Didattica plesitocenica e la solitudine dell’insegnante
Era questo il titolo fino a pochi minuti prima della pubblicazione del post quando un’ultima chat con Luana mi ha fatto fare una nuova riflessione (vedi ultima parte del post) e cambiare il titolo stesso.
La sintesi estrema di questo post è che la scuola come sistema ha tantissime colpe e non è corretto, perché falso, buttare sulle spalle degli insegnanti le colpe di questo stato della scuola stessa, ma certi insegnanti le loro colpe le hanno perché nel giorno per giorno si possono fare dei cambiamenti.
Nel mio ruolo di confessore di insegnanti, forse facilitato in questa percezione dal mio titolo di “psicologo” (reale, per carità, nulla di usurpato) o da una mia propensione all’ascolto, ricevo spesso confidenze e sfoghi.
Mi scrive Luana, ponendo una questione davvero drammatica, l’inossidabilità di tanti suoi colleghi, la pressoché generale propensione ad una didattica “così si è sempre fatto”.
Una realtà statica, inamovibile, dove gli insegnanti che ci credo faticano a trovare un senso al loro stare a scuola.
Ho spesso affrontato il tema del disagio dell’insegnante consapevole e responsabile, della scarsa capacità che ha di smuovere i colleghi che pare siano insegnanti per caso rischiando, invece, di soccombere inghiottito dai più.
Un’insegnante sempre in prima fila
Sono sempre stata un’insegnante ottimista e curiosa, che ama coinvolgere, condividere, cercare e studiare nuove strategie e metodologie per migliorare lo stile e la qualità del mio insegnare, che ama sporcarsi le mani di tempere, di pasta al sale e gesso ma sa muoversi con dimestichezza tra software e apps.
Nel deserto dell’innovazione
Ultimamente il mio ottimismo vacilla molto… Tralasciando i malumori spesso giustificati per tutto ciò che non funziona all’interno del sistema scuola a livello sindacale e organizzativo e focalizzando l’attenzione solo sull’insegnamento devo dire che in troppi casi siamo al Pleistocene…Lezioni vecchie, piatte, che sanno un po’ di muffa, attività laboratoriali “no grazie”, nemmeno i cartelloni pare vadano più di moda, sarà che i bambini con le tempere un po’ di casino lo fanno…Passo davanti a aule aperte e sento le colleghe: “ l’inverno è una stag…” e i bambini in coro “ioneeee” “molto fre…” e loro “…ddaaaa. Ed ecco servite le scienze.
Collaborativa di natura
Io ci spendo ore e soldi per preparare esperimenti e percorsi scientifici coinvolgenti, metto a disposizione di tutti, son sempre lì a dire “lo facciamo insieme? Se non te la senti ti insegno, ti appoggio” ma no, è un diniego, un tirare in ballo i genitori “che poi se ti discosti dal libro si lamentano”…
Comunque avevo la mia forza, la certezza che il percorso giusto era il mio…
Ostaggio dei genitori
Poi fai una riunione con i genitori e ti trovi davanti visi giovani e mosci, che sanno solo chiedere se puoi dare compiti così il sabato e la domenica sanno come occupare i figli, e poi così alle medie (ma mancano tre anni)…Non chiedono altro, non sono curiosi, se ne vanno mosci come erano arrivati e ti lasciano un sapore amaro in bocca.
Innovazione impossibile se non cambiano le persone
Perché dall’altra parte del muro ci sono colleghe che non alzano il naso dal libro e dal quaderno, che non toccano un pennello, un computer, che non entrano in un laboratorio ma sono a quanto pare come te…
Meritocrazia? Qualità dell’insegnamento? Di che cosa si sta parlando?
In questo momento non riesco più a credere al successo delle promesse di innovazione e di investimento sulla scuola, e purtroppo per la ragione più nefasta: è alla base che non si riuscirà a estirpare questo piattume. Puoi riversare soldi, banda larga, fondi per la formazione, ma se tutto è statico, “basico” in chi dovrebbe recepire e invece è refrattario a ogni modifica in una società che glielo permette e gli permette anche di farsene un vanto nulla cambierà mai. E stiamo parlando di docenti, di chi è responsabile della formazione culturale delle prossime generazioni.
Rianimare la didattica, la curiosità
Ora sento parlare, nel nuovo PNSD, di animatori digitali, e mi viene da sorridere un po’ amaramente: qui ci vorrebbero rianimatori della didattica, della curiosità, della voglia di imparare sempre e in ogni luogo. So che non è un problema solo della scuola, ma fa paura vedere anche nella scuola questi atteggiamenti che non so definire se di pigrizia, stanchezza, piattezza…E mi fa paura vedere che i nuovi insegnanti rischiano spesso di essere fagocitati in meccanismi vecchi, di non avere il coraggio per contrastare l’andazzo del “si è sempre fatto così per cui non si cambia, noi siamo stati educati così per cui può andare bene lo stesso metodo…E’ un coro, silente in alcuni casi, esplicito in altri, che ripete “eh gli insegnanti di una volta…Eh le famiglie di una volta…” e io che per età e servizio son già piuttosto avanti con gli anni mi trovo a chiedermi “ma una volta quando??”
Insegnare e sentirsi vivi
Cosa non mi farà mollare alla fine? Il fatto che io con i bambini a scuola mi diverto, e grazie a loro continuo a studiare e a imparare cose nuove.
Per il resto due chiacchiere alla macchinetta del caffè, sorrisi e basta, professionalmente parlando ho davvero poco o nulla da condividere, mi sento un po’ aliena.
Meno soli in rete
Ringrazio la rete che ha buttato giù i muri e che mi fa trovare, magari dall’altra parte della Nazione o sparse qua e là sul territorio, persone che “sentono” come me l’urgenza e l’importanza di dare comunque sempre il massimo in quello che si fa, in modo professionale e empatico.
Ci devo vivere ancora molti anni in questa scuola, non perdonerò chi cercherà di togliermi la voglia di darmi da fare, nella convinzione che il nostro sia un lavoro bellissimo ma davvero non per tutti.
Un mio primo commento
Colgo con disagio il dolore che l’amica mi comunica e l’occasione di questo sfogo porta a farmi alcune domande:
- E’ proprio vero che la maggioranza degli insegnanti (da alcune testimonianze parrebbe la stragrande maggioranza) è inadeguata al compito assegnato? O la situazione descritta è un caso isolato?
- Come è possibile che si sia arrivati a questo punto? Problemi di selezione? Di “manutenzione” delle professionalità? Di inadeguate politiche di sviluppo, di valorizzazione e, perché no, di valutazione delle risorse umane?
- Chi è responsabile dello stratificarsi del problema? E’ l’insegnante che, garantito nel posto di lavoro, poco alla volta ha smesso di aggiornarsi? O la prestazione professionale sempre più povera riflette la perdita di immagine sociale e la sempre più scarsa attenzione alla scuola da parte della politica?
- Come risalire la china? Nella 107 ci sono le condizioni per un cambiamento strutturale della situazione?
Un mio secondo commento, forse più importante
Riflettevo con “Luana” e altri insegnanti su questo tema e vorrei mettere in evidenza due questioni di straordinaria importanza sul tema del cambiamento e della resistenza;
- Gli studenti, generalmente, apprezzano le così dette “nuove didattiche” perché danno il senso di essere più padroni della situazione, si sentono valorizzati, sento di imparare per davvero. Vivono in una condizione di maggior benessere;
- Le nuove didattiche attivano importanti processi cognitivi, sociali e personali e dotano gli studenti di importantissime risorse utili prima di tutto a loro stessi. Non si limitano alla trasmissione (che spesso non avviene) di contenuti ma sono molto ma molto più ricche. A questo punto gli insegnanti che sono appiattiti su didattiche non offrono scientemente ai loro studenti tante opportunità di crescita. Questi insegnanti sono colpevoli di omissione di apprendimento