Da una discussione sul non senso didattico dell’uso che si sta facendo nella scuola contemporanea del coding e del pensiero computazionale, rilancio un post di Luciano Pes (docente di filosofia, fine pensatore e sviluppatore) che apre disturbando nientemeno che Arthur Schopenhauer e l’eterno dilemma delle cose come ci appaiono e come sono. La parvenza, l’illusione, il sogno, che fanno da barriera tra noi e la realtà e distorgono la nostra conoscenza.
Luciano interviene a ragion veduta e, con poche semplici domande e lapidarie risposte, fa chiarezza su un tema di stringente attualità nella scuola moderna, quella scuola che guarda al futuro (ma ignora il presente).
Ascoltiamo Luciano
Per capire importanza e limiti del coding occorre sollevare il velo di Maya.
Coding e pensiero computazionale coincidono ? No.
Si può fare coding senza i linguaggi di programmazione ? Si.
Gli insegnanti per fare coding hanno bisogno di studiare un linguaggio di programmazione ? No.
E gli studenti ? Neanche.
Molti praticano il coding senza saperlo, e mi sembra quello più giusto ed interessante.
ll coding, per come se ne parla oggi, è una moda ? Si.
C’è un coding di cui non si parla perchè non è di moda ma che non passa mai di moda ? Si, si chiama matematica.
I linguaggi di programmazione utilizzati per il coding, sono una pura traduzione di una teoria del ragionamento ? No, suggerimento: conoscete il Prolog.
Quelli che parlano tanto di coding esprimono una esigenza concreta e condivisibile ? Si, però la risposta è parziale e in alcuni casi viziata da ingenuità.
Il coding rende più intelligenti ? No.
Rispondo con cognizione di causa visto che sviluppo software da 30 anni. Credere che il coding migliori il ragionamento è come credere che le pere vengano prodotte dal banco frigo di un supermarket anzichè dalla pianta del pero. Tutti usiamo la logica e le sue regole, non tutti però abbiamo fatto studi di logica matematica. Tutti usiamo il modus ponens ma non tutti sappiamo cosa sia. Tuttavia chi conosce il significato di questa regola non è più intelligente e competente di chi non sa che si chiama modus ponens una regola di deduzione.
Infine, c’è bisogno di creare una frattura fra pensiero computazionale e pensiero creativo ? No.
Chi si deve occupare di cosa insegnare a scuola? I governi, i pedagogisti, gli imprenditori, gli insegnanti ? Ha già risposto Bruner parecchio tempo fa: gli epistemologi.
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