Una cara e stimata collega e amica mi chiede un parere su un pezzo che le è stato chiesto in tema di quale scuola per il futuro.
Riporto qui alcuni dei miei riscontri al suo importante contributo perché mi servono come appunti per un ragionamento più articolato (chissà se e quando avrò voglia di farlo).
- La premessa è che si può parlare di “scuola per il futuro” da tanti punti di vista e mettendo in evidenza ora alcuni aspetti, ora altri. Tutti parlano di scuola del/per il futuro ma nessuno esplicita di quale futuro parliamo
- Per i miei “gusti” partirei pertanto dalla questione di quale futuro immaginiamo (la continuazione del presente con tutte le sue contraddizioni) o uno diverso?
- Sempre di mio, metterei in evidenza le cose che nelle tendenze in atto dovrebbero avere un’inversione di rotta come, ad esempio, il rinforzo della didattica disciplinare, ricordando che una “disciplina” non è solo “contenuti” ma anche e soprattutto modi di pensare e che ogni didattica interdisciplinare non può prescindere da solide competenze disciplinari
- Rinforzerei la necessità di esplorare le implicazioni organizzative e didattiche della scuola come comunità più che come organizzazione complessa (se proprio non vogliamo dire scuola come azienda).
Per concludere, provvisoriamente, metterei bene in evidenza che l’idea di scuola che si ha in mente parte da valori che abbiamo sulla società, sulla persona … In Italia non abbiamo mai avuto un’idea condivisa di scuola. Prima il discrimine era tra scuola confessionale e laica, ora tra scuola-azienda e scuola-comunità (sono solo due metafore). Ma, forse, la questione più importante e preoccupante è che nel discorso pubblico sulla scuola pare che ci sia una sola idea di scuola, che è quella veicolata prevalentemente dai media, dagli “intellettuali” mainstream, dai politici di quasi tutti i colori, ma c’è un sommerso sempre meno sommerso che tenta di proporre una narrazione diversa sulla scuola e, soprattutto, sul futuro.
Parlare di scuola è fare politica, l’insegnamento è l’atto polito supremo, tanto quando si tratta una questione, sia quando si tace su qualcosa.