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Se le LIM “non vanno bene”, se gli e-book suscitano perplessità se, da tempo, anche i LO (Learning Object) non fanno al caso nostro cosa, allora, potrebbe andare bene come “tecnologie” nella scuola? Cosa è autenticamente “innovativo”?

Il destro per questa riflessione ne lo offre Paola Limone quando parla di “Un computer per ogni studente“. Paola, citando Zucchini e Turigliatto,  scrive (grassetto e colore miei):

L’obiettivo di usare un personal computer quotidianamente a casa e a scuola, al pari di un quaderno e non come strumento accessorio, è certamente ambizioso e non è mai stato realmente sperimentato prima. Si sposa con la certezza che vada superato il modello dell’ora di informatica, quello del libro di testo, e quello della classe con cattedra e lavagna (anche se interattiva) retaggio di una scuola solo innovativa in superficie, ma ancora in realtà ancorata a modelli e culture del passato.”

Ecco, questo è l’approccio davvero innovativo all’uso delle tecnologie nella scuola: far si che il pc e la rete siano strumenti ordinari tanto  nella dotazione (“arredo”) dell’aula che nelle pratiche didattiche.

Un PC nello zainetto e sul banco, da usare quando serve per una veloce esplorazione in rete, per la costruzione di un artefatto, per una webquest, per una breve attività di apprendimento, un micro-progetto.

Un  PC sempre collagato via WIFI che si possa chiudere (e non distrarre) quando il pc non serve.

Un PC che esca finalmente dalle aule informatiche, dai laboratori (“liberare l’informatica dalle aule informatiche” aveva affermato Riccardo, direttore di una scuola professionale  a BZ,  all’avvio di un progetto che si sispira a questi principi) per diventare uno dei tanti “attrezzi” che si possono usare per insegnare e per apprendere.

Un PC che, come ribadisce Paola, non sia di proprietà della scuola ma dello studente.

Non è un’operazione semplice e facile:

  • tanti insegnnati non hanno neppure un proprio indirizzo di posta elettronica;
  • in tante aule insegnanti non c’è almeno un PC;
  • in tante scuola non cìè neppure una connessione veloce ad  Internet;
  • tantissimi insegnanti sono, informaticamente parlando, degli analfabeti

Sono questi, più che il costo del pc, le vere barriere all’utilizzo anche nella scuola dei “normali” strumenti di comunicazione, di collaborazione, di condivisione, di lavoro.

E’ evidente che se sostengo la strategicità di “un pc per ogni studente” non lo faccio per un atteggiamento modernista filo-tecnologico; non lo faccio, neppure, in una visione di determinismo tecnologico (= la disponibilità di adeguata strumentazione non porta necessariamente alla innovzaione ed al miglioramento della didattica; ma lo faccio nella prospettiva di un cambiamento radicale del modo di fare didattica.

Ed è da qui, dalla didattica e non dalla tecnologia, che è necessario partire per dare un senso all’uso delle tecnologie nella didattica.

Usare il pc per fare una didattica trasmissiva sono soldi buttati.

E cambiare la didattica è molto più difficile che non dotare tutti gli studenti di un pc (impresa, quest’ultima, non di poco conto con tutti i tagli alla scuola). Ci sono sempre in agguato le teorie implicite (sull’apprendimento) con cui è necessrio confrontarsi se vogliamo creare quel “conceptual change” che è alla base del cambiamento della pratiche didattiche.

Suggerisco di esplorare con attenzione il knol di Paola linkato qui sopra per vedere un eccellente esempio di come nuove tecnologie vanno a braccetto con un nuovo pensiero didattico ed una nuova pratica educativa.

Chiudo con una seconda citazione dal Paola:

“Ciò che differenzia la prospettiva di “Un pc per ogni studente” dalla gran parte dei percorsi realizzati con i computer nelle scuole ormai da circa vent’anni è la possibilità – è bene sottolinearlo con chiarezza – di rendere davvero (e finalmente!) le tecnologie digitali di comunicazione un elemento cruciale per il progresso e la facilitazione degli apprendimenti. Ogni allievo avrà il suo pc portatile e sarà guidato ed invitato (certamente dagli insegnanti, magari anche dai genitori) ad usarlo nelle attività didattiche quotidiane, anche – se non soprattutto – in quelle che avrebbe svolto comunque, nei campi di conoscenza che avrebbe esplorato in ogni caso.”
(Marco Guastavigna – “Il giusto risalto” – Insegnare 5/6 pagine 42-43)

Sul progetto “Un PC per ogni studente” vedere il numero 60 di Formare , ricco di concetti, riflessioni ed esempi

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4 pensiero su “Se LIM ed altro non sono innovazione ….”
  1. il progetto di Paola e colleghi è, come ho potuto constatare a Bologna al convegno ADI, limpido e chiaro nella sua finalità, senza fronzoli intellettualistici. Credo anch’io che questa sia la strada da seguire, per quanto possibile.

  2. Anni fa (2003) ci avevo provato – con un progetto intitolato “la rete nello zainetto” – con il carrello ibm (portatili + access point): su prenotazione un bidello portava il carrello in classe, i ragazzi prendevano i portatili e potevano lavorare… Scarso successo: pochi(ssimi) docenti lo hanno utilizzato. ma in effetti era ancora una forzatura (anche se non erano i ragazzi a peregrinare verso i laboratori, era comunque una sorta di laboratorio che peregrinava verso le classi). Senza contare che i docenti… L’ideale sarebbe proprio la “naturalezza” di avere un portatile “personale” nello zaino, da estrarre – come un libro – nel momento del bisogno. Rimane il problema dei docenti…

  3. @ Emanuela: “… per quanto possibile”. Concordo; le condizioni non sempre ci sono tutte; sarebbe già un bel passo avanti avere ben chiaro dove si voglia puntare e muoversi in quella direzione alla velocità possibile. Il problema è che spesso c’è … nebbia in val padana
    @Mario ed it tuo carrello che porta a spasso il laboratorio insegnanti: i pionieri, gli innovatori, gli sperimentatori ci sono sempre stati e le loro pene sono sempre state l’essersi trovati il deserto attorno. Ma abbiamo la certezza che, quel desrto, poco a poco si popola. Quindi …. avanti tutta che la strada è quella giusta

  4. Bè, grazie ancora una volta a Gianni per il post inaspettato e gradito.
    Non so chi di voi lo ha saputo, ma il 20 aprile abbiamo avuto una conferenza via satellite con il ministro Brunetta e altre due scuole italiane (di Roma e Palermo) che hanno avuto i jumpc in classe (dati da Intel e Olidata, non portati a casa ma lasciati in classe, senza la progettazione che ha contraddistinto il lavoro del gruppo piemontese).
    Il ministro ha detto che presto ci saranno milioni di jumpc nelle scuole, e se da un lato questo ci rallegra per l’attenzione al tema, dall’altro ci fa molta paura. Stiamo cercando di far di tutto per far arrivare anche a lui e a chi dovrà pendere le decisioni il messaggio che senza un modello già sperimentato con successo il rischio sarà quello (già vissuto più volte) di una pioggia di strumentazioni (e quindi denaro) a rischio abbandono.
    Le scuole non hanno più un euro per acquisti e per l’assistenza, chi si occuperà della messa in sicurezza di migliaia di computerini? Della loro configurazione per la scuola?
    Della loro sicurezza per la navigazione?

    Il nostro modello è replicabile, si può lavorare per renderlo adattabile ad altre piattaforme ed ad altri computer, è nato dalla scuola per le scuole, non dal mercato per gli acquirenti. E questo non è poco.

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