Pubblicato 24.04.2013
A scanso di equivoci, dico di NO.
Eppure l’apertura di tanti corsi, soprattutto universitari, on-line, non ultima la moda dei MOOCs, i Massive Open Online Courses tipo Cursera, Audacity con le loro migliaia di utenti a partecipazione gratuita, ha fatto e fa gridare a tanti (sprovveduti o in odore di conflitto di interessi) alla realizzazione del sogno di una scuola di qualità per tutti ed a costo praticamente nullo.
Apparentemente le cose stanno così: le migliori università del mondo ed i loro migliori docenti offrono gratuitamente sul web i loro corsi ed a questi possono partecipare, e partecipano, migliaia di studenti.
La questione è: quale è la qualità di questa offerta formativa? E soprattutto, si tratta di una offerta “formativa”?
Se guardiamo agli standard didattici accademici che vedono il prevalere di una didattica ex-cathedra con tutti i limiti, conclamati e criticati, via web abbiamo la ripetizione di quell’approccio, solo che invece di avere un insegnante in carne ed ossa che parla, ne abbiamo uno che lo fa attraverso una videoregistrazione e qualche dispensa. Nessuna interazione con gli studenti (come avviene, comunque, nelle aule con decine se non centinaia di studenti), interazione che è l’essenza della “relazione” didattica. A salvare un po’ la baracca ci pensano gli studenti che interagiscono tra di loro dandosi reciproco feedback, sostenendosi nella comprensione ….
Al di là di questa assente innovazione didattica, la questione è un’altra ed è ben preoccupante: le supposte (!) innovazioni possibili grazie al digitale, in assenza di un cambiamento di paradigma del loro “contenuto” sono delle modalità per tagliare sui costi dell’istruzione offrendo un servizio di qualità inferiore. O un modo per farsi pubblicità.
Come ben testimoniano alcuni casi eclatanti, e non limite, il risultato è che chi utilizza queste opportunità lo fa perché non gli è possibile cogliere un’opportunità maggiormente qualificata: le tecnologie creano nuova esclusione, altro che democrazia!
Conclusione: credere che con il semplice uso delle tecnologie e la correlata apertura/facilitazione dell’accesso ad opportunità formative si faccia democrazia dell’istruzione, è una mistificazione colossale della problematica, una semplificazione eccessiva che solo chi non conosce la questione può avanzare simili suggestioni.
Più che alla democratizzazione dell’istruzione, assistiamo all’industrializzazione, alla meccanizzazione dell’istruzione.
Lo dimostra anche un articolo di Repubblica del 23 aprile 2013 dal titolo eloquente: Usa, guerra sulle università online: “Democratiche? No, solo un bluff””
Non sono d’accordo assolutamente.
La bassa qualità dell’insegnamento non è dovuta al mezzo di comunicazione che è l’web.
La mediocrità del docente può essere in aula come nell’etere.
L’web raggiunge planetariamente le categorie impossibilitate a raggiungere fisicamente l’istruzione di qualità altrimenti riservata ai figli abbienti.
La tecnologia permette di fare comunity QUASI come essere in aula e permette l’interazione tra studenti e docente.
Certo che e meglio essere in aula tutti insieme per creare miglior contaminazione! Ma i vantaggi dell’opzione web sono talmente tanti da non potersi permettere di assumere posizioni tali da mettere in dubbio l’evidente e palese democrazia che si manifesta.
Anche perché l’insegnamento via web non preclude l’uso dell’aula.
Prendere posizioni diverse assume un sapore di protezionismo lobbistico.
Grazie Fabio per aver portato il tuo punto di vista, però a me non
sembra di aver detto quello che tu mi attribuisci. Non attribuisco
alcuna colpa al web nella innovazione della didattica, dico solo che
non possiamo ritenere innovativa una didattica solo se la si mette sul
web e non cambia di paradigma. Relativamente alla questione democrazia, ho voluto evidenziare come il Web si presti anche ad operazioni di segno opposto all’emancipazione di chi ha meno possibilità. Anche qui la colpa non è dello strumento, ma di chi lo usa.
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