Poco fa mi stavo preparando la colazione; un occhio alla caffettiera ed uno al tablet, dove stavo leggendo un articolo citato su FB da Laura Antichi, grande cacciatrice di succose notizie in rete (grande, non solo per questo), e la domanda mi si è piantata in mente. Questo breve post è un tentativo di risposta.
Innovazione è cambiamento
La questione centrale mi pare sia come attivare il processo di cambiamento?, cosa ci fa cambiare?
Banalmente, una persona cambia se avverte l’esigenza di cambiare, mica perché uno arriva e gli dice : “devi cambiare il tuo modo di insegnare”.
Il cambiamento, l’innovazione della didattica, inizia con una riflessione.
Una buona domanda attivatrice potrebbe essere: cosa vuol dire per me imparare?
Ed a cascata, tante altre domande che potrebbero portare a decidere che qualcosa nelle nostre pratiche didattiche non quadra e che potrebbe essere il caso di cambiare qualcosa (dico potrebbero; mica è certo che scatti il click).
Forse, a quel punto, e solo a quel punto, potremo domandarci se ci può essere utile, che so, buttarci, sul flipping o se usare qualche tecnologia.
Il cambiamento inizia con una domanda, non con una risposta
Dalle cose che vedo e sento in questi giorni emerge prepotente la sollecitazione [per un nonno digitale] ad affermare: le risposte si cercano con l’appartenenza a un Community of Inquiry.
Ho trovato che di Comunità di Ricerca parlano gli esperti di educazione dei bambini [P4C o Filosofare con i bambini]; può bastare a farci dormire sonni tranquilli per il loro futuro?