La recente nuova valutazione nella scuola primaria (dicembre 2020) sta suscitando dopo due anni di applicazione sperimentale forti reazioni di rigetto soprattutto dove si sono seguite in modo letterale le linee guida e la formazione istituzionale perché questa valutazione si è rivelata essere un’operazione di burocrazia didattica, generatrice di dispositivi valutativi ipertrofici, con “prodotti” (documenti di valutazione e giudizi descrittivi) privi di significato per i diversi utilizzatori e perché richiede un consistente dispendio di energie ad essere resa operativa; un po’ meglio pare stia andando dove ci si attiene alle poche prescrizioni date dalla normativa e ci si assume la responsabilità di agire tutta l’autonomia data dalla normativa stessa e usando in modo leggero, e per quello che sono, le linee guida.
In tutto questo clima valutativo un po’ tossico un ruolo non certamente marginale lo hanno le linee guida allegate all’ordinanza ministeriale.
Cosa sono, in generale, le “linee guida”?
Prendiamo da Wikipedia.
Una linea guida è un insieme di informazioni sviluppate sistematicamente, sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e valide, redatto allo scopo di rendere appropriato, e con un elevato standard di qualità, un comportamento desiderato. Prevalentemente non si tratta di procedure obbligatorie (in questo caso si parla di protocollo, di codice o procedura).
Tali norme sono contenute in documenti portati a conoscenza di una platea di interessati (ad esempio con una circolare) e costituiscono una base di partenza per l’impostazione di comportamenti e modus operandi condivisi in organizzazioni di ogni genere (sia private, sia pubbliche) nel campo sociale, politico, economico, aziendale, medico e così via.
Si tratta, quindi, di:
- Informazioni
- Basate su conoscenze valide
- Continuamente aggiornate
- Per attivare un comportamento desiderato e condiviso
Nella definizione viene ben messo in evidenza che non si tratta di procedure obbligatorie perché gli obblighi vengono imposti solo da leggi.
Pertanto e in breve:
- i comportamenti indicati in “linee guida” sono suggerimenti, consiglio e non prescrizioni;
- derivano il proprio valore dall’autorevolezza delle fonti di riferimento e dei soggetti che le hanno formulate.
Fin qui la questione in termini generali.
Veniamo allo specifico delle linee guida per la nuova valutazione nella scuola primaria.
Questa nuova modalità di valutazione accolta inizialmente con molto favore perché portava al tanto auspicato superamento del voto sta incontrando, a seguito della traduzione operativa, un crescente rigetto soprattutto per essersi spesso rivelata un’attività di mera burocrazia, priva di valore aggiunto, con assenza o povertà di significato per tutti i soggetti interessati.
Queste sensazioni sono generate dai dispositivi ipertrofici che sono stati messi in atto (documenti di valutazione anche di 40 pagine), dalle indicazioni tecniche fornite (su tutto, i criteri uguali per tutte le materie e di contenuto inadatto a valutare conoscenze) e dall’approssimazione concettuale dell’intero impianto (in cosa consiste veramente la valutazione come strumento di promozione dell’apprendimento).
A questo punto si pone la questione del come si sia arrivati a questo stato di cose e ad una occasione mancata per ripensare una pratica didattica diventa automatica, non intenzionale, un adempimento amministrativo.
Come ho già argomentato in precedenza, una cattiva concettualizzazione di “valutazione per l’apprendimento“non facilita l’identificazione del cosa valutare e del come farlo con la conseguenza che si procede senza una meta chiara, in modo confuso.
Con queste premesse, l’operatività è stata fortemente condizionata da una formazione “istituzionale” che ha forzato la normativa veicolando messaggi disfunzionali alla comprensione del significato di una diversa valutazione, alla realizzazione di una buona valutazione, di senso pedagogico e didattico e operativamente sostenibile.
La normativa pone vincoli limitati e riconduce ciò che è obbligatorio al solo formulare la valutazione finale con un “giudizio descrittivo” e l’attribuzione di un livello, lasciando ogni altra decisione alla libera scelta di ogni singola scuola.
Non vi è alcun obbligo a strutturare il giudizio descrittivo formulando la valutazione di ogni obiettivo perché gli obiettivi sono definiti nella normativa, come è logico che sia, dei “riferimenti” – cioè oggetti da traguardare – per la valutazione. Come si potrebbe, d’altronde, formulare una valutazione finale – che deve restituire un’immagine globale dell’apprendimento di una materia, esplicitando un giudizio per qualche decina di oggetti di apprendimento?
Tra una valutazione sintetica espressa attraverso un numero e una analitica di qualche decina di pagine, ci potrà essere una formulazione comprensibile ed utile?
La valutazione di ogni obiettivo potrebbe anche avere una sua utilità nel processo di insegnamento e di apprendimento (anzi, ce l’ha certamente) ma dovrebbe essere collocata in altro contesto.
A supporto delle decisioni delle scuole sono state fornite delle linee guida, ed è in questo passaggio che nasce il problema più rilevante.
Le linee guida sono state fatte passare come normativa, ovvero quelli che sono nulla di più di suggerimenti (pur – forse – autorevoli) sono stati fatti passare per passaggi obbligati, per vincoli.
E così i criteri da utilizzare per la variazione dei livelli della valutazione devono essere solo quelli indicati nelle linee guida e devono essere utilizzati per tutte le materie, dimenticando che ognuna ha una sua logica, ha sue proprie dimensioni di qualità.
Quei criteri sono, così, diventati della forzature che ingabbiano in uno schematismo inefficiente ed inefficace la valutazione e il loro utilizzo blindato porta a giudizi descrittivi le cui formulazioni sono forzate e incomprensibili. La qualità dell’ apprendimento di una materia è determinata da dimensioni molto diverse da quelle presenti nelle linee guida. Oltretutto, quei criteri sembrano più adeguati a valutare competenze (con tutta l’ambiguità di questo termine) che conoscenze.
Stesso problema per gli obiettivi da valutare uno per uno: da semplici (e ovvi) riferimenti per la didattica e la valutazione, sono diventati di obbligata valutazione da ricomprendere nel documento di valutazione.
Le libere scelte di ogni collegio, grazie alla formazione istituzionale martellante e a senso unico – rinforzata da quella promossa dall’editoria scolastica e dai suoi prodotti – si sono uniformate culturalmente e operativamente su concetti deboli e attraverso prassi ipertrofiche.
Una cultura del controllo e della standardizzazione e un malinteso senso della trasparenza, ben diffusi nelle scuole, ha fatto il resto.
La nuova valutazione nella scuola primaria è, così, diventata una normativa da applicare e non un approccio culturale da capire e da rendere operativo all’ interno di un insieme di significati pedagogici e didattici, di una visione di scuola e di ruolo dell’insegnante e, perché no, come una occasione di comunicazione autentica con le famiglie e uno strumento per il loro coinvolgimento nel percorso educativo dei figli e delle figlie.
Ecco perché la nuova valutazione si è ridotta ad essere un adempimento amministrativo che assorbe un’ingente quantità di risorse (tempo ed energie intellettuali) e che genera “prodotti” privi di significato per gli insegnanti, per gli alunni e le alunne e per le famiglie.
In questo meccanismo perverso un ruolo non secondario lo ha il registro elettronico che sembra essere diventato il vero destinatario della nuova valutazione che viene subordinata nei contenuti e nelle modalità operative ai meccanismi tecnici dello strumento.
Va ricordato che nell’OM si fa un esplicito riferimento all’uso “EVENTUALE”, quindi non vincolante, del registro elettronico:
Art. 3.3
Le istituzioni scolastiche adottano modalità di interrelazione con le famiglie, eventualmente attraverso l’uso del registro elettronico, senza alcuna formalità amministrativa, curando le necessarie interlocuzioni tra insegnanti e famiglie, ai fini di garantire la necessaria trasparenza del processo di valutazione, con particolare riferimento alle famiglie non italofone.
Come rimettere in carreggiata questa valutazione perché sia davvero nuova?
Serve certamente un intervento di decondizionamento da pratiche povere di significato e che non hanno alcun fondamento nella normativa.
Due sono le operazioni che dovrebbero essere compiute in via preliminare per poter sperare in un nuovo approccio:
- Fare chiarezza su quali siano gli aspetti obbligatori della valutazione;
- Portare la responsabilità delle decisioni sulle modalità di valutazione all’interno dei collegi e dei consigli di classe.
Relativamente alla prima questione va evidenziato che le linee guida non sono normativa ma, come viene esplicitamente detto nell’OM di dicembre 2020 all’articolo 5.2: Le Linee guida suggeriscono strumenti e processi ad essi collegati.
Va evidenziato, inoltre, che le linee guida trovano la loro autorevolezza e credibilità nei fondamenti scientifici o nello stato dell’arte del dominio di conoscenza su cui intervengono.
Val la pena di ricordare che la didattica ha molto poco di scientifico, di “vero”, che ci sono evidenze di efficacia di talune pratiche in specifici contesti . Di conseguenza, ogni linea guida, ogni suggerimento di pratiche in questo ambito può averne una di segno opposto e ugualmente credibile. Oltretutto, a distanza di tempo, le linee guida per la valutazione si sono dimostrate essere di dubbia utilità ed efficacia e necessiterebbero di una profonda revisione.
Dalla normativa di riferimento per la valutazione (Decreto legislativo n. 62/2017/ e Ordinanza ministeriale 172 del 4.12.2020) i vincoli all’interno dei quali si deve strutturare la pratica valutativa sono:
Decreto legislativo n. 62/2017
Art. 2 .. e’ effettuata dai docenti nell’esercizio della propria autonomia professionale, in conformità con i criteri e le modalità definiti dal collegio dei docenti e inseriti nel piano triennale dell’offerta formativa.
Art. 5
Per favorire i rapporti scuola-famiglia, le istituzioni scolastiche adottano modalità di comunicazione efficaci e trasparenti in merito alla valutazione del percorso scolastico delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti.
OM 2020
Art. 3 . 1
… la valutazione periodica e finale per ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni Nazionali, … è formulata attraverso un giudizio descrittivo riportato nel documento di valutazione, nella prospettiva formativa della valutazione e della valorizzazione del miglioramento degli apprendimenti.
Art. 3.2
La valutazione in itinere, in coerenza con i criteri e le modalità di valutazione definiti nel Piano triennale dell’Offerta Formativa, resta espressa nelle forme che il docente ritiene opportune e che restituiscano all’alunno, in modo pienamente comprensibile, il livello di padronanza dei contenuti verificati
3.4
I giudizi descrittivi, di cui al comma 1, sono riferiti agli obiettivi oggetto di valutazione definiti nel curricolo d’istituto, e sono riportati nel documento di valutazione
3.6
I giudizi descrittivi da riportare nel documento di valutazione sono correlati ai seguenti livelli di apprendimento (….)
3.7
L’Istituzione scolastica elabora i criteri di valutazione, da inserire nel piano triennale dell’offerta formativa
5.2.
Le Linee guida suggeriscono strumenti e processi ad essi collegati
La natura delle linee guida è esplicitata anche nelle linee guida stesse:
- Nella parte conclusiva dell’introduzione quando viene affermato che: ” In base a questo quadro teorico-normativo le presenti Linee Guida offrono ai docenti orientamenti per la formulazione del giudizio descrittivo nella valutazione periodica e finale
- Nella trattazione del documento di valutazione si afferma: ” … con cui esprimere la valutazione descrittiva nel Documento di Valutazione: in ottemperanza a quanto previsto dal decreto legislativo n. 62/2017, ogni istituzione scolastica, nell’esercizio della propria autonomia, elabora il Documento di Valutazione, tenendo conto sia delle modalità di lavoro e della cultura professionale della scuola, sia dell’efficacia e della trasparenza comunicativa nei confronti di alunni e genitori. Anche nella forma grafica, si possono utilizzare modelli e soluzioni differenti
Relativamente alla seconda questione è necessario che ogni insegnante, ogni collegio, ogni consiglio di classe si assuma la responsabilità di decidere come strutturare il dispositivo valutativo per i propri studenti e le proprie studentesse, ovvero decidere:
- Cosa valutare
- Quando valutare
- Come valutare
- Come documentare le attività
- Come utilizzare il registro elettronico
- Quali elementi (contenuti) includere nei giudizi ufficiali
- Come comunicare la valutazione.
Nell’ideare e rendere operativo il dispositivo valutativo nella propria scuola ci si dovrebbe far guidare da questi principi:
- Ogni azione intrapresa dovrebbe avere un senso didattico e non essere un mero adempimento amministrativo
- Gli aspetti formalizzati dovrebbero essere limitati all’essenziale per avere una cornice di riferimento comune ma anche per consentire ad ogni insegnante un’azione non standardizzata ma coerente con il contesto in cui opera.
Un’ultima nota su quella che ho definito debole concettualizzazione del costrutto di “valutazione per l’apprendimento”.
Così come è presentata nella documentazione ufficiale e nelle linee guida, non è per niente chiaro cosa sia la cosiddetta “valutazione per l’apprendimento”.
Questa poca chiarezza è dovuta all’aver voluto tenere insieme due finalizzazioni valutative che a normativa vigente sono presenti ma che hanno significati e pratiche differenti: la valutazione certificativa e quella per l’apprendimento in senso stretto.
La valutazione certificativa può essere formulata attraverso giudizi descrittivi (una valutazione analitica alternativa a quella sintetica formulata attraverso un numero).
Lo scopo di favorire l’apprendimento attraverso la valutazione non si concretizza nelle modalità di formulazione dei giudizi o nella loro analiticità ma nel fornire feedback tempestivi e circostanziati lungo tutte le attività di insegnamento e di apprendimento. La valutazione è “per l’apprendimento” se, soprattutto, è di aiuto allo studente per regolare il proprio apprendimento più che all’insegnante e al suo calibrare l’attività didattica.
Sono certo che tenendo concettualmente distinte queste finalizzazioni si possono agire le relative pratiche con maggior efficienza ed efficacia: più chiarezza in testa, più finalizzata la pratica.
Nel 1960 e 61 da studente ho fatto la traversata del Rosa dal rifugio Gnifetti alla Capanna Sella e la Marmolada nel 63, ma all’epoca per un minimo di cultura della montagna che avessimo noi studenti di città sapevamo che il ghiacciaio si va solo di notte (per vedere l’alba) e che alle 10 bisogna essere sul sentiero del ritorno (e ancora non si parlava di crisi climatica) anche se Antonio Stoppani aveva avvertito re Umberto I, che i ghiacciai italiani si stavano ritirando, ed erano gli anni Novamta dell’Ottocento. Il turismo di massa e il capitalismo bancario ha permesso (imposto) a della gente di culturalmente ignara di trovarsi su un ghicciaio alle 14. La scuola ha assimilato la logica del successo e il BEL PAESE è diventato una caciotta.