Valutare per rinchiudere o valutare per emancipare? P. Meirieu
Non è che la “valutazione” tra i tanti significati che può avere si stia orientando verso la funzione di controllo? Me lo fa sospettare la deriva che stanno prendendo le pratiche valutative sotto la spinta della cosiddetta valutazione per l’apprendimento nella scuola primaria attraverso la quale si stanno veicolando messaggi quali valutare è bello, bisogna valutare, valutare sempre.
DALLA VALUTAZIONE ALLA DOCUMENTAZIONE DELL’APPRENDIMENTO
La “nuova” valutazione nelle scuola primaria doveva e poteva essere un’occasione per ripensare la valutazione (il suo senso, il suo perché prima ancora delle sue pratiche, del suo come) ma, a leggere tanti commenti nei gruppi social specialistici ma anche alcune esperienze dirette, pare che la nuova valutazione stia diventando l’occasione in cui la scuola sta dando il peggio di sé: burocrazia, standardizzazione, prescrizione, meccanicismo.
La normativa, tutto sommato “leggera” anche se concettualmente approssimativa, viene tradotta in pratica attraverso formazioni, pubblicazioni, indicazioni, “consigli” che non portano a riflettere sul perché si valuta (e ancora meno sul per chi si valuta) ma ad imporre pratiche prive di senso pedagogico portando la “valutazione” ad essere un mero dispositivo contabile.
Quanto devo (si, devo) valutare? Cosa devo (si, devo) valutare? Valuto nuclei tematici? Obiettivi? Quanti obiettivi per nucleo? Quanti per materia? Quanti per quadrimestre? La “nuova” valutazione sembra essere un continuo adempimento di obblighi più che un’opportunità di promozione e sostegno dell’apprendimento.
Si producono griglie di ogni forma e dimensione, rubric (o pseudo tali), fogli excel di decine di colonne, di decine di pagine, un armamentario di strumenti per incasellare, formalizzare, inquadrare, normalizzare.
Per non parlare del registro elettronico, nuovo baricentro galileiano della valutazione, strumento che pare essere diventato il nuovo destinatario della valutazione: pare che tutto venga fatto in funzione del registro (in un corso mi è stato chiesto di trattare – opportunamente per con quel mostro ci si deve confrontare – la tematica “rapporti con il registro elettronico”).
A prescindere dalla finalizzazione della valutazione che realizzeremo (certificativa o diagnostica), è bene ricordare che:
- Si apprende anche senza valutare
- E’ più importante insegnare che valutare
- La valutazione, per avere senso didattico, deve essere personalizzata
- La valutazione non è un processo contabile
- La valutazione è un’attività imperfetta
- Ci sono tante strade per formulare una “valutazione”
- Approcci e strumenti per la valutazione sono nella totale disponibilità dei docenti, salvo poche indicazioni vincolanti
- I dispositivi valutativi dovrebbero essere essenziali ed aperti in modo da consentire l’adattamento delle pratiche al contesto d’utilizzo.
… e, soprattutto, val la pena ricordare che la relazione educativa va oltre una programmazione rigida per poter spaziare tra le tante finalità educative e d’istruzione possibili e per poter cogliere tutte le opportunità che si creano nelle dinamiche di una classe reale, non in quelle disegnate a tavolino; in una relazione educativa significativa un dispositivo valutativo rigidamente strutturato non è in grado di cogliere la ricchezza delle esperienze di crescita culturale e personale che si creano quando si fa fluire, senza inutili gabbie, la didattica.
Per una valutazione veramente “nuova” è necessario compiere un vero e proprio cambiamento di paradigma e non un mero cambiamento formale nella formulazione del giudizio valutativo passando da un numero ad una descrizione.
Per compiere questo salto di paradigma è necessario, prima di tutto, uscire dall’ossessione valutativa – valutare tutto, valutare sempre, valutare tutti – e, successivamente, abbandonare la logica del giudizio (comunque formulato) per assumere la prospettiva del feedback (che è a-valutativo, non giudicante) e, perché no, abbandonare del tutto il paradigma della valutazione, con tutti i significati espliciti ed impliciti che si trascina dietro, a favore di quello della documentazione.
Una nuova cultura della valutazione e “per l’apprendimento”, per essere credibile, deve permeare tutte le pratiche valutative abbandonando quelle tradizionalmente basate sulla standardizzazione, sul giudizio di valore, sulla logica della premialità, sulla classificazione, sul controllo. Tutto il resto sono giochini che offendono gli insegnanti e gli studenti.