Si, capita anche questo. Che le tecnologie siano d’ostacolo alla libera espressione e all’operoso lavoro dell’insegnante.
Non è una battuta: è quanto mi sono sentito dire da un dirigente scolastico. Ma andiamo con ordine.
Mesi fa questo dirigente, persona stimabilissima, uno che guarda avanti, uno cui non si potrebbe applicare la sindrome che Antonio Saccoccio chiama del torcicollo nostalgico ….. , mi chiede di mettergli a punto un ambiente on-line in cui i suoi insegnanti di materie diverse e presenti in plessi tra di loro ben lontani potessero collaborare per condividere esperienze, metodologie, materiali, anche per dare un “impronta” distintiva all’offerta formativa di quella scuola.
Facciamo alcuni incontri in presenza per mettere a punto i contenuti del progetto e per condividere le modalità operative. Si conviene di usare Moodle per limitare il lavoro in presenza, sempre difficoltoso da organizzare, e come ambiente di comunicazione (forum), di condivisione dei materiali (upload di file), di costruzione collaborativa (wiki); si fa adeguata formazione alla tecnica dello strumento … ma le attività stentano a decollare.
Sento gli insegnanti e la motivazione da quasi tutti portata è la mancanza di tempo da dedicare a questo lavoro, oberati come sono dalle altre attività scolastiche. Ne parlo con il dirigente chiedendogli di crere le condizioni organizzative perchè possano lavorare … lui fa la sua indagine e…. mi informa che gli insegnanti gli hanno detto che la vera ragione dello stallo è rappresentata dalle tecnologie, che le tecnologie non facilitano il lavoro … anzi … meglio ritornare a modalità di lavoro più tradizionali … anzi che Marconato è ossessionato dalle tecnologie e le ficca dappertutto …
Sul momento, assai seccato, propongo di riallineare il progetto e di sostituire Moodle con uno scaffale e di chiedere agli insegnanti di venire nella sede principale (distante anche 50 km dal plesso di lavoro di alcuni), di depositare lì i loro lavori, di passare di tanto in tanto a vedere se qualcuno ha messo qualcosa di nuovo, di fotocopiarli i materiali che ritengono utili, di lasciarsi sempre nello scaffale dei bigliettini con dei commenti, delle domande, di telefonarsi di tanto in quanto, sempre che il telefono con tutta la tecnologia incorporata, non rappresenti anch’esso un ostacolo, di organizzare, dopo decine e decine di telefonate (fatte dalla segreteria), un incontri in presenza, incontro al quale saranno presenti non più del 10% in quanto, come ovvio che sia, considerato che sono insegnanti, impegnati a insegnare …
Staremo a vedere se, tolte di mezzo le tecnologie, il progetto prenderà vigore, se gli insegnanti saranno entusiasti di lavorare, se si collaborerà, si condividerà, si produrrà. Staremo a vedere se si troverà il tempo .. la motivazione … il senso … staremo a vedere se erano le tecnologie a ostacolare o se era qualcos’altro …..
Integrazione post pubblicazione
La mia arrabbiatura per la reazione riportata (non so quanti degli insegnanti coinvolti la condividano) non è dovuta al mio difendere le tecnologie … a prescindere. Chi mi segue qui sa che per me le tecnologie non sono sempre e comunque un valore e che credo vadano usate solo quando danno un chiaro valore aggiunto.
Nel caso specifico, il valore aggiunto è dato dall’aiutare a far fronte al problema della possibilità di sviluppare il lavoro di progetto solo attraverso incontri in presenza considerato che sono coinvolti una ventina di insegnanti per ciascino dei tre gruppi, che questi insegnano in scuole a tempo pieno, che un paio di scuole distano dal capoluogo circa 50 km. Le tecnologie, quindi, come fattore di abilitazione e di facilitazione.
Ciò premesso, un paio di considerazioni su cosa l’incidente può insegnare.
- Creare le condizioni per poter lavorare e studiare a distanza. Pare che, nella rappresentazione di tanti, l’uso delle tecnologie non comporti il consumo di tempo. Lavorare e studiare “a distanza” lo si fa a tempo zero e, quindi, non serve dedicarci un tempo specifico, non serve sottrarre tempo a qualche altra attività per dedicarsi a quella, non serve organizzare i momenti di lavoro ….. Pare sciocco evidenziare che anche lavorare e studiare a distanza richiede tempo e che quel tempo deve saltare fuori da qualche parte .. e invece, no, il lavoro a distanza si può fare a tempo zero; chi assegna un lavoro a distanza non deve riconoscere quel tempo, non deve liberare chi deve lavorare in quel modo da altri impegni, chi lavora non è necessario si programmi l’impegno …. con il risultato che se si deve lavorare a distanza, cosa di per sè già difficile, prima si rinvia, poi si rinvia ancora e alla fine, non si lavora e si abbandona – con frustrazione – il progetto
- Dare senso al lavoro. Anche quando si creano sul piano organizzativo e individuale le migliori condizioni per lavorare a distanza, se il lavoro non ha un senso personale, l’impresa rimane alquanto difficile sia perchè nessun adulto sano di mente farebbe per troppo tempo e a un livello di qualità un lavoro se non trovasse una ragione, sia perchè lavorare, come studiare, a distanza è molto, ma molto, più difficile che farlo in presenza dove la “presenza” stessa dà una struttura ed un supporto al lavoro
- Allenarsi a lavorare a distanza. Lavorare, e studiare, a distanza richiede abilità tecniche ed organizzative specifiche come richiede, anche, uno specifico set di atteggiamenti. Queste abilità e questi atteggiamenti non sono inseriti nel nostro patrimonio genetico e vanno sviluppati con gradualità, ed anche questo richiede tempo, fatica, volontà …..
- Le “scappatoie” del lavoro in presenza. Non dobbiamo trascurare neppure l’ipotesi dell’insegnante fannullone. Come tra tutti gli esseri umani, idraulici o ingegneri, anche tra gli insegnanti qualcuno di fannullone lo si può trovare (e lo si trova), quello che vegeta parassitamente sul lavoro dei colleghi, quello che non ha voglia di aggiornarsi, di innovare, quello che non vive con responsabilità il proprio lavoro… Consideriamo, quindi, il caso dell’insegnante fannullone: se si lavora in presenza, cioè attraverso “riunioni” che attivano anche del lavoro individuale e a casa, se si manca ad una riunione – e a volte pesa meno insegnare o fare qualcos’altro, che andare ad una riunione, si è assolti da ogni dovere, si ha la giustificazione per non fare, per non lavorare; un motivo per essere assente anche alla prossima riunione lo si può trovare . Lavorando a distanza, alcuni alibi vengono meno perchè trovare il tempo per lavorare, e lavorare, è una responsabilità della persona e non vi è alcun alibi per non produrre qualcosa. Con le tecnologie, l’insegnante fannullone viene smascherato. Risulta, quindi, più comodo, psicologicamente, eticamente, socialmente, dire che le tecnologie sono d’ostacolo che autocertificare di essere un fannullone.
Se un docente fa la sua ora di lezione, si è già guadagnato il suo stipendio con il semplice trascorrere del tempo: non vi sono indicatori subito evidenti che aiutino a misurare la produttività del suo lavoro. Può essere stato un ottimo o un pessimo docente.
Se deve lasciare traccia del suo lavoro con l’uso di tecnologie, allora assai probabilmente il tempo del suo orario di lavoro non gli sarà più sufficiente: dovrà lavorare molto anche a casa per lavorare sui contenuti della sua didattica e per raffinare le sue abilità nell’uso stesso delle tecnologie.
Chi glielo fa fare? E dov’è l’entusiasmo e la volontà di collaborare di colleghi ed alunni?
Per non dire poi che le tecnologie sono un pò come la matematica: se non la capisci, ti sta assai antipatica! … bisogna esserne un pò innamorati per metterci dentro le mani!
“di passare di tanto in quanto” Si dice “di tanto in tanto”
@ hai ragione, Antonio ……grazie per la correzione dell’errore
questa è gente che, in media salvo eccezioni, in realtà fa finta di voler fare di più ma in realtà non gliene importa(PUNTO)
Ah, Gianni!… a proposito di … correzione! … con una zeta
… e … al operoso lavoro … non sarà all’operoso?
Bello Gianni, il post e il caso sollevato intendo.
Tocca il cuore del problema Tech&Did quando usciamo dalla teoria e andiamo a scuola.
Aggiungo una piccola riproposizione del tuo caso, con diverse varianti.
Quest’anno con una classe (+- 16enni, tecnico) sto sperimentando l’inversione del focus tra online (moodle) e ore classiche in presenza [+- in classe si discute e si rivede quanto creato e postato online].
Ovviamente contestazioni.
Non sono ancora finite.
La più simpatica sul verbale di un’assemblea di classe “il prof con internet ci confonde le idee” {in sostanza: “il prof. Bondi è ossessionato dalle tecnologie e le ficca dappertutto…“}
Ovviamente netloggano feisbokkano e fotouplodano a gogò, tutti, ma su -e per- i fatti loro
caro Roberto, alloa non siamo dei ficcatecnologie, la versione digitale del ficcanaso … fastidioso, ossessivo, malducato …..
Credo che tanti problemi nascano anche (dico “anche”) perchè con le tecnologie non si bara, non ci si nasconde dietro il dito( dito che sarebbe, leggendo commenti qui sopra, anche quello che indica la luna ….). E, in aggiunta, che usare le tecnologie bisogna fare anche la fatica di impararle ad usare ….
La butto là: che le tecnologie non siano anche la cartina di tornasole dello sfaticato?
Non che noi, ficcatecnologie, siamo immuni da colpe .. i nostri errori li abbiamo fatti …. ed un po’ di mea culpa la dobbiamo fare
Condivido molto il tuo ultimo commento, Gianni: la tecnologia può abbattere di molto distanze, difficoltà, tempi di realizzazione. Oggi si ha la possibilità di accelerare di molto lavori prima lunghi e dispendiosi. E dunque le tecnologie abbattono anche le scuse della mancanza di tempo: da casa, tra una lavatrice e un cambio pannolino, si possono completare fior fiori di progetti, girando di tanto in tanto il sugo. Si, penso che lo sfaticato e il demotivato abbiano vita difficile a giustificare in modo credibile e decente il mancato impegno: per questo si finisce per incolpare chi (il ficcatecnologie)e il cosa (le tecnolgie) responsabili della svalutazione di quelle bugie finora andate bene.
Grazie Gianni per la correZZione del tuo post: DI TANTO IN QUANTO ci vuole una bella riflessione per dar valore AL’OPEROSO lavoro del docente, preoccupandoti molto più della sostanza che degli accidenti.
E no Roberto,
ci sono già i ministri a sparare a zero su di noi. Per favore non farlo anche tu. I docenti che non abbracciano le nuove tecnologie, come abbiamo fatto noi, non sono dei fannulloni. Vorrei che questa parola non venisse più associata alla nostra categoria. Tutti, ma proprio tutti, sono coinvolti in attività extradidattiche che, qualche volta, li affogano. La scuola va avanti con il volontariato. Certi colleghi mi ricordano Paperino albergatore che faceva il portiere, il cuoco, il parcheggiatore, le pulizie, il direttore ecc. E la cosa più drammatica è che gli incarichi vengono dati a CHI HA TEMPO, non in base alle loro attitudini. Negli ultimi corsi sulla LIM c’era il 30% di iscritti che non sapeva nemmeno di essere iscritto. Altri che passavano davanti alla presidenza quando si doveva dare la disponibilità. NOn dire che ci sono in giro dei fannulloni: c’è gente demotivata, mortificata, svalorizzata.
Anzichè criticare chi non si vuole impegnare in attività per le quali non si sente portata è meglio per la scuola e per l’insegnamento aspettare che sentano la necessità di altri strumenti, ma non obbligarli. Lasciamo che sviluppino il loro potenziale di competenze nel settore che loro stessi scelgono. La ricerca e l’aggiornamento didattico non sono solo tecnologici. quando decideremo di avere una scuola veramente europea, ci saranno figure professionali diversificate e allora si ragionerà in modo diverso. Oggi i docenti si occupano dei massimi sistemi e della carta igienica in bagno. Anzichè sparare sui colleghi, proporrei di aggiornare la scuola nelle strutture e nell’organizzazione. Abbiamo fatto corsi di aggiornamento sulle LIM a colleghi che potevano accedere allo strumento una volta alla settimana per un’ora: ma come credi che possano innamorarsi di queste tecnologie?
appoggio la tua analisi, aggiungo:paradossalmente gli insegnanti (in generale), odiano imparare
Perfettamente d'accordo. Il percorso dell'insegnante non finisce mai, imparare e sempre ma sopratutto in qualunque modo altrimenti non si saprebbe più cosa insegnare…fare solo una stessa lezione due volte e allo stesso modo annoia me per prima. La tecnologia come STRUMENTO in primo luogo e non in se stessa è utilissima, ma saperla usare e districarsi nel mondo e nelle possibilità infinite che offre è impegnativo. Non vorrei essere troppo critica, ma ci sono insegnanti che non approfondiscono neanche la loro materia, figuriamoci poi mettersi in gioco con "cose" fuori dal loro seminato. Il discorso che la scuola è cambiata che i ragazzi non sono più gli stessi che il lavoro dei docenti non è riconosciuto…è reale, una reale constatazione, ma non si trasforma in una banale scusa quando il prof è chiamato in prima persona a cambiarsi per cambiare? Gianni continua così, ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire…
@ Cristina, certo che si può lavorare a distanza (cioè in un ambiente dove si possa interagire, collaborare, condividere) tra la carica della lavatrice e lo svuotamento della lavastoviglie, ma chi lo fa realmente?
Lo fa solo chi è motivato, mo-ti-va-to. Detto diversamente e meno in poesia, lo fa l’insegnante che percepisce l’insegnamento come suo scopo principale e l’apprendimento come mission della propria professione, l’insegnante ha un forte committment, impegno, verso il proprio aggiornamento, uno che sa di dover lavorare per il proprio miglioramento continuo. E quanti sono quelli che rispondono a questo profilo? E quanti che trovano, sempre e comunque, mille auto-giustificazioni a non farlo?
@ Bruna, nessuna associazione “insegnante che non usa le tecnologie = fannullone”.
Nella mia analisi era sola una delle possibilità e anche l’ultima che ho scritto. Ciò non toglie che ci siano anche casi in cui l’equivalenza calza a pennello e non credo che sia utile alla causa comune difendere sempre, tutti, comunque …
Concordo pienamente con te quando dici di non criminalizzare chi non usa le tecnologie e di lasciare che maturi l’esigenza, la consapevolezza. Non credo che “imporre” serva a tanto. Avrai, forse, ubbidienza immediata e di breve durata ma, cosa peggiore, non si attiverà alcun processo di miglioramento e di cambiamento. Con l’ulteriore danno di aver fatto perdere l’appettibilità delle tecnologie e di aver attivato nuove resistenze. Conosco anche casi simili. Mi sa che prima o poi parlerò anche di “ingiunzione tecnologica”
appoggio la tua analisi, aggiungo:paradossalmente gli insegnanti (in generale), odiano imparare
Perfettamente d'accordo. Il percorso dell'insegnante non finisce mai, imparare e sempre ma sopratutto in qualunque modo altrimenti non si saprebbe più cosa insegnare…fare solo una stessa lezione due volte e allo stesso modo annoia me per prima. La tecnologia come STRUMENTO in primo luogo e non in se stessa è utilissima, ma saperla usare e districarsi nel mondo e nelle possibilità infinite che offre è impegnativo. Non vorrei essere troppo critica, ma ci sono insegnanti che non approfondiscono neanche la loro materia, figuriamoci poi mettersi in gioco con "cose" fuori dal loro seminato. Il discorso che la scuola è cambiata che i ragazzi non sono più gli stessi che il lavoro dei docenti non è riconosciuto…è reale, una reale constatazione, ma non si trasforma in una banale scusa quando il prof è chiamato in prima persona a cambiarsi per cambiare? Gianni continua così, ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire…
Mah. Conosco insegnanti brave, laboriose, attente e generose con i loro alunni che sanno a malapena accendere un computer.
Ho invece un forte sospetto su insegnanti/ministri/genitori/individui/caste/gruppi che gettano generico guano sull’operato altrui, perché – di solito, di solito eh, per mia esperienza – sono loro i fannulloni e/o i capaci di gettar fumo davanti agli occhi. Pronta a ricredermi, naturalmente, per il singolo caso.
Chi lavora seriamente conosce le difficoltà a tutto campo e sta bene attento a non pavoneggiarsi soprattutto se il pavoneggiarsi costituisce una facile denigrazione dell’operato degli altri.
@ Valeria, divertente, se non fosse perchè descrive una situazione tragica,la tua affermazione sull’insegnante che odia imparare. Tu attribuisci questa “caratteristica” all’intera categoria; avrai certamente i tuoi dati. Io ne vedo tanti che hanno una grande voglia di imparare, che si mettono in discussione ogni giorno. Forse sono la minoranza, ma ci sono. O, almeno,io li conosco. Immagino che sia oltremodo irritante lavorare fianco a fianco con colleghi, usando un eufemismo, poco attenti …
@ Renata, qui non ho mail fatto nessuna equivalenza insegnante che NON usa le tecnologie = fanunllone o = incapace. Ci mancherebbe; mai detto e neppure mai pensato.
Da sempre io affermo: “tecnologie si, ma con tanti se e tanti ma…”.
Si può essere eccellenti e operosi insegnanti anche senza usare le tecnologie, come si può essere incompetenti e autentici fannulloni anche usando le tecnologie.
Potrei citare il caso (limite) di un insegnante di lingua che scoperti i prodigi dei programmi di lingua (eccellenti programmi, lo dico sul serio)non trova di meglio che piazzare gli studenti davanti ai pc e far insegnare al programma mentre lui messaggia … telefona …. tuba …
Circa l’insegnante tecnologico vs non tecnologico, avendo presente la considerazione già fatta, io preferirei avere a che fare, come studente, come genitore, come cittadino, con un insegnante che sappia usare tutti gli strumenti che la tecnica mette a sua disposizione e che li usi se, come e quando servono, piuttosto che uno che la sua dotazione tecnologica sia ferma a 10 o 20 anni fa.
Un’ultima questione, Renata: non credo vada vantaggio della “categoria” la difesa ad oltranza dell’insegnante: se ci sono, e ci sono, casi critici, indifendibili … difenderli a priori significa lavorare per rendere meno credibile e autrevole l’intera categoria.
Ovvio che andrebbe chiarito cosa sigifichi “cattivo insegnante” e chi sia “abilitato” a certificarlo.
“Valeria Piccoli scrive:
10 maggio 2010 alle 12:18
appoggio la tua analisi, aggiungo:paradossalmente gli insegnanti (in generale), odiano imparare”
Figurati, Gianni, non difendo affatto a oltranza la categoria, qualsiasi cosa questo sia, non c’è categoria che meno abbia considerazione di sé stessa come quella degli insegnanti, come vedi nel commento.
Ragionare di scuola con esempi e casi indifendibili mi pare fuorviante. I ds, gli ispettori non dovrebbero poi in questi casi darsi da fare?
Se abbiamo proposte e idee, preferisco che queste si impongano senza cercare il… capro espiatorio. Non aggiunge alcun valore a ciò che diciamo.
http://www.carmillaonline.com/archives/2009/07/003102.html#003102
“Percentuale dei genitori italiani che ritengono che la scuola svolga un buon lavoro educativo [«The school does a good job in educating students»]?
92.1%: al vertice dell’intera area OCSE alla pari con la Nuova Zelanda.”
r.
caro Gianni,
il tuo post mi ha colpito e interessato, la lunga discussione che ne è scaturita la dice lunga…
ti racconterò la mia esperienza in proposito, in un prox commento… ho bisogno di un po’ di tempo… e in questo momento nn è possibile…
a presto