SIEL 98 (mie) conclusioni
Quali idea farsi dello stato della didattica con le tecnologie, oggi, in Italia sulla base di quanto visto e di quanto non visto al V^ congresso SIEL?
Se quanto presentato a Trento fosse realmente rappresentativo del panorama italiano (e credo che in buona parte lo si possa considerare tale, almeno per quanto riguarda la parte scientifico-culturale ed il contesto accademico), mi sento di dire che stiamo assistendo ad un (ritardato) allineamento con quanto sta avvenendo altrove, in Europa e fuori.
Ricordo un convegno, proprio qui a Trento, sulle e-university, tre – quattro anni fa, con tutte le più importanti università italiane presenti in gran spolvero e la mediocrità dei discorsi che lì si furono fatti. Un panorama a dir poco triste; anni luce indietro a quanto sentito la settimana scorsa ed anni luce lontano dal discorso internazionale. Slogan, rimasticature mal fatte. Zero esperienza, zero consapevolezza ….
Relativamente, quindi, un enorme passo in avanti.
In senso assoluto, posizionando, quindi, la ricerca, la sperimentazione, la concettualizzazione nostrana sulla scena internazionale, si può dire che cominciamo a confrontarci con quanto avviene al di fuori.
Forse ancora nulla di nuovo; nessun contributo al know-how, alla conoscenza, allo stato dell’arte. Non credo sia un caso che nessuno dei nostri “grandi” nomi (quelli che trovi in tutti convegni, in tutte le commissioni, nei luoghi che contano) è mai citato nella letteratura non dico internazionale ma, neppure europea. Tutti illustri sconosciuti. Ma, qui, riveriti ed onorati. Le ragioni? Forse quelle indicate dall’ottimo Olimpo: la cultura dominante dell’interesse di bottega. una comunità “scientifica” poco meritocratica. Possiamo aggiungere (basta leggere i giornali e riferirci alla nostra esperienza diretta) … più presa dai giochi di potere che dall’autentico interesse scientifico. Ho, quasi, la sensazione, che la tensione alla “qualità”, alla vera ricerca, alla produzione di conoscenza sia un lusso che non l’università non si possa permettere dovendo dedicare tutte, o quasi, le energie al mantenimento del proprio orticello.
Con le dovute eccezioni. Che sono le (poche, per ora) cose belle sentite a Trento. Qualche “vecchio” illuminato; qualche “giovane” a cui sono state offerte delle opportunità, qualche piccola e nuova università in cui si è insediata una diversa cultura.
Sperimentazioni didattiche di spessore, collegate a questioni attuali nel dibattito internazionale, con una buona consapevolezza delle concettualizzazioni e dei risultati della ricerca “contemporanea”; qualche innovazione coraggiosa, forse spregiudicata (in senso positivo).
Qualche buon lavoro fatto da operai del settore (qualche insegnante, qualche professionista).
Qualche nome? Brillanti e coraggiosi i lavori del METID; seri e di spessore alcuni di quelli venuti da La Sapienza, da Tor Vergata e da Macerata. E il nucleo storico dei fiorentini, per anni motore e fucina di idee nelle tecnologie didattiche?
Ho visto tanti “giovani cervelli” (studenti, dottorandi, ricercatori) in azione; alcuni già liberati, altri ancora sotto chiave. Forse un problema di cambiamento generazionale, cambiamento tanto più importante in un dominio il cui oggetto (la tecnologia) non può essere pienamente compresa ed usata da chi non sia stato allattato con il silicio.

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Qualche riferimento tecnico
Su tutto il web 2.0. Una moda? Un riferimento d’obbligo? Un provincialismo concettuale? Qualcosa di buono misto a qualcosa di sospetto Ma, anche, riferimenti “antichi” (Mager, Dick, Carrey, ad esempio).
Un rinnovato interesse per l’AI, Intelligenza Artificiale, concettualizzazione e pratica associata a suo tempo naufragata perché il presumere un parallelismo tra il funzionamento del cervello e quello del pc non aveva dato i frutti sperati. Chissà da dove ricominceranno …
Si è iniziato a concepire le tecnologie non solo per la fad ma anche per la didattica in presenza.
Non è, però, ancora chiara la distinzione, essenziale a mio avviso, tra gli usi organizzativo/logistici e quelli “didattici”. Sono due realtà completamente differenti che richiedono approcci, competenze e tecnologie differenti.
Vedo che si dà ancora uno spazio specifico/dedicato alle tecnologie: da una parte la didattica “normale” e dall’altra quella technolgy-based (o e-learning). E questo, a mio avviso, ci tiene ancora lontani dalla definiva stabilizzazione delle tecnologie nella scuola.
Le tecnologie, infatti, si saranno realmente insediate nei nostri sistemi educativi quando non si parlerà più di tecnologie (che, a quel punto, saranno diventate “trasparenti”) e si useranno laicamente se e quando saranno utili. Come uno dei tanti strumenti a disposizione.
Si cominciasse, almeno, a ragionare in questa prospettiva…….

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