di renderla maggiormente individualizzata e flessibile, di ampliare longitudinalmente e trasversalmente il proprio bacino di utenza. Di migliorare la qualità del “prodotto” e l’immagine dell’istituzione/organizzazione.
In tema di “nuove opportunità” la questione, a mio avviso, sta nell’eccesivo entusiasmo che spesso accompagna lo “sbarco nel web” di scuole ed enti di formazione. Entusiasmo (necessario e doveroso) per voler cogliere le opportunità che la rete offre ma, qui sta a mio avviso il rischio, forte focalizzazione e atrazione per le “opportunità”, su ciò che è possibile fare. Ma come tutti sappiamo, non basta che una cosa sia possibile perchè accada (a tal proposito mi sono riletto un mio post di cinque anni fa; attualissimo). Non basta mettere online un corso perchè aumenti in numero di studenti. La questione è assai più complessa. Non dovremo mai dimenticare, ad esempio, che studiare a distanza è più difficile che studiare in presenza, che se guardiamo al profilo dello studente a distanza ideale e di successo che emerge da tante ricerche ci troviamo davanti super-man non ad una persona ordinaria. La vera questione è il come, è la concezione e l’organizzazione dell’ambiente di apprendimento, sono i servizi didattici di supporto.
La sfida che il web pone all’intero universo dell’education è enorme e chi non la coglie, e non la trasforma in una leva di successo, è destinato ad essere tagliato fuori dai giochi (e per la scuola pubblica questo vuol dire tagliare fuori dai giochi i propri studenti, i cittadini di domani; una bella responsabilità). L’apprendimento, soprattutto quello professionale, sarà sempre meno confinato in una scuola ed ai tempi della scuola. I tempi , i luoghi, i modi dell’apprendimento si differenziano e si integrano. E in questo processo il web gioca la parte del leone anche senza il bisogno di immaginare modelli educativi “eBay” o “videogiochi”
Quanto all’affermazione dell’articolista citato:
… basta con i discorsi fatti ex cattedra ….
vedo tanti discorsi fatti “ex cattedra” anche nel web. Se metti on-line il video di una lezione “ex cattedra”, questa non perde di certo la sua natura solo perchè è su piattaforma digitale. Sempre ex cattedra rimane. Ma c’è chi è convinto di essere sceso dalla cattedra solo perchè ha usato uno strumento “alternativo”, “innovativo”. Questa affermazione mi pare proprio una metafora della cattiva, pessima, concettualizzazione che viene fatta del web nel suo impatto nel mondo dell’educazione.
Consiglio di leggere in merito l’ultimo numero di Wired Italia, dedicato alal scuola. In uno degli articoli si descrivono delle esperienze interessanti in cui i docenti registrano le lezioni in video così che i ragazzi possono utilizzare invece lo spazio in classe per discuterne insieme al docente. Mi sembra interessante perché è proprio l’argomentazione, la discussione sui contenuti del programma, e quant’altro possa diventare un vero confronto con i ragazzi, a poter sviluppare capacità critiche.
Valentina
Consiglio di leggere in merito l’ultimo numero di Wired Italia, dedicato alla scuola. In uno degli articoli si descrivono delle esperienze interessanti in cui i docenti registrano le lezioni in video così che i ragazzi possono utilizzare invece lo spazio in classe per discuterne insieme al docente. Mi sembra interessante perché è proprio l’argomentazione, la discussione sui contenuti del programma, e quant’altro possa diventare un vero confronto con i ragazzi, a poter sviluppare capacità critiche.
Valentina
Hai ragione Valentina; quello che tu citi è un esempio di piccole ma significative cose fatte con le tecnologie, anche povere.
Chi mette on line una sua lezione ex catedra permette allo studente di rivedere, assimilare, giudicare a posteriori ciò cui ha partecipato in prima persona o cui non ha potuto assistere per impedimenti vari. La lezione sarà ancora ex catedra, ma sarà fruibile da più persone, in tempi diversi e secondo i ritmi di ognuno, potrà essere rivista tutte le volte richieste da un apprendimento più lento o più distratto, potrà affrancarsi dalle quattro mura scolastiche per essere fruita in un ambiente che lo studente potrebbe vedere come più sereno e stimolante. Ti pare poco? Poi si potrà pensare di attivare forme interattive, sincrone o asincrone, ed arricchire l’offerta formativa. Ma ciò non toglie che anche un uso meno immediaro delle tecnonologiapossa risultare utile ai fini dell’apprendimento. Non credi?
Rosamaria, certo che “credo”. Avevo fatto un appunto alla presunzione (dell’autore dell’articolo) che con il web sparissero le lezioni ex catedra contro le quali non ho nulla da obiettare anche perchè quando serve le faccio pure io 🙂
Spesso la formula “lezione ex cathedra” è coniugata ad un atteggiamento autoritario nella trasmissione del sapere e non ha nulla a che vedere con le lezioni “dalla cattedra” anche perchè cathedra significava,come tutti sappiamo, qualcosa di diverso da cattedra come oggi comunemente intendiamo. Mi trovo dunque sulla linea di Giovanni Marconato: parlare ex cathedra significa essere impositivi e sentenziare e i media sentenziano, eccome.
Detto questo, e perdonatemi la lunga introduzione, sono ben felice di ritrovare in questo post tante mie idee: la scuola non è più la sola agenzia educativa, il ruolo degli insegnanti va riesaminato e ridefinito, il confronto con l’attualità e le tecnologie non è prescindibile.
Aggiungo che però, ieri come oggi e come domani potrebbe essere mescolare strumenti, metodo e processi. Il web, come il personal, come i vecchi audiovisivi ecc ecc è, anche se indubbiamente più potente ed inesauribilmente interattivo, pur sempre solo un bellissimo strumento.
Il metodo invece è un patrimonio aggiornato in itinere da ogni bravo insegnante.
Il processo educativo è una complessa combinazione nella quale la scuola gioca il suo ruolo avendo ben presente, di non essere l’unica “cathedra”.
Non esser l’unica, a questo punto, richiede che esprima la sua specificità.
E qui mi fermo… 🙂 anche perchè, a mio modesto avviso, potrebbe iniziare il lavoro; e i giornali, temo, hanno altro da fare.
errata corrige “ieri come oggi e come domani potrebbe essere *rischioso * mescolare strumenti, metodo e processi.
sto scrivendo con il nipotino Giovanni, 9 mesi, (un altro Giovanni) sulle ginocchia.
mermer says
blogger e autori potranno proporsi per ospitare il carnevale sulle proprie pagine.