Luciano Galliani, università di Padova, apre il convegno con un intervento sulle condizioni necessarie affinché il Life Long Learning e l’e-learning si supportino a vicenda
Con piacere, sento da lui affermare che rimane critica la qualità didattica e pedagogica dei servizi e dei contenuti del così detto “e-learning”. Il piacere non è, ovviamente, dovuto all’esistenza di questa criticità, ma al fatto che da una posizione autorevole quale è quella di Galliani, che da decenni si occupa di pedagogia e didattica con le tecnologie, dalla multimedailità al web, si evidenzi che sono ancora molte le ombre sugli usi didattici delle tecnologie. Una riflessione onesta, oltre i panegirici del poter taumaturgico delle tecnologie di migliorare il nostro sistema educativo grazie al loro semplice uso come fossero un anfetaminico ad effetto immediato e proloungato!!!
Per Galliani, i tre processi chiave dell’educazione (informazione, conoscenza ed apprendimento), con l’avvento delle tecnologie diventano ipertestuali, contestuali ed autoregolativi generando un modello, nella prospettiva del web2, che implica
- il ridisegno epistemologico dei saperi,
- nuovi paradigmi di apprendimento,
- nuove forme di didattica integrata e
- nuovi profili professionali.
Tra i nuovi profili citati da Galliani, a mio parere manca quello fondamentale, quello dal cui lavoro dipende, non solo quello degli altri ruolo, ma la vera e propria “qualità” dell’intervento, quello del “progettista di ambienti di apprendimento”.
Di fronte ad un obiettivo da conseguire, alle risorse ed ai vincoli in cui si svolgerà l’azione formativa, le possibili piste da percorrere sono numerose, almeno quante le “strategie di apprendimento” che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione. Quali scelte pedagogiche, didattiche, organizzative, tecnologiche compiere? In questo momento, di ideazione e progettazione, si decide molta della qualità futura dell’intervento.
Altri spunti di riflessione offerti da Galliani:
- andare oltre il concetto di apprendimento a distanza a favore dell’apprendimento “aperto” (un recupero attualizzato del “vecchio” modello di “Open and Distance Learning” pre-digitale, anni ’80 e ’90’? );
- personalizzazione degli ambienti di apprendimento,
- riconoscimento della molteplicità delle forme di costruzione del sapere;
- strutturare la didattica ad “impalcatura variabile”;
- sviluppare di contesti collaborativi e cooperativi, di apprendimento riflessivo sulle pratiche, di apprendimento trasformativo nelle organizzazioni, di apprendimento autodiretto e libero;
- ontologie di dominio collegate ad antropologie di condivisione,
- azioni educative radicate nelle comunità di discorso e pratica
Fortemente condivisa ed apprezzata, non solo da me, la sua conclusione: se questo è il contesto, non servono Learning Objec: i percorsi devono essere personalizzati; le “pillole di conoscenza” non hanno senso. Sono, a dirla, con Jonassen (a Bolzano 07, pre-conference workshop), un ossimoro …