Ancora sui libri digitali: è una delle parole d’ordine oggi e non ci si può sottrarre ad un confronto.
Le questioni connesse sono tante. Qui ne tratto due.
Prima: il senso dei libri di testo
Guastavigna fa una attenta ed ampia analisi dei criteri previsti dal decreto 41/2009 sull’editoria digitale con suoi commenti ed interrogativi.
In parecchi si sono cimentati con le caratteristiche che tali strumenti didattici dovrebbero possedere per avere un valore distintivo e cogliere tutte le potenzialità del digitale e del potere “vivere” in rete.
Voglio, ora, evidenziare un’altra questione correlata e che riguarda il “libro di testo” nella sua natura, analogico o digitale che sia: che senso ha, oggi, il libro di testo?
Il libro di testo ha, per sua natura, la fuzione di raccoglie in modo strutturato un corpus di conoscenze riferite ad una disciplina scolastica e tutta una una serie (più o meno ampia più o meno intelligente) di “aiuti” didattici per l’insegante e lo studente.
Il libro di testo è in buona sostanza la sceneggiatura della lezione che si può tradurrre:
- o in un grande aiuto per il lavoro del docente “timorioso”, che non ha voglia di fare fatica (o non ne ha le competenze) per costruirsi la lezione. Aderendo al libro di testo si trova con buona parte delle “scelte didattiche” (l’area in cui si esprime tutta l’intenzionalità didattica dell’insegnante; la parte più ricca della sua professionalità) già fatte;
- oppure in una semplice “traccia” per il docente creativo , competente e, perchè no, coraggioso (argutamente Mario Agati affermava che il libro di testo è per insegnanti pavidi) che lo usa come uno dei tanti strumenti cui attingere il supporto necessario. L’insegante “coraggioso”, è quello che abbandona la sicurezza data dal seguire una “guida” (sicura) dettata dall’ “esperto” e si avvenura per una scalata esposta senza corda di sicurazza (in effetti, tante situazioni didattiche sono avventure in salita) rischiando in proprio.
Ma quanti sono gli insegnanti “coraggiosi” che sono disposti ad abbandonare la copertina di Linus? Secondo me sono pochi.
Questi insegnanti però non sanno che così facendo non fanno un buon servizio ne ai propri studenti ne a loro stessi.
Questa mancanza di “coraggio” è, a mio avviso, un danno netto per tutti perchè la didattica è (o dovrebbe essere) per sua natura individualizzata e tutto ciò che porta a standardizzarla, normativizzarla, ingessarla la impoverisce.
Ma, attenzione, non sono gli strumenti ad “ingessarla” (anche se una mano la possono dare) ma chi li usa con il loro atteggiamento poco consapevole, semplicistico e superficiale. Ecco una prima ragione per auspicare un libro liquido.
Seconda: sviluppo collaborativo del libro di testo
Ci si sta sforzando, amcora con magri risultati, ad andare verso una didattica contesualizzata ed individualizzata.
Le suggestioni e le opportunità che ci vengono dal così detto 2.0 (costruzione collaborativa, condivisione, uso della rete …) favoriscono la didattica contestualizzata anche se, a guardarne l’uso che se na fa percepiamo solo segnali deboli.
Ma l’uso crescente di Google, di Wikipedia, dei sistemi di peer-to-peer, dei diversi Social Network, del Creative Commons, dell’Open Source…. portano ad utilizzare sempre più risorse didattiche (Instructional Objects) non proprietarie, destrutturate ed aperte al posto di quelle chiuse ed ingabbiate in un libro di testo.
Sono “risorse” che un insegnante volenteroso ha costruito da se, spesso attongendo a materiali esistenti, rileborandoli, arricchendoli e rimettendoli a disposizione dia ltri colleghi.
Si multiplicano, così, i portali tematici e dsiciplinari pieni zeppi di risorse “libere”, i portali di socializzazione delle esperienze.
Segnali deboli anche qui, ma una direzione – per me – segnata. Solo questione di tempo. Ecco una seconda ragione per il libro liquido.
Queste tendenze credo possano porre, in prospettiva, seri problemi agli editori – cartecei e digitali che siano. Ciò che potrebbe entrare in crisi non è il libro di testo a stampa ma il libro di testo tout-court, nel senso di oggetto massiccio, chiuso, strutturato .
Non tuttto è, però, perduto dato che per la didattica ci sarà sempre bisogno di oggetti didattici, di ausilii per il docente e per lo studente e di qualcuno che li produca. Sempre di più saranno quelli auto-prodotti e condivisi (ricordate la “filosofia” Edupunk?), ma tanti saranno ancora prodotti all’esterno della scuola.
Ci dovranno esssre nuovi modelli di business editoriale (Google offre servizi ad alto valore aggiunto a costo zero per la gran massa di utenti ma il signor Google di soldi ne fa a palate dopo aver pagato tanti dipendenti), che io no so neppure immaginare.
Non parlo, però, di un fututo vicimo: la maggior parte degli insegnanti troverà per parecchio tempo ancora comodo fidarsi ed affidarsi al libro di testo (in tutte le sue declinazioni); quelli consapevoli delle nuove opportunità, quelli che amano il rischio, quelli che voglio esprimere tutta la propria funione didattica, quelli che sanno leggere con occhio critico gli eventi sono ancora pochi e lo saranno ancora per parecchio tempo ma, cominciare a misurarsi con il nuovo scenario credo sia opportuno per tutti.
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P.S. Un mio certo pessimismo sulla limitata quantità di insegnanti davvero innovativi, aperti, competenti deriva anche dall’aver notato, anche qui su FP, parecchia gente che accomuna Learning Object e WebQuest come entrambi esempi di didattica trasmissiva; che ritiene di fare una didattica attiva ed interattiva solo perchè fa manipolare qualche oggetto sulla LIM; che definiscono “costruttivista” l’uso del LO. In tanti insegnanti mancano proprio le basi concettuali ( egli strumentali) del mestiere. Ma questa mia idea l’ho svolta parecchie altre volte; qui una delle ultime.
P.P.S. la questione dei libri elettronici accende (forse troppo) gli animi degli addetti ai lavori, al limite della rissa che, fortunatamente, assume solo toni verbali. Credo, comunque, che questo “incidente” contribuirà a chiarire i termini della questione che non è proprio semplice e lineare.
Qui l’avvio della per nulla pacata discussione con una nota di Laura Antichi: http://www.facebook.com/home.php#/note.php?note_id=87900493625&id=1431955881&ref=share
Qui, l’orgogliosa reazione di Agostino Quadrino, patron di Garamond http://www.facebook.com/group.php?gid=61462199621#/topic.php?uid=61462199621&topic=8876
Quando circa 10 anni fa affermai di non voler adottare alcun libro di testo, perchè avrei preferito che i genitori avessero investito quei soldi nell’acquisto di uno strumento musicale,un rappresentante di editoria scolastica minacciò di denunciarmi.
Purtroppo spesso gli insegnanti preferiscono le ricette già pronte, piuttosto che mescolare ingredienti e strategie educative.
Si vede dal successo di CD per le LIM, dove troviamo “affascinanti” prodotti super colorati. Produrre qualcosa di originale? “No, grazie. Serve troppo tempo!” E’ stata proprio questa la risposta di una docente durante un corso di autoaggiornamento sull’utilizzo delle LIM.
Sottoscrivo il “certo pessimismo”. Saluti
Sembra incredibile! Scrivo ieri sera tardi per la prima volta un post nel quale accenno ad argomenti come Open Education e Edupunk, dei quali si parla nelle blogosfere mondiali, lamentando che in Italia non ne parla nessuno e invece si butta tutto in politica 🙂 e poi, toh!, trovo che, fortunatamente, qualcuno ne parla!!!
E chi poteva essere?
Grande Gianni!
Chissà che prima o poi non ci troveremo d’accordo anche sull’annosa questione dei learning object 🙂
Antonio, sui LO saremo d’accordo solo quando anche tu la penserai come me :-). Scherzo, ovviamente.
Per me LO, LIM, e-book, scorm …. vanno benissimo alla condizione che si sia consapevoli dei loro ambiti d’uso e dei loro limito . Adotto un atteggiamento radicale per rendere chiaro il concetto che certa enfasi sulla loro utilità (per non parlare di “innovatività”) è di mera natura commerciale e per auspicare che l’insegnante/utilizzatore avveduto sappia riconoscere questo fatto ed agisca di conseguenza. Ma, purtroppo, la stragrande maggioranza degli insegnanti mi pare sprovveduta
Ottimo post Gianni! Onestamente la discussione su FB mi lascia allibito, non riesco proprio a capire come si possa mettere in mezzo la politica mentre si discute di e-book e innovazione didattica. La discussione peraltro è molto interessante e utile, ma obiettivamente è viziata da una certa confusione di fondo – come ricorda antonio nel suo post -. Troppi temi: politica, grandi case editrici VS piccole case editrici, coraggio imprenditoriale e innovazione. Alla fine non ho ancora letto una risposta chiara alle osservazioni di Guastavigna e continuo a chiedermi se è giusto premiare un’azienda solo per il generico tentativo di innovare, o se piuttosto dovrebbe essere la qualità delle innovazioni a premiare l’azienda stessa.
PS
1. Apprezzo molto la volontà di Quadrino di utilizzare il web per comunicare e giustificare le proprie imprenditoriali
2. Mi sorprende che “qualcuno” dica che Guastavigna dovrebbe esprimere chiaramente a chi si riferisce quando fa le sue accuse. Qualcuno si è dimenticato l’attuale normativa italiana? Il rischio di una salata denuncia?
Gianni, allora (ma lo sapevamo già..) siamo già d’accordo!
Del resto sai che anch’io quando si tratta di assumere posizioni radicali non mi tiro indietro 🙂
Leggo ora un commento al mio post su FB nel quale si dice che molti dirigenti e insegnanti “non vedono l’ora” (di avere sottomano gli e-book). Sono certo che sia vero!
La realtà cè che nel mondo della scuola, accanto ad un immobilismo atavico, c’è anche una gran voglia di rinnovamento. Ci si illude allora che il LO, la LIM e l’e-book possano essere la soluzione magica.
L’altra faccia della diffidenza verso la tecnologia è infatti la fiducia incondizionata nel suo potere innovativo.
Siamo forse un po’ tutti vittime di questo paradosso…
Essendo, in qualche modo, parte in causa segnalo il mio contributo 🙂
http://noa.bibienne.net/2009/04/27/non-causa-pro-causa/
[…] mio blog che con un paio di post porta nel campo di battaglia il tema del senso dei libri di testo oggi in una stagione che sembra accreditare l’approccio 2.0 e riprende il tema degli e-book […]
[…] Però di sicuro dicono che (gli ebook) devono essere liquidi, ma le copertine rassicuranti. È scritto QUI. […]
Concordo su molte delle tue riflessioni Gianni. Per inciso quando ho insegnato alle superiori (quasi 20 anni fa) non ho mai usato libri di testo, per quanto fosse obbligatorio adottarne uno. Quello che comprendo di meno sono certi automatismi, ad esempio l’associazione implicita (del resto emersa altre volte) tra la discussione sui significati degli eBook e il ragionamento sui libri di testo. Dov’è il nesso? Da un lato si discute sulla necessità di modificare i paradigmi educativi e le strategie didattiche, dall’altro si parla delle potenzialità di una nuova tecnologia (o meglio, di una tecnologia che non è nuova ma è ormai “matura” per potersi configurare come un potente fattore di innovazione). A me verrebbe da fare 2+2 e affermare, come del resto faccio da tempo, che proprio l’utilizzo di una tecnologia portatrice di elementi innovativi potrebbe aiutarci a ridefinire i paradigmi didattici. Invece vedo che prevale la logica di chi fa 2-2, ovvero di chi esclude che gli eBook possano essere fattori di innovazione perché “contengono” libri…
Mario, sul 2 + 2 o sul 2 – 2 credo che sia questione di tempo e di comprensione ed assimilazione dei concetti. Come in tutte le cose i concetti “raffinati” (cioè articolati, riflettuti, argomentati …)raggiungano solo un target limitato di persone. Abbiamo, così entusiasti e critici degli e-book sulla base di un pensiero superficiale ed approssimativo. Il mio, sugli e-book, è più di questo secondo tipo che del primo ed è probabile che nel tempo si faccia un po’ più raffinato.
Il mio atteggiamento “tiepido” è dovuto principalmente alla comunicazione commerciale che si è fatta sulla questione, comunicazione, a mio avviso, fuorviante, dato lo stato dell’arte