Il colera altro non è che Internet, con buona pace del sempre mitico Gabriel Garcia Marquez.

Un antefatto

Una delle argomentazioni “forti”  contro l’uso di Internet o per segnalarne i pericoli, è che usando in parallelo come si usa fare in multitasking, più applicazioni web e non, l’attenzione e la concentrazione su di un compito, viene limitata con il risultato che quel compito non viene svolto ad uno standard di qualità come se fosse il solo a ricevere l’attenzione.
Nel suo articolo su Repubblica, Gabriele Simone afferma:

… la cultura digitale è uno dei più terribili moventi di interruzione della concentrazione che si siano mai presentati nella storia, e si sa quanto la concentrazione sia cruciale nell’apprendimento.

Nel mio post di commento a quel intervento, scrivevo

No, non sono dell’avviso che il digitale distragga. Il digitale sta generando nuove forme di “attenzione”: una attenzione fluida, a macchie, a balzi ma che in parallelo genera la capacità di mettere assieme i diversi pezzi facendoli percepire cone un’entità unica, omogenea. Una omogeneità ricostruita cognitivamente. Qualcosa di simile a quanto avviene nel sistema visivo (occhio + mente) per la percezione della forma quando il cervello assicura continuità ad eventi che l’occhio rileva come elementi separati. Certe forme di  movimento, il completamento di figure …. Una forma nascente di “attenzione digitale” …….

Un punto di partenza

Tra i riferimenti “dotti” che facevo a proposito della  mia strampalata idea c’era quello dell’ “intelligenza digitale“. Mi domandavo: “se esiste l’intelligenza digitale, potrebbe esistere l’attenzione digitale?

Premesso che tra la mia idea di “attenzione digitale” e la ben più solida concettualizzazione di “intelligenza digitale” esiste solo un labile legame dato dal termine “digitale”, vorrei qui approfondire il concetto proposto da Antonio M. Battaro e Percival J. Denham in  Hacia una inteligencia digital”, del 2007 *, e lo faccio organizzando degli appunti presi durante la lettura di quel libro. Quanti segue fa, quindi, riferimento alla mia lettura di quel libro.

Assumendo come quadro concettuale la teoria delle intelligenze multiple di Gardner, gli autori formulano l’ipotesi che esita una decima forma di intelligenza, quella digitale, una forma di intelligenza (identificata utilizzando i criteri che lo stesso Gardner ha usato per identificare le sue famose intelligenze) che pur non essendo tipica della nostra epoca, si rende ben evidente nell’era del digitale dove il meccanismo di scelta binaria (da qui il termine “digitale” per questo tipo di intelligenza) è presente in tante nostra azioni e contesti.

Gli autori giungono a formulare questa ipotesi dopo 20 anni di lavoro e sostengono che esiste una nuova capacità della mente umana che è causa ed effetto delle tecnologie digitali dei nostri giorni.

Per “digitale” formulano questa definizione:

abilità di usare l’alternativa basica “si o no”, “azione o non-azione”, in vari contesti, in particolare, nello spazio digitale virtuale.

L’intelligenza digitale opera, quindi, attraverso i processi di “scelta-click” (identificazione dell’opzione adeguata e sua scelta) e di “euristica binaria” (processo di scoperta attraverso scelte alternative).

L’intelligenza digitale è quella che caratterizza le persone che manifestano una elevata predisposizione verso modalità di pensiero, di comunicazione e di processo di informazioni in modo simbolico secondo il modello digitale.

La comunicazione umana segue anch’essa i due canali dell’analogico e del digitale. Chi comunica più facilmente secondo modalità digitali, dialoga con maggior efficienza ed efficacia con il computer ed altri strumenti digitali, fino a diventarne dei veri e propri genii; questo perché manifesta elevata dimestichezza con i sistemi simbolici ad essi connessi.

L’esistenza di questa particolare forma di intelligenza (la cui esistenza è stata provata nel contesto della ricerca delle neuroscienze cognitive o neuroscienze dell’educazione ed è stata vista … all’opera in numerosi casi di disabilità neuro-motoria) pone, tra le altre, la questiona della “digitalizzazione precoce”: avvicinare in età precoce i bambini all’uso del computer in modo che, in analogia con quanto avviene con  l’apprendimento precoce delle lingue, si sviluppi al meglio anche questa forma di interazione con la realtà.

Sempre in questa prospettiva di ricerca e di applicazione, il computer può assumere la funzione di protesi del sistema nervoso e di quello cognitivo.

Credo sia una prospettiva alla quale prestare adeguata attenzione quando vogliamo leggere i fenomeni che si manifestano oggi in un mondo ad elevata intensità di strumenti e di pratiche digitali.
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* Verso un’intelligenza digitale, Ledizioni, LediPublishing, 2010

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Immagine: mariedargent.com

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