In sintesi: un post che dice “competenze si” ma domandandosi perché, come ed entro quali condizioni e quali limiti.
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Mi sono reso conto, e continuo ad averne conferma, che le competenze a scuola sono spesso vissute all’interno di una narrazione mitologica.
Il mito è una forma di narrazione antica fondata sul pensiero magico, che interpreta la realtà in base a credenze interiorizzate che non dimostrano nulla, perché la conoscenza non è dell’uomo ma proviene dalla divinità. Proprio per questo motivo, proprio perché non fondato sul pensiero razionale e sull’osservazione del fenomeno, il mito è un po’ la coltre di nubi che nasconde la vetta dell’Olimpo. E così sono anche le convinzioni di molti (non tutti) docenti in ordine alle competenze: mitologia tout court.
Proviamo, quindi, a far scendere tali credenze dal Monte Olimpo, avvolto nelle sue nubi, per restituirle a più appropriati significati.
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Le competenze sono alternativamente vissute con atteggiamenti demonizzanti o con entusiasmo, atteggiamenti entrambi privi di fondamento logico. “Sono il male della scuola” o “rappresentano l’aziendalizzazione dell’istruzione”, o ancora “sono l’innovazione della scuola”, “devono rappresentare lo scopo dell’istruzione”.
In realtà, le competenze (mi riferisco alla loro declinazione in contesti scolastici) altro non sono se non la rappresentazione alta della comprensione di conoscenze (dichiarative, strutturali, procedurali, concettuali, esperienziali, etc.) e l’appropriazione integrata di abilità (cognitive, personali, sociali). Quindi, un passaggio evolutivo nel continuum dell’apprendimento scolastico.
Le competenze (in quanto costrutto) hanno a che fare con l’autonomia e la consapevolezza, con la capacità di sapersi situare e agire in contesti complessi.
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E’ fondamentale perciò comprendere che le competenze non rappresentano obiettivi di serie A e le conoscenze di dominio, invece, obiettivi di serie B.
Non risulta, in tale prospettiva, necessario (perché insensato) che a scuola si lavori con accanimento per sviluppare competenze trascurando le discipline: solidi e significativi apprendimenti disciplinari sono imprescindibili per il conseguimento di competenze. La competenza potrebbe essere un fine, ma anche no, se non vi sono le condizioni.
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Le competenze non si sviluppano “in automatico” e serve dedicare loro tempo e strategie appropriate.
A scuola non si può (e non si deve) lavorare solo per le competenze, anche perché l’attuale organizzazione curricolare e amministrativa non lo consente (un’impostazione integralmente concepita per competenze richiederebbe un ripensamento altrettanto integrale della struttura dei curricoli e dei loro contenuti epistemologici, e di conseguenza anche un’idea di cosa serva insegnare e apprendere nel XXI secolo: una vera rivoluzione dopo quella illuminista).
Nelle attuali condizioni credo che al lavoro per le competenze (da sviluppare e non solo da valutare) possa sensatamente essere destinata una parte circoscritta dell’anno scolastico perché, dal punto di vista delle competenze, devono essere sviluppate anche le “risorse” per le competenze, ivi compresi i processi cognitivi (mobilizzazione, riconoscimento, valutazione, contestualizzazione, utilizzo) che le rendono possibili.
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In senso stretto la competenza è la dinamizzazione delle risorse. Se non ci sono le “risorse” non c’è niente da dinamizzare.
Un’ ultima doverosa riflessione (e riguarda il tema dell’aziendalizzazione della scuola, che è anche una mia preoccupazione): se un problema con le competenze c’è, esso riguarda non tanto la loro essenza quanto il loro contenuto: di quali competenze ci vogliamo occupare? Quelle che l’Europa ci chiede? Quelle che il mondo del lavoro ci chiede? Competenze per adattare le persone al mondo o competenze perché le persone costruiscano il mondo?
Secondo me dovremo riscrivere le competenze chiave di cittadinanza e l’insieme delle competenze che si possono sviluppare a scuola in un’ottica umanistica. (Magari aggiornando il libro bianco di Delors e di Cresson)
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PS. Tra gli extra delle competenze metterei la questione della disintegrazione e ricostruzione delle discipline qualora si voglia finalizzare tutta l’attività didattica allo sviluppo di competenze. Bisogna riparlarne se no ci impantana
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Per un approfondimento https://www.giannimarconato.it/2016/09/cosa-bisogna-sapere-e-saper-fare-per-realizzare-una-buona-didattica-per-le-competenze/
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