Una riflessione nata, come spesso, per caso.
Mi capita sotto gli occhi una splendida immagine (qui sopra) che rilancio con il commento: “il carnefice che decide sui diritti della vittima”.
Nel condividere pensavo in generale alla questione ma un amico, una persona acuta, profonda e di rara intelligenza, in privato mi domanda: pensavi al consiglio di istituto? Certamente no, gli rispondo, come in realtà era.
Ma la domanda maliziosa mi rimbalza in testa e mi domando: Quali potrebbero essere i diritti in gioco?
Detto e fatto: I diritti degli studenti a imparare.
Questi sono la vera essenza del rapporto educativo, la base del contratto educativo tra la scuola e la società, tra gli insegnanti e gli studenti. Uno studente viene a scuola per imparare, non per stare ad ascoltare uno che gli parla o per farsi valutare. Questi, nella migliore delle ipotesi sono mezzi, non fini.
La questione, allora, è:
- Riconosciamo agli studenti il diritto di imparare o solo il dovere di imparare (cosa e come stabiliamo noi)?
- Chi decide dei diritti degli studenti a imparare?
- Chi decide sul come esercitare questo diritto?
- Gli studenti vengono ascoltati? Viene chiesto loro come piacerebbe imparare?
- Creiamo le condizioni per cui gli studenti possano saper cosa chiedere (un consumatore non avveduto compera di tutto)?
- O diciamo ” lascia fare a noi che di queste cose ce ne intendiamo?’.
E’ solo questione di come percepiamo il nostro potere nella relazione educativa: comando o possibilità?