Ci siamo!
Dopo mesi di duro lavoro, parte oggi il nuovo progetto de La scuola che funziona, “Storie di didattica – La scuola che si racconta“.
Un progetto di formazione e di ricerca. Formazione perchè narrando, riflettendo sulle proprie nararzioni, leggendo le narrazioni di altri si migliora la propria prestazione professionale, si impara dalla propria esperienza e da quella di altre persone.
Un progetto di ricerca (sviluppato in collaborazione con Beppe Tacconi, Università di Verona, CRED, Centro di Ricerca Educativa e Didattica diretto da Luigina Mortari) perchè ci si propone di identificare dispositivi didattici e, perchè no, anche “teorie” didattiche, non astratte ma estratte dalle pratiche.
Questo progetto si sviluppa nel solco delle ragioni che hanno portato alla nascita del network, la valorizzazione delle pratiche didattiche degli insegnati della scuola italiana.
Un progetto nato e sviluppato interamente all’interno del network e dai suoi membi.
Dopo discussioni in forum aperti, verificato l’interesse di alcuni membri a dare vita all’idea, si crea un gruppo, i sollecitatori di narrazioni. All’interno del gruppo si riflette sugli aspetti di contenuto, su quelli degli ambienti tecnici che dovrebbero supportare le attività, su quelli informativi e promozionali. Ci si forma con l’aiuto di Beppe. Un lavoro intensissimo che va avanti da quasi un anno, tra incontri on-line, discusioni nei forum ed anche un incontro di formazione in presenza, a Verona a fine agosto.
Per la verità a settembre si tentò un timido lancio del progetto, ma con magro risultato. Abbiamo riflettuto sul mezzo passo falso, abbiamo cercato di capirne le ragioni, abbiamo affinato l’idea, abbiamo messo a punto ambienti on-line dedicati, abbiamo pensato ad una adeguata attività informativa e di animazione delle narrazioni.
Il progetto ha ora il suo portale ed un indirizzo web dedicato.
Il cuore del progetto è, però, l’antologia di storie di didattica, un ambiente on-line che raccoglierà le narrazioni, dove le stesse potrenno essere ricercate attraverso un evoluto sistema di search (in sviluppo) e commentate.
Qualche aiuto esterno per l’installazione del portale, ma il suo sviluppo, la sua manutenzione, l’attivazione della knowledge base (antologia), la grafica, è tutto frutto del lavoro e della competenza degli insegnanti membri del network.
Siamo consapevoli del fatto che non sarà facile avere le narrazioni (narrare costa anche fatica emotiva), e per questo sappiamo già di dover dedicare tante energie a sollecitare la voglia di raccontare. Siamo, però, certi che in tanti insegnanti ci sia il bisogno di raccontare e di raccontarsi … dobbiamo solo farlo venire alla luce. Il nostro prossimo lavoro (oltre a tutto quello più “tecnico” di lavoro con le storie per far emergere dispositivi ecc ….)
Prima di iniziare a raccontare il narratore non ha necessariamente tutta una storia in mente.
Sappiamo che si scrive per tanti motivi, anche per terapia; ma il narratore che intende comunicare un messaggio tende piuttosto a interpretare e a sistemare, nella sua mente, le realtà che incontra o le sensazioni che la vita suscita in lui. Altre volte è colpito da una singola immagine, da un suono oppure raccoglie un ricordo lieve o forte, e ne sente un legame così forte col presente che lo rappresenta scrivendolo..9
Chi scrive sente dunque dentro di sé un segnale, a volte confuso ed inizia a dipanare il filo principale, a distinguere colori e sfumature ed a disegnare forme e figure.
L’insegnante è un narratore di vocazione, è bene coltivare questa vocazione, potrebbe diventare una passione contagiosa ed essere una base su cui costruire.
Maria Serena, con queste tue parole togli tante ansie collegate al raccontare, specie se è un raccontarsi. Raccontandosi ci si disvela, si apre agli altri qualche parte nascosta di noi, forse anche tra le più buone … Ci vuole coraggio a farlo, ma spesso, ne vale la pena. Specie nel nostro progetto, dove si racconta per imparare narrando e leggendo e commentando le narrazioni
Le remore che sentiamo (chi non le sente?) quando ci raccontiamo sono, secondo me, molte volte una possibile conseguenza del modo con cui a scuola siamo stati “costretti” a scrivere il famosi “tema in classe” che, come tutti i lupi temibili, cambia il pelo (diventando saggio breve ecc ecc) ma non il vizio di mettere a disagio proprio le persone più pensose, più critiche verso se stesse, meno superficiali. Non tutti abbiamo avuto un bravo maestro o una brava maestra che ci ha insegnato ad amare la scrittura personale, e con lei la narrazione. Ad esempio io sono state recuperata da una brava insegnante, ma nella mia prima infanzia ho odiato scrivere.
Raccontare è possibile però, perché non provare?
Per questo mi sono loggata con il mio blog di narrazione 🙂 per cercare di contagiare!
Mariaserena, la narrazione è un virus …. inoculiamolo per guarire