Video di Simona Martini

Torna proprio a fagiolo l’articolo di Repubblica di oggi sul buon maestro che ti cambia la vita. Un tema che, trasversamente, è presente nel dibattito che si sta intrecciando tra alcuni valenti colleghi su un precedente post di questo blog.

Il punto è: quale è il profilo del “buon insegnante”? Di certo esistono, come in tutti i mestieri, insegnanti bravi, mano bravi, pessimi. E’ altrettanto vero che un bravo insegnante può fare la differenza:  ti può salvare la vita ma te la può anche dannare…. ne abbiamo incontrati tutti, come studenti, come genitori, come colleghi, come formatori.

Secondo l’articolo (al momento ancora nella sezione a pagamento), ripreso dal New York Time a firma di Annie Lowrey,

… il bravo insegnante è quello che ti aiuta a prendere bei voti agli esami. Secondo una ricerca fatta da economisti USA su 2 milioni e mezzo di studenti seguiti per un periodo di 20 anni, questi studenti di elevata performance scolastica hanno minori probabilità di avere un figlio in età adolescenziale (forse perchè troppo impegnati a studiare e con poco tempo per … incontri carnali; nota mia, ovviamente), maggiori probabilità di iscriversi all’università, migliori prospettive di guadagno nella vita adulta.

A me sembra eccessivamente semplicistico questo collegamento tra voti agli esami e fortuna nella vita. Tantissime altre ricerche (forse non fatte da economisti come i nostri studiosi) stentano a trovare delle costanti chiare, stabili, univoche.

Secondo gli autori,

miglior livello di istruzione, migliori guadagni.

Che una buona istruzione sia meglio di una cattiva, non ci voleva di certo la ricerca di Chetty, Friedman e Rockof per scoprirlo. Spero che la ricerca (della quale leggo attraverso una riduzione giornalistica,  tipologia di approcci di cui diffido essendo troppo spesso semplicistici al limite della banalizzazione di questioni altrimenti serie, e sensazionalistici) porti dati ed argomentazioni di maggior spessore a supporto della tesi.

Inquietante il commento di tale Robert Mayer, direttore di un centro (universitario) che si occupa – studiandoli – dei metodi di valutazione degli insegnanti:

I punteggi ottenuti nei test aiutano a garantire un maggior livello di istruzione , e quello si ripercuote sui guadagni.

Inquietante per il collegamento meccanico tra voto e guadagno; inquietante anche perchè assume come criterio della bontà di un insegnante quello dei voti ottenuti dai suoi studenti (quanto voleva fare la premiata ditta Gelmini & Invalsi).

Inquietante, infine, perchè secono l’articolista questi dati influenzeranno il dibattito nazionale … udite … udite …

… sull’importanza di avere insegnanti di qualità e sul modo migliore per misurala.

Qui siamo al delirio allo stato puro. Ovvio che è importante avere buoni insegnanti; ovvio che gli insegnanti vadano valutati  ed i più efficaci premiati (magari gli insegnanti andrebbero anche selezionati meglio in ingresso e formati all’inizio di carriera ed in servizio), ma adottare un criterio tanto semplice quanto privo di valore, è davvero inquietante .

L’articolista si salva, smentendosi, quando afferma

..a parità di altre condizioni, uno studente che ha avuto un insegnante molto bravo per un anno, tra la quarta elementare e la terza media, guadagna 4.600 dollari di reddito in più nell’arco dell’interva vita … Sostituire un insegnante scadente con uno medio produrrebbe un incremento dei guadagni degli studenti nella vita di 266.000 dollari …

A parità di altre condizioni! Sono proprio queste “altre condizioni” a fare la differenza!

A questo punto non capisco le conclusioni che smentiscono tutte le premesse

Limitandosi ai punteggi degli esami l’effatto di un bravo insegnate svanisce dopo 3 o 4 anni. Ma, assumendo una prospettiva più ampia, gli studenti continuano a beneficiare dell’influsso positivo di un buon insegnante per anni.

Allora, ‘sto bravo insegnante, conta o non conta? Contraddizioni ed indebite inferenze a parte, la mia esperienza multi-ruolo con gli insegnanti mi porta a dire:

  • i “bravi insegnanti” esistono; ne consegue che esistono anche i “cattivi insegnanti”; i “buoni” andrebbero premiati ed i “cattivi” andrebbero espulsi,
  • non è facile, nel senso che è difficile avere un vasto consenso sulla questione, dire cosa caratterizzi il “bravo insegnante”: entrano in gioco tanti valori, tanti interessi, tanti punti di vista e non sempre focalizzati sullo studente;
  • gli insegnanti, come i medici, hanno un compito delicatissimo nella “vita” delle persone e per questo andrebbero valutati meglio, pagati meglio, formati meglio, selezionati meglio.

Sul cosa caratterizzi un “bravo” insegnante, un contributo lo hanno dato tanti insegnanti che si ritrovano nel network professionale La scuola che funziona (www.lascuolachefunziona.it) ed hanno elaborato il Manifesto degli insegnanti (www.manifestoinsegnanti.it).

Un invito, quindi, a leggerlo, a rileggerlo, a firmarlo ed a farlo firmare

 

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7 pensiero su “Il bravo prof”
  1. direi che è dal tuo post, Gianni, nasce una buona iniziativa; tra l’altro mi pare che, in varie occasioni, alcuni (non pochi) di noi abbiamo scritto vari post sul “bravo docente”, ma abbiamo avuto anche la modesta idea di parlare del “non bravo docente”. E … la butto là come semi-idea, forse dovremmo raccogliere anche questi scritti; anche, in un secondo tempo almeno, sentendo.. la base 🙂
    Ma forse siamo troppo democratici?
    :))

  2. formule, mi pare difficile. se penso alla mia carriera di studente liceale, alquanto mediocre, c’è un solo insegnante che mi è stao “buon”, ed era uno che non studiavo mai. solo che ci parlava di cultura, ci appassionava e seminava. sepenso alla mia università non ricorfo nessuno; se penso al mio dottorato, ma fatto quasi da 60nne, ne ho incontrato uno grandioso, pirluigi crosta: iniziava le lezioni e il suo affabulare, incontrando noi e le nostre domande e le nostre esperienze, era capace di inventarsi la strada camminando. se penso a me docente, sono stato considerato pessimo da alcuni, ottimo da altri: comm’è ‘stu fatto? è che insegnare è come fare l’amore, bisogna essere (almeno) in due, ossia si è “buon” sw “buon” è la relazione e il contesto che si produce. se penso a me ora, agli sgoccioli di carrioera, dopo chance e tornando in una realtà terribile, penso che, molto modestamente, un buon insegnante è chi tioene insieme rispetto, autorità e speranza, attraverso la sua testimonianza (penso al padre di cui parla recalcati); ma che insegni aleggere, a scrivere e a far di conto, che mi pare un’impresa sovrumana

  3. Mariaserena, sarebbe bello (e utile) aggregare le tantissime cose che abbiamo scritto. Hai qualche idea su come farlo?

    Salvatore: mi piace molto il tuo inserimento tra le caratteristiche del “bravo” insegnante la sua capacità di dare speranza. Non è poco specie se pensiamo a quanti ragazzi è stata uccisa la speranza di un futuro proprio da pessimi insegnanti. Dare fiducia e far balenare agli occhi dei ragazzi la possibilità che, anche attraverso la scuola, ci possa essere un decente, se non buono, futuro anche per i meno fortunati, è una graned cosa.
    Sono certo che quando un insegnante contribuisce ad accrescere nei suoi allievi la fiducia in loro stessi, ha già fatto una grande cosa

  4. @Pirozzi, a parte che insegnare non è proprio come fare l’amore (anche se la metafora disinvolta, è piuttosto divertente) mi pare che tenere insieme “rispetto, autorità e speranza” sia già un’impresa interessante tanto più se riesce ad amalgamarvi anche un po’ di saperi. Il fatto è che ci sono tanti ordini di scuola ed una definizione contenutistica è un po’ come una dogana: niente da dichiarare?
    I saperi possono cambiare o essere, man mano implementati, mentre la speranza una volta persa è difficile da recuperare. Credo poco nell’autorità, credo di più nel resistere all’inevitabile sfida al “massacro” che i ragazzi (quelli dalle medie in su) necessariamente portano alla figura del docente. Credo che la professione sia come tante basata sulla competenza e l’attitudine.
    Ma quelle specifiche competenze ed attitudini devono esser solide.
    Non credo che un bravo insegnante sia quello i cui allievi prendono necessariamente bei voti. Mi sembra che questa (americana) sia una concezione “calvinista” della scuola; invece penso che il bravo insegnante sia casomai quello che si interroga sugli insuccessi (se ci sono) dei suoi studenti e se ne fa un problema. Ma sul bravo insegnante ho già detto troppo qui e là. Passo e chiudo 🙂

  5. @Gianni ciao, stavo commentando l’intervento di Pirozzi (che non conosco,ma saluto con simpatia) mentre tu scrivevi il tuo.
    No, non ho un’idea precisa. L’argomento “bravo insegnante” mi fa pensare che in questi casi è importante evitare come la peste il coro della perfetta armonia (Oddio come siamo bravi, eroici, fiki!) e andare al confronto costruttivo. Abbiamo i nostri testi, abbiamo anche voglia di sottoporli a discussione?
    Un forum? un testo mosaico anche on-line?
    Occorre qualche idea… 🙂

  6. “quando un insegnante contribuisce ad accrescere nei suoi allievi la fiducia in loro stessi, ha già fatto una grande cosa” . Sì, condivido. Ci sono momenti in cui l’animo di un bambino/a o di un ragazzo/a è talmente esposto che il danno che gli si può causare è incalcolabile ed irreversibile. L’abbiamo già detto, ma giova ripetere.

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