La questione è se la scuola aiuti le persone a realizzare le proprie risorse e aspirazioni oppure sia finalizzata ad asservirle a disegni di altri. Ovvero, la scuola tra omologazione e liberazione.
“I want a nation of workers, not thinkers.” – John D Rockefeller
La questione non è abolire la scuola come istituzione totale (a favore, ad esempio dell’home schooling, come nel contributo citato) ma come non fare della scuola un luogo dove il brainwashing è istituzionalizzato e assunto, implicitamente ma con determinazione, a valore.
Senza citare le numerose persone che hanno avuto successo professionale pur avendo fallito a scuola, sono numerose le testimonianze dei danni della scuola nella vita delle persone:
- danni perché spegne la naturale voglia di imparare;
- danni perché costruisce poco per il tempo che vi si dedica;
- danni perché uccide l’autostima di chi non si sente in sintonia con le sue regole e i suoi criteri di successo;
- danni perché invece di liberare le menti le soggioga alla cultura dominante.
Anni fa, agli albori dell’attenzione in didattica al costruttivismo, circolava lo slogan: “Learning without teaching” a sottolineare come le persone possano imparare anche senza avere qualcuno che “insegna”. Ben presto a questo si affiancò un altro slogan che rivela un’altra verità: “Learning despite teaching“, imparare nonostante ci siano persone che insegnano!
In effetti tutti i dispositivi che supportano l’apprendimento artificiale, quello che vediamo a scuola, interferiscono negativamente con l’apprendimento naturale.
Il fatto è che la scuola non si interroga mai sui propri presupposti, sui propri fini, sulle proprie pratiche. Tutto è implicito, nulla è in discussione, non esiste la possibilità di scelta tra opzioni anche antitetiche. Quello che si fa è naturale, non può essere fatto che così. Un conformismo che prende tutti perchè una qualche utilità viene tratta sul piano personale.
http://themindunleashed.org/2013/08/high-school-valedictorian-speaks-out.html
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