bocciare

Vedo con molto interesse l’ipotesi dell’ abolizione della bocciatura nel primo ciclo d’istruzione perchè viene affermato, in tal modo, il principio secondo cui la scuola è fatta per condurre al successo tutti gli studenti e questa è una grande conquista, un principio di democrazia, l’affermazione di un diritto che passa attraverso un’idea alta e nobile di scuola.

Con questa scelta, decisamente avanzata per i tempi che corrono, viene affermato il principio che la “costante” che il sistema d’istruzione assume sia il risultato (e non il processo); è la riproposizione del vecchio, e pur sempre attuale approccio dell’ OUTCOME BASED-LEARNING.

Con questo approccio tutti gli studenti DEVONO aver conseguito lo standard minimo previsto.

Se assumiamo a “costante” il risultato, la “variabile” non potrà  che essere il percorso necessario a conseguirlo. Elementary, Watson!

Nella scuola tradizionalmente intesa e agita, la costante è rappresentata dal percorso di studio (programma, durata, metodi) e il risultato è la diretta conseguenza di questo percorso: si prende quello che viene, constatando il successo o il fallimento e rimanendo centrati sul programma svolto. Se con il nuovo approccio si punta, invece, ad un risultato che deve essere sempre raggiunto, è indispensabile variare le condizioni necessarie per conseguirlo. Non si può, ciò è evidente, determinare un nuovo obiettivo e lasciare tuttavia inalterate le condizioni per raggiungerlo.

Perché la scelta non sia una delle tante boutades a cui i politici ci hanno abituati e alle quali, fortunatamente, non siamo tutti ancora assuefatti, si devono creare le condizioni perché il risultato atteso sia raggiunto.

È come se lavorando nel contesto di un’equivalenza, cambiassimo uno dei termini pretendendo di mantenere fermo il secondo, e di ritrovare il risultato invariato : saremmo, cioè, di fronte a un non senso, ad un grave errore logico.

Affinché il principio della promozione per tutti si realizzi, è certamente necessario che si adottino tecniche didattiche coerenti: ciò significa inevitabilmente avere degli insegnanti in possesso di adeguate competenze didattiche per gestire al meglio le diverse situazioni; ma è anche necessario che si creino altre condizioni indispensabili per influire positivamente sul risultato: in primis l’organizzazione della didattica, le risorse materiali necessarie  a gestire quella didattica e, perché no, un ripensamento anche del curricolo e degli snodi con il secondo ciclo. In breve, una seria riforma dei cicli e finalmente quegli investimenti economici che nel resto d’Europa vengono erogati per il miglioramento dei sistemi di istruzione, ma che in Italia assumono dimensioni sempre più misere (almeno per la scuola pubblica).

La bocciatura è il fallimento della scuola. È il fallimento, autocertificato, dell’insegnante. Ricordo, ai tempi nefasti della Gelmini, che l’aumento delle bocciature fu visto come un fatto positivo, un indicatore della qualità della scuola.
Come se il proprietario di uno stabilimento andasse orgoglioso dell’aumento degli scarti di produzione…i pochi prodotti rilasciati erano di grande qualità. Ma quegli scarti, sotto un profilo economico, oltre che etico, quanto ci costeranno?

Lavoriamo per il successo dei nostri studenti, di tutti i nostri studenti nella consapevolezza dell’impatto che il loro successo o il loro insuccesso avrà nella costruzione del futuro.

Questo richiede un serio ripensamento dei curricoli, del paradigma su cui si fondano i processi educativi e la mentalità stessa dei docenti.

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